Capire i conflitti per costruire la pace
La storia militare e gli studi che ruotano attorno a questa disciplina sono al centro del colloquio tra Mario Scagnetti, direttore editoriale di TAB Edizioni e Virgilio Ilari, tra i soci fondatori e Presidente della Società Italiana di Storia Militare (SISM). Un’intervista utile a conoscere l’origine della SISM e il processo che ha portato allo sviluppo di una disciplina molto spesso considerata, erroneamente, un’appendice di altri saperi e non invece fondamentale per studiare e capire i conflitti, ma anche essenziale per gli studi geopolitici, così come quelli sull’economia della difesa e sulla guerra economica. Un dialogo dal quale emerge anche l’importanza della formazione dei giovani studiosi di storia militare all’interno delle università italiane che parte dall’esperienza, dalla passione e dall’impegno di Virgilio Ilari per la storia militare.
“La scelta di intraprendere questa disciplina è collegata all’idea di un’Italia e di un Paese che, secondo me, avrebbe dovuto superare le ferite di una guerra civile permanente e strisciante di cui in qualche modo vedevo gli effetti nella mia generazione – spiega Ilari -. Io nel 1968 avevo vent’anni e quell’anno è stato l’inizio di un periodo di grandi contrapposizioni che poi, in qualche modo, sono state composte e risolte. La mia esperienza di graduale distacco dal diritto romano per passare agli studi storico-militari è direttamente connessa con le vicende politiche del nostro Paese, quindi in un certo senso è cominciata mezzo secolo fa ed è proseguita con me, testimone di tutto quello che abbiamo fatto in termini di organizzazione, di studi, di rapporti anche al di fuori del campo prettamente storico. Numerose, infatti, sono state le iniziative in settori di studio come le scienze sociali, le scienze umane, le scienze economiche e la geopolitica”.
Tutto parte dal 1979 e da un volume dal titolo Forze Armate tra politica e potere (Firenze, Vallecchi, 1979) scritto da Virgilio Ilari, uno studio che ripercorre sotto diversi punti di vista la storia delle forze armate dal 1945 al 1976. Un libro che fu l’occasione per conoscere l’allora tenente colonnello degli alpini Carlo Jean impegnato in quel periodo a fare da “ponte tra la cultura civile e la cultura militare per cercare di restituire all’Italia un rapporto differente tra l’università, i mezzi d’informazione e la cultura interna al mondo delle forze armate – sottolinea Ilari -. Tra le prime iniziative promosse con Jean ci fu quella di creare un consenso bipartizan al secondo riarmo dell’Italia nel post-bellico, avvenuto con le leggi promozionali degli anni Settanta che hanno consentito all’Italia di prepararsi alla fase finale della guerra fredda”. Una guerra reale anche se gestita e fatta in forme non cinetiche, di combattimento, che si è conclusa in effetti con la scomparsa del principale competitor dell’occidente, ossia l’Unione Sovietica. “In questa fase l’Italia ha svolto la sua parte e anche una parte della cultura nazionale ha contribuito a questo – prosegue nell’intervista Ilari -. Le iniziative intraprese sono state inizialmente quelle promosse con l’Itrid, l’Istituto Studi Ricerche Informazioni e Difesa, che raccoglieva rappresentanti di tutti i partiti dell’arco parlamentare, incluso il Partito Comunista Italiano. Era il momento in cui il PCI viveva lo strappo da Mosca, c’era l’adesione alla NATO, la politica di Berlinguer e le questione interne legate al terrorismo. Dopo l’Istrid ci fu il momento del CEMISS, il Centro militare di studi strategici, che su iniziativa di Carlo Jean, coinvolse parecchie decine di studiosi universitari di grande prestigio nel contribuire a studiare tutta una serie di temi utili alla riflessione non solo sotto il profilo prettamente militare, ma anche dal punto di vista politico e strategico”.
