“ITALIA” 90th Anniversary Memorial Conference. La spedizione al Polo Nord
L’uomo che fece la differenza nei giorni drammatici della “Tenda Rossa” durante la sfortunata spedizione del dirigibile Italia. Il sottufficiale della Regia Marina Giuseppe Biagi, da capo radiotelegrafista di 3ª classe, il 19 marzo partì da Ciampino con tutto l’equipaggio dell’aeronave per fare sosta a Baggio, in provincia di Milano. Poi il decollo il 15 aprile alla conquista del Polo Nord. Un’impresa che il generale della Regia aeronautica Umberto Nobile aveva già messo a segno nel maggio del 1926 raggiungendo per la prima volta il pack artico con il dirigibile N.1 Norge. A seguire l’avventura di Nobile la nave Città di Milano, al comando del capitano di fregata Giuseppe Romagna, diretta nell’isola di Spitzbergen situata a Ny-Ålesund, nella Baia dei Re. Un viaggio, quello di questa unità di appoggio, che durò quasi due mesi per arrivare al 78° parallelo e ricongiungersi con l’Italia che arrivò al Polo Nord il 6 maggio. L’obiettivo attorno al quale girava il piano complessivo dell’intera spedizione, dopo l’allestimento della base alla Baia del Re, prevedeva tre missioni principali: oltre a sorvolare il Polo Nord l’aeronave avrebbe esplorato tre vaste aree ancora sconosciute al nord della Groenlandia, in Siberia e nella Terra di Francesco Giuseppe. L’Italia, dopo le prime due missioni intermedie dell’11 e del 15 maggio, ripartì il 23 maggio per la sua terza missione, quella in cui lasciò cadere sui ghiacci del Polo Nord la bandiera italiana, il gonfalone di Milano, una medaglia della Vergine del Fuoco di Forlì e la croce di legno donata da Pio XI a Nobile il 31 marzo. Ma nella fase di rientro il dirigibile e l’equipaggio dovettero lottare per quasi trenta ore di navigazione contro neve, ghiaccio, vento e nebbia. Quest’ultima non permetteva di orientarsi e il dirigibile, forse appesantito per la perdita di idrogeno da uno squarcio dell’involucro, forse per altre cause sconosciute, iniziò una rapida discesa. A nulla servì la messa in moto del terzo motore per far risalire l’aeronave che andò a impattare sulla banchisa artica lasciando gran parte del materiale e degli uomini tra i ghiacci. Una tragedia che si consumò in un attimo tra le 10.27, ora dell’ultimo messaggio inviato via radio, e le 10.33. Biagi si trovò scaraventato sulla banchisa insieme a Nobile ed altri nove compagni (il motorista Vincenzo Pomella morì su colpo nella caduta). I naufraghi trovarono riparo sotto quella che restò famosa come “Tenda Rossa”, nome coniato dai giornalisti per via della colorazione fatta dai naufraghi con le fiale di anilina per rendersi visibili dall’alto. Nulla da fare invece per gli altri sei aeronauti rimasti nelle cabine interne dell’aeromobile. Scomparvero per sempre assieme al dirigibile che, una volta diventato più leggero, venne risucchiato lontano e non fu mai più trovato. Una volta catapultato a terra Giuseppe Biagi ebbe un solo pensiero: mettere in funzione la piccola stazione radio d’emergenza, nota come Ondina 33, costruita nell’arsenale di La Spezia e consigliata a Nobile da Guglielmo Marconi. Fu l’apparato che permise al radiotelegrafista della Marina di trasmettere la propria posizione e permettere il salvataggio dei superstiti. Il messaggio ripetuto da Biagi anche in francese e in inglese era:“S.O.S. Italia, Nobile. Sui ghiacci presso l’isola Foyn, nord-est Spitzbergen, latitudine 80°37’, longitudine 26°50’. Impossibile muoversi mancando di slitte e avendo due feriti. Dirigibile perduto in altra località. Rispondete via Ido 32”. Poi la sera del 6 giugno Biagi capì che la loro richiesta di soccorso era stata intercettata. “E’ stato un eroe silenzioso, schivo e riservato come nelle migliori tradizioni della Marina, che rappresentò indubbiamente l’ancora di salvezza di tutta la spedizione del dirigibile Italia – spiega il capitano di fregata Leonardo Merlini, capo ufficio storico della Marina Militare -. La sua caparbietà, la sua competenza, la sua professionalità consentirono, in condizioni proibitive, come quelle della banchisa artica, di lanciare costantemente nell’etere quel flebile …..SOS…… che, una volta intercettato dal radioamatore russo Nikolaj Schmidt, riuscendo a trasmetterlo alla Stazione radio della Marina San Paolo di Roma, innescò, guidò e consentì di coordinare tutta la catena dei soccorsi. Ma non solo – aggiunge Merlini – con la parte ricevente egli consentì ai superstiti di ascoltare direttamente gli sviluppi dei soccorsi in atto, alimentando la fiducia di essere ritrovati e la voglia di sopravvivenza”. L’epilogo dell’intera vicenda si registrò prima con l’avvistamento dei naufraghi da parte degli idrovolanti italiani S-55 di Umberto Maddalena e Pierluigi Penzo, poi con il salvataggio di Nobile da parte del pilota svedese Lundborg e il 12 Luglio con l’arrivo della nave rompighiaccio russa “Krassin”. La stazione radio con accanto la sua antenna di fortuna aveva compiuto il grande miracolo. Al rientro dall’impresa artica l’Associazione radioamatori italiani, nel corso del congresso di Torino nel settembre del 1928 consegnò a Biagi una medaglia d’oro appositamente coniata. Il radiotelegrafista ritornò nei ranghi della Marina. Nel 1940, da capo posto della stazione radio di Mogadiscio prese parte alla Seconda guerra mondiale. Preso prigioniero dagli inglesi nel febbraio del 1941 fu rinchiuso in campo di concentramento in India. Rimpatriato nel dopoguerra lasciò la Marina e morì a Roma il 1° novembre del 1965. Delle sue esperienze sull’aeronave Italia lasciò un libro di ricordi dal titolo Biagi racconta. I miracoli della radio nella tragedia polare, edito da Mondadori nel 1929. Sulla sua figura ruota anche l’epilogo del film La tenda rossa del 1969, una co-produzione tra Unione Sovietica e Italia, per la regia Mikheil Kalatozishvili e musiche di Ennio Morricone. Giuseppe Biagi è interpretato da un grande Mario Adorf.