12 febbraio 1809: nasce Abraham Lincoln, tra gli uomini politici più amati in Usa
Il 12 febbraio 1809 nacque Abraham Lincoln, una delle figure politiche più amate dal popolo statunitense ancora oggi. Egli venne al mondo in una capanna di tronchi nei pressi di Hodgensville, nel Kentucky. Figlio di Thomas Lincoln I e Nancy Hanks, la famiglia fu costretta a repentini spostamenti a causa delle difficoltà incontrate nel mantenere il possesso su una terra. All’età di nove anni, il piccolo Abraham venne travolto da un doloroso lutto, la mamma morì a causa di un’intossicazione dovuta a latte contaminato. L’anno successivo il padre convolò nuovamente a nozze con un’altra donna, Sarah Bush Johnston, la quale si rivelò particolarmente amorevole nei confronti di Abraham, intravedendo in lui una grande intelligenza ed esortandolo alla lettura e allo studio. Successivamente, la famiglia si trasferì nell’Illinois dove Lincoln si cimentò in diversi lavori. In questo Stato, egli compì la sua prima esperienza militare partecipando con la milizia locale alla guerra contro la tribù indiana del Falco Nero, nel 1832. Il campo di battaglia fu un luogo di notevole importanza per il giovane Lincoln, infatti ebbe la possibilità di stringere alleanze politiche che lo portarono ad essere eletto membro del partito Whig dell’Illinois. Durante il suo incarico di deputato, si impegnò per creare una moderna via di comunicazione, incoraggiando la costruzione di una fitta rete ferroviaria. Fin da subito si schierò contro la schiavitù, istituzione legale negli Stati del Sud, ritendendola fondata ʺsull’ingiustizia e sulla cattiva politicaʺ.
Brillante e ambizioso, si dedicò allo studio da autodidatta, riuscendo a diventare avvocato nel 1836. All’età di 28 anni si trasferì a Springfield, la nuova capitale dell’Illinois. Qui, nel 1842, coronò il suo sogno d’amore sposando Mary Todd, proveniente da una famiglia benestante. Ebbero quattro figli: Robert, Edward, William, Thomas. Robert fu l’unico a raggiungere la maturità e ad avere a sua volta dei figli, morì poi a quasi 83 anni.
La ragguardevole carriera da avvocato fece in modo che Lincoln diventasse una figura dominante nella direzione del suo partito che, nel 1846, rappresentò al Congresso federale, dove assunse posizione contraria alla guerra che il governo degli USA aveva intrapreso contro il Messico. Scaduto quell’anno il mandato parlamentare, mise momentaneamente da parte la carriera politica.
La presentazione, da parte del senatore democratico Stephen A. Douglas, del Kansas-Nebraska Act del 1854, il quale consentiva ai cittadini dei nuovi territori di decidere autonomamente se mantenere o meno la schiavitù, provocò un improvviso ritorno di Lincoln sulla scena pubblica. Il 16 ottobre del medesimo anno, tenne il noto discorso di Peoria, con il quale fondò la sua tesi antischiavista sul principio, umanitario e democratico, che “i nuovi stati liberi sono le terre dove possono andare i poveri per migliorare la loro condizione”.
Nelle elezioni senatoriali del 1858, Lincoln venne battuto dal suo diretto avversario Douglas, ma riuscì a conquistare l’opinione pubblica nazionale con una serie di discorsi che contribuirono in modo decisivo all’affermazione del neonato Partito Repubblicano.
Divenuto ormai una personalità di spicco, nel maggio 1860, fu scelto come candidato alla presidenza degli USA. Il 6 novembre 1860, Lincoln venne eletto sedicesimo presidente degli Stati Uniti, a discapito dello stesso Douglas.
A distanza di soli due mesi, la Carolina del Sud diede inizio alla secessione, cui aderirono altri dieci Stati, i quali formarono una Confederazione eleggendo come presidente Jefferson Davis. La sproporzione delle forze fu rilevante: il Nord contava su una potente industria e una popolazione di 22 milioni di abitanti, mentre il Sud possedeva scarse risorse industriali con cui produrre le armi e una popolazione di soli 5,5 milioni.