Nel 1984 nasce la Società Italiana di Storia Militare, diretta essenzialmente a creare un ponte tra le varie anime, anche politicamente contrapposte, tra gli studiosi sia universitari che quelli interni alle forze armate. “Avevamo molti filoni da raccordare e mettere insieme collaborando tra l’altro con il Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari, costituito nel 1982 su iniziativa di Piero Del Negro e Giorgio Rochat, oggi diretto da Nicola Labanca. Il Centro – ricorda Ilari – fu il principale attore protagonista della prima bibliografia storico-militare italiana, uscita nell’87. A questa seguì una seconda bibliografia, nel 1992, curata da Dal Negro per Guida Editori a cui abbiamo collaborato tutti quanti e che fotografa il contesto di quell’epoca. Tutto questo fece fiorire in seguito iniziative che produssero grandi risultati”.
Una spinta che di fatto cessò con la fine della “guerra fredda” e con la fine della Prima Repubblica, ma anche per tutta una serie di altre ragioni. Siamo al 1992 e proprio in quell’anno, dopo il crollo del Muro di Berlino del 1989 e il conseguente disfacimento dell’Unione Sovietica, in una fase di straordinari cambiamenti geopolitici in Europa e nel mondo, nasce la Rivista Limes .
“Fin dall’inizio io e Carlo Jean abbiamo partecipato a Limes tramite uno dei fondatori, Michel Korinman, e poi attraverso l’amicizia con Lucio Caracciolo – sottolinea Ilari -. La rivista ha avuto il merito di affrontare in maniera dirompente una parola e un concetto, quello di geopolitica, che per quei tempi erano tabù”.
Ilari si è dedicato a fondare e ad approfondire sempre di più la disciplina della storia militare con successo. Dal punto di vista accademico, laureando oltre 150 persone e lavorando alla nascita con l’Università di Torino e con l’Università di Padova, con Giorgio Rochat e con Piero Del Negro, di un dottorato di ricerca in storia militare. Non ultimo il salvataggio della SISM “da cui mi ero un po’ defilato in quanto non condividevo l’idea che la SISM prendesse fondi dal Ministero della Difesa – spiega il professore -. Ritenevo infatti che questo tipo di finanziamenti pubblici, se non accompagnati da una programmazione specifica, finivano per essere sostanzialmente deleteri. Pensavo e penso, invece, all’importanza dei finanziamenti mirati su progetti validi di volta in volta si propongono”.
Nel 2004 la SISM, soprattutto per problemi interni, stava arrivando quasi allo scioglimento, ma grazie anche al professore Ilari venne recuperata e rilanciata. “Per primo occorreva salvare il salvabile del passato, in seconda battuta bisognava rimettere in piedi una struttura che potesse in qualche modo operare. Conclusa la fase del finanziamento pubblico da parte della Difesa abbiamo dato vita a una nuova SISM con un grande numero di soci arrivando al numero di circa 600 – afferma Ilari -. Attualmente sono circa 500 i soci che, con 25 euro all’anno di quota, ci consentono di poter svolgere le nostre attività di studio e di ricerca, compresa la partecipazione a seminari, convegni e congressi, nonché alla pubblicazione di libri e volumi di storia militare”.
Tra le prime iniziative della nuova fase della Società Italiana di Storia Militare ci furono i Quaderni SISM annuali partendo dal presupposto di scegliere bene i temi. A questo si aggiungeva un patrimonio non indifferente: quello della biblioteca digitale del professore Ilari che con il tempo è arrivata a contare più di 150.000 tra volumi e articoli, ovviamente, ribadisce il professore “tutti quanti assolutamente legittimi dal punto di vista del copyright su cui sono maniacalmente scrupoloso. Su questa base ho potuto allargare immensamente la mia visione di quello che dovrebbero essere gli studi storico-militari collegati con tutte le scienze sociali e umane, oltre ovviamente ad una attenzione a tutte quelle applicazioni della matematica, della fisica, della tecnologia che possono riguardare le nostre discipline. Nella scelta dei temi che abbiamo trattato si è cercato di prendere in considerazione questioni non sufficientemente trattate nella pubblicistica italiana”.
