19 giugno 1918. Francesco Baracca, vita e imprese dell’asso dell’aviazione italiana
Un cavaliere dell’aria, un asso in umanità e solidarietà ancor prima che nei vertiginosi duelli aerei fatti di looping, tonneau e picchiate dopo le quali si sincerava sullo stato di salute del nemico abbattuto rattristendosi in viso ogni qual volta veniva a sapere che a cadere non era stato solo l’aeroplano, ma anche il pilota. Francesco Baracca e molti altri aviatori mobilitati nella Grande Guerra, prima di tutto erano accomunati dalla passione per il volo. Solo che il primo conflitto mondiale li condusse a darsi battaglia nei cieli d’Europa.
“Quando il 10 maggio 1917 portò per la prima volta in combattimento uno Spad, il velivolo che nell’immaginario collettivo è legato al suo nome, Francesco Baracca era già una leggenda, e non solo tra gli aviatori italiani, dal momento che il suo nome era ben noto anche oltre le linee – spiega il generale ispettore dell’Aeronautica militare Basilio Di Martino, tra i massimi storici italiani ed europei di aviazione -. Nato a Lugo di Romagna nel 1888, ufficiale di cavalleria in forza al Reggimento Piemonte Reale, aveva preso il brevetto di pilota alla scuola di Betheny, in Francia, nel 1912. Nel maggio del 1915 era stato inviato di nuovo oltralpe per prendere in consegna i primi biplani Nieuport Ni.10 destinati alla nascente aviazione da caccia italiana”. Baracca fu sin dall’inizio tra i protagonisti della specialità e il 7 aprile 1916, ai comandi di un monoposto Nieuport Ni.11, ottenne la prima vittoria aerea. “A questa – prosegue Di Martino – ne sarebbero seguite altre 33, le ultime due ottenute il 15 giugno 1918, solo quattro giorni prima di cadere in combattimento sul Montello. Decorato di una medaglia d’oro al valor militare, due d’argento e una di bronzo, nonché insignito dell’Ordine Militare di Savoia, è al vertice della graduatoria degli assi dell’aviazione italiana. Un mito, quello di Baracca che ha resistito nel tempo, ispirando generazioni di aviatori e assicurando all’aviazione italiana un sicuro ancoraggio a livello simbolico e ideale”. Non a caso il suo emblema, il cavallino rampante, che Baracca aveva mutuato dallo stemma del suo reggimento ed aveva disegnato nella carlinga del suo aereo è stato quello che Enzo Ferrari scelse come simbolo, nello scudo a sfondo giallo, delle auto da corsa della casa di Maranello, uno dei marchi italiani più popolari e conosciuti in tutto il mondo. Sotto il profilo umano poi sono molti gli insegnamenti che si possano trarre da Baracca, che si può definire davvero quel che si dice “un ufficiale e un gentiluomo”.
Aveva tutto per esserlo, “anche nel portamento, e tale in effetti fu, proponendosi in ogni circostanza come un autentico leader – sottolinea Di Martino -. Al riguardo è significativo che la sua squadriglia si mantenne sempre compatta, e che i suoi uomini lo seguirono sempre, riconoscendogli un’autorevolezza e un’autorità che andavano ben oltre ciò che richiedeva e richiede la disciplina militare. Della sua figura, oltre al tratto con cui si rivolgeva ai subordinati, non si può non sottolineare la capacità di proporsi sempre come esempio e guida. Più volte, a partire dall’estate del 1917, la madre, Paolina Biancoli, cercò di convincerlo a chiedere di essere destinato ad altro incarico, lasciando la squadriglia e il servizio di prima linea per far valere la sua esperienza e le sue capacità nelle scuole di volo o meglio ancora nell’organizzazione di comando dell’aviazione italiana, ma Baracca non le avrebbe mai dato ascolto, scegliendo di seguire il suo destino, passando di vittoria in vittoria fino a quella fatale sera di giugno sul Montello. Con la sua morte – riflette il generale ispettore Di Martino – valicò definitivamente i confini del mito ma purtroppo non sapremo mai quale contributo un ufficiale con la sua personalità carismatica e la sua preparazione tecnica e militare avrebbe potuto dare alla costruzione della Regia Aeronautica nel 1923. Certo non sarebbe stato un contributo da poco”.
I fatti relativi alla morte in combattimento di Baracca la sera del 19 giugno 1918 sul Montello sono stati e sono largamente discussi: “Quel giorno – spiega Di Martino – l’aviazione italiana effettuò in tutto 55 sortite di attacco al suolo, concentrate nel pomeriggio in concomitanza con il contrattacco dell’8ª Armata, e condotte a ondate successive da pattuglie di tre o quattro velivoli con un forte impatto materiale e morale. Un solo velivolo non rientrò da queste azioni e fu proprio lo Spad di Baracca. La conferma sarebbe purtroppo arrivata di lì a poche ore e l’indomani il rapporto del Comando Superiore di Aeronautica non avrebbe potuto far altro che riportare la notizia della morte in combattimento del maggiore Francesco Baracca della 91ª Squadriglia, asso degli assi della caccia italiana con 34 vittorie riconosciute. Alzatosi in volo per un’ultima azione di mitragliamento alle 19, al termine di una giornata molto dura e impegnativa in cui come sempre si era prodigato al massimo insieme ai suoi uomini, era stato forse abbattuto da quella fanteria che stava attaccando con tanta determinazione. Questa almeno è stata a lungo la versione più accreditata, ma negli ultimi tempi si è fatta strada, e con qualche fondatezza, la versione che vede Baracca dei colpi sparati da un biposto da ricognizione Phönix C.1, della cui presenza, assorbito dall’azione di mitragliamento, non si era probabilmente accorto. E’ una versione plausibile, che nulla toglie alla grandezza della figura di Francesco Baracca”.
Vincenzo Grienti
Per saperne di più:
Museo storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle
Museo Francesco Baracca di Lugo di Romagna