La guerra ebbe inizio nell’aprile 1861 quando i sudisti attaccarono Fort Sumter, nei pressi del porto di Charleston. Nel corso del conflitto, le armate sudiste, guidate dal generale Robert Lee, opposero una straordinaria resistenza, ottenendo dapprima importanti vittorie, ma alla fine dovettero cedere alla supremazia dell’esercito nordista al comando di Ulysses S. Grant, subendo una prima amara sconfitta a Gettysburg, in Pennsylvania, nel luglio 1863. Qui Lincoln pronunciò il suo insigne discorso che cita:
«Or sono ottantasette anni che i nostri avi costruirono su questo continente una nuova nazione, concepita nella Libertà e votata al principio che tutti gli uomini sono creati uguali. Adesso noi siamo impegnati in una grande guerra civile, la quale proverà se quella nazione, o ogni altra nazione, così concepita e così votata, possa a lungo perdurare.
Noi ci siamo raccolti su di un gran campo di battaglia di quella guerra. Noi siamo venuti a destinare una parte di quel campo a luogo di ultimo riposo per coloro che qui dettero la loro vita, perché quella nazione potesse vivere. È del tutto giusto e appropriato che noi compiamo quest’atto. Ma, in un senso più ampio, noi non possiamo inaugurare, non possiamo consacrare, non possiamo santificare questo suolo.
I coraggiosi uomini, vivi e morti, che qui combatterono, lo hanno consacrato, ben al di là del nostro piccolo potere di aggiungere o portar via alcunché. Il mondo noterà appena, né a lungo ricorderà ciò che qui diciamo, ma mai potrà dimenticare ciò che essi qui fecero. Sta a noi viventi, piuttosto, il votarci qui al lavoro incompiuto, finora così nobilmente portato avanti da coloro che qui combatterono.
Sta piuttosto a noi il votarci qui al grande compito che ci è dinnanzi: che da questi morti onorati ci venga un’accresciuta devozione a quella causa per la quale essi diedero, della devozione, l’ultima piena misura; che noi qui solennemente si prometta che questi morti non sono morti invano; che questa nazione, guidata da Dio, abbia una rinascita di libertà; e che l’idea di un governo del popolo, dal popolo, per il popolo, non abbia a perire dalla terra».
Gli Stati Confederati si arresero definitivamente nell’aprile 1865 con la vittoria degli Stati dell’Unione. La guerra di secessione, la più cruenta della storia americana, costò oltre 600 mila vite. La totale sconfitta degli Stati del Sud e la scomparsa della schiavitù posero le premesse di una rifondazione della nazione americana sulla base della supremazia industriale del Nord e del rafforzamento del governo federale.
Nel settembre 1862, Lincoln emanò il Proclama di emancipazione, il quale decretava la liberazione di tutti gli schiavi dai territori degli Stati Confederati d’America a partire dal 1º gennaio 1863 e spinse il Congresso alla promulgazione del XIII emendamento costituzionale, che bandì definitivamente la schiavitù in tutto il Paese nel 1865.
La vittoria portò alla seconda presidenza Lincoln, il quale fu riconfermato con una maggioranza travolgente, vincendo in tutti gli Stati tranne tre, e ricevendo il 78% del voto dei soldati al fronte.
La sera del Venerdì santo del 14 aprile 1865, Lincoln si recò al Ford’s Theatre, a Washington; nell’istante in cui prese posto nel palco presidenziale, John Wilkes Booth, un attore della Virginia simpatizzante sudista, entrò nel palco e sparò un colpo di pistola alla nuca del presidente. Lincoln morì alle 7:22 del mattino del 15 aprile 1865.
Egli è, tutt’oggi, considerato uno dei leader più stimati nella storia degli Stati Uniti d’America, colui che, con lungimiranza e tenacia, salvò gli Stati Uniti d’America da una possibile insanabile disgregazione.