La vera novità, invece, in pieno periodo di emergenza sanitaria per via del Covid è stata l’organizzazione spontanea di studenti che trattano la storia militare nelle università di Torino, di Padova e di Bologna, che prima della pandemia erano stati incontrati da Virgilio Ilari. Da qui è nata l’idea di far nascere la Rivista NAM, Nuova Antologia Militare. Ne sono un esempio il gruppo Ars Militaris di Padova e Casus Belli di Bologna.
“Questo fermento mi ha convinto che la SISM doveva fare un salto di qualità, cioè passare da queste pietre di paragone che facevamo con i Quaderni a una produzione più stabile, più scientifica e facendo scrivere su una rivista italiana autori stranieri molti noti all’estero, ma poco noti in Italia, che restano dei maestri della disciplina, e nel frattempo selezionare tra gli autori italiani quelli che erano in grado di fare lavori di questo tipo – riflette Ilari -. E’ stata una sfida, ma la risposta che c’è stata, dimostrata dai numeri, è stata un successo. A questo occorre aggiungere l’attività di diffusione, anche attraverso i social network, che ha avuto delle ricadute inimmaginabili. Oggi produciamo quattro fascicoli l’anno di storia militare antica, medioevale, moderna e contemporanea, proprio perché rispettiamo la suddivisione degli studi storici in varie epoche che vige nell’ordinamento universitario italiano. In più affianchiamo a questa produzione canonica anche dei fascicoli specialistici”.
Una sfida, quella della Rivista NAM, che parte anche dall’analisi del rapporto tra la storia militare e il mondo dell’università italiana. Se da una parte i giovani non sono molto agevolati nello studio della materia, dall’altra parte non mancano iniziative in diversi atenei della penisola. “E’ una materia che non viene riconosciuta come tale, ossia non ha un suo statuto epistemologico accettato – commenta il Presidente della SISM -. Quindi non è possibile fare una formazione specifica né una valutazione specifica. Esistono sì dei corsi di storia militare, ma vengono assegnati con criteri puramente accademici interni. Non c’è una verifica tra pari di questa disciplina perché non è strutturata dal punto di vista, appunto epistemologico. Ci si chiede per qualche ragione. Esistono infatti discipline ben strutturate e non si comprende perché non ci debba essere anche una che riguardi la storia militare e dei conflitti – prosegue Ilari -. Questo anche perché molti storici non vogliono prestare attenzione perché considerano la storia militare una disciplina interna a storia medievale, storia moderna oppure a storia contemporanea. Considerarla in tal senso significa relegare la storia militare come ricaduta di un altro lavoro, di un altro sapere”.
Ciò, per Virgilio Ilari, impedisce la formazione della funzione propria degli studi storici, cioè quella di “fertilizzare le scienze sociali e umane che si occupano di guerre e conflitto. Ad esempio: la geopolitica senza una dimensione storica è una geopolitica che diventa dogmatica. Lo stesso vale per gli studi di economia della difesa oppure per quelli di economic warfare, cioè di guerra economica. Concetto, quest’ultimo, non familiare in Italia che invece la SISM cerca di approfondire”. Da qui una domanda da parte dello storico e Presidente della SISM: “Mi chiedo per quale ragione l’Italia non possa avere in futuro una facoltà, un dipartimento intero come ce l’hanno tutte le grandi nazioni del mondo come nel caso del King’s College di Londra dedicato agli studi sui conflitti”.
Un interrogativo lanciato dalla SISM che non resterà in silenzio, almeno fino a quando, anche attraverso la Rivista NAM, si proseguirà a compiere studi e ricerche condotte con metodo e con serietà sul fronte della storia militare che resta, sempre e comunque, una disciplina utile a comprendere la storia d’Italia, ma soprattutto le motivazioni di fondo e la complessità che ruota attorno alla decisione di uno o più Stati ad essere coinvolti nei conflitti e, successivamente, a partecipare ai processi di pace.
Guarda l’intervista integrale al Prof. Virgilio Ilari
Per approfondire:
NAM, “in trincea” per divulgare la storia militare
Per conoscere di più:
La Società Italiana di Storia Militare