Stella Merlini
Dottoressa in Storia
Per saperne di più su Lincoln (Fonte: Casa Bianca)
Sono numerosi i libri dedicati al 16° Presidente degli Stati Uniti. Tra questi la biografia rigorosa Lincoln edito da Rizzoli (2013) dello storico James McPherson racconta la gloriosa avventura umana di Abraham Lincoln, il sedicesimo presidente americano che con la sua guida seppe porre le basi per il formidabile sviluppo degli Stati Uniti contemporanei. Sullo sfondo di una Federazione ancora in costruzione, il libro ripercorre gli eventi fondamentali della vita di Lincoln: la sua affermazione professionale come avvocato, la risolutezza come comandante in capo durante la Guerra civile americana, l’abilità con cui riuscì a destreggiarsi tra separatisti e unionisti per mantenere l’equilibrio della nazione, la determinazione che lo portò a vincere la battaglia per l’abolizione della schiavitù. Nella narrazione di McPherson, episodi celebri come il Proclama di emancipazione si intrecciano con dettagli inediti sulla suggestiva personalità di Lincoln, per restituire vivida e reale la grandezza di un leader che ha contribuito a trasformare gli Stati Uniti nella potenza mondiale di oggi.
Altro volume interessante è quello edito da Il Mulino dal titolo Abrham Lincoln. Un dramma americano (2016) di Tiziano Bonazzi. Con Washington e F.D. Roosevelt il più famoso presidente degli Stati Uniti, incarna il mito della frontiera e dell’uomo che si fa da sé: dalle foreste del West al Campidoglio, da contadino a presidente. Eletto nel 1860, dovette affrontare la crisi della nazione americana precipitata nella sanguinosissima guerra civile seguita alla secessione degli stati schiavisti. Nel farlo rafforzò il potere federale, modernizzò l’economia e liberò i 4.000.000 di schiavi presenti nel Sud; ma pagò i suoi successi con la vita, assassinato pochi giorni dopo la conclusione della guerra. Il libro delinea il ritratto coinvolgente di un uomo complicato, depresso cronico e quasi insondabile, intrecciandolo alla storia violenta, vitale e contraddittoria di un paese in formazione.
Abraham Lincoln. Le parole, le politiche e l’uso politico edito da Ibis (2016) di Marco Sioli sulla figura del grande statista che rappresenta un’icona della politica mondiale, sia per le parole scritte e pronunciate con enfasi, sia per le politiche messe in atto in un paese lacerato dalla Guerra civile. Questo a partire dalle riflessioni sulla casa divisa e dal discorso di Gettysburg, sino all’abilità politica di far approvare a un Congresso restio il tredicesimo emendamento della Costituzione che decretò la fine della schiavitù negli Stati Uniti. Anche negli anni successivi il suo ruolo politico fu imponente: riuscì a fare approvare alte tariffe doganali per finanziare la Ricostruzione e le ferrovie transcontinentali; creò per la prima volta una banconota unica nazionale; usò il demanio pubblico per promuovere gli insediamenti nell’Ovest; aprì i confini dell’immigrazione. Infine il suo assassinio che lo trasformò in un martire e un’icona del pensiero politico contemporaneo. Ecco il compito di questo volume: riflettere sulle parole e sull’azione politica del Grande Emancipatore, ripensandone la realtà e il mito, ma soprattutto l’eredità politica e l’attualità nell’America ancora una volta divisa di oggi.
Il film di Steven Spielberg del 2012 con Daniel Day Lews
Gennaio 1865. La guerra di secessione tra gli Stati del Nord e quelli del Sud dilania ancora gli Stati Uniti. All’inizio del secondo mandato presidenziale, Abraham Lincoln intuisce che molte possibilità di arrivare ad una pacificazione sono legate all’approvazione del tredicesimo emendamento, quello dell’abolizione della schiavitù. L’argomento è tuttavia ancora estremamente ostico, delicato, difficile da affrontare. Sapendo di non poter contare su una maggioranza certa in Parlamento, Lincoln comincia una serie di incontri, colloqui, dialoghi con alcuni rappresentanti politici, anche dll’opposizione, per convincerli a votarea favore. Si tratta di un lavoro lungo e denso di ostacoli, che richiede saggezza, tenacia, convinzione. Ma,al termine, il traguardo sperato arriva: la schiavitù è abolita. Poco dopo, una sera a teatro, il Presidente resta vittima di un attentato, e muore (fonte: CNVF)