14 dicembre 1981, in Polonia è “stato d’assedio”
Il 13 dicembre Wojciech Jaruzelski proclama lo «stato di guerra» e forma un «Consiglio militare di salvezza nazionale». Furono sospesi ogni diritto costituzionale e fu dichiarato il coprifuoco: migliaia di persone furono arrestate. La notizia fece il giro del mondo e occupò le prime pagine dei giornali, dei radio e telegiornali dell’epoca. In un giorno la Polonia fu isolata da se stessa. Giovanni Paolo II il 14 dicembre del 1981 si affacciò dallo studio privato, come ogni domenica all’Angelus, con voce carica di determinazione:
«Gli avvenimenti delle ultime ore mi chiedono di rivolgermi ancora una volta a tutti per la causa della nostra patria. Ricordo quello che ho detto in settembre: non può essere versato sangue polacco perché già troppo ne è stato versato, specialmente durante l’ultima guerra. Si deve fare tutto per costruire pacificamente l’avvenire. In vista del prossimo giubileo dei seicento anni della Madonna di Czestochowa, raccomando la Polonia e tutti i miei connazionali a Colei che è stata data alla nazione come sua difesa” (C.Benedetti, Wojtyla: che sangue non scorra; Paese Sera, 14 dicembre 1981).
Nei giorni che seguirono i vescovi polacchi denunciarono durante un Consiglio permanente le misure del generale Jaruzelsky rispondendo con forza: «La nazione polacca non indietreggerà e non rinuncerà al rinnovamento democratico» (M.Tosatti, La Chiesa si schiera con Solidarnosc, La Stampa, 18 dicembre 1981)
La reazione a livello internazionale alle leggi marziali decretate dal governo polacco furono le più diverse, ma tutte caratterizzate da un unico denominatore comune: la sorpresa, a partire dagli analisti politici americani nonostante la possibilità della Cia di poter contare sulla presenza di spie all’interno del ministero della difesa polacco. L’intelligence fu sempre concentrata sulla tesi di una invasione sovietica della Polonia, non immaginava la realizzazione di una «soluzione» dall’interno (A. PACZKOWSKI – M. BYRNE, From Solidarity to Marzial Law, National Security Archive, Ceu Press, 2006, p. 8)
Il sorprendente successo della «soluzione interna» di Jaruzelski risparmiò ai leader sovietici decisioni relative all’invio di truppe sovietiche in Polonia. Sulla tesi che, secondo alcuni, i russi non invasero la Polonia perché Wojtyla era Papa, rimane tutt’oggi un grande interrogativo. Don Mariusz Frukacz, sacerdote dell’arcidiocesi di Czestochowa, redattore del settimanale cattolico Niedziela e corrispondente della Agenzia cattolica d’informazione polacca sottolineò in una intervista che a questa domanda non poteva essere data una risposta semplice in quanto non tutti i documenti del regime comunista sono pubblici. Per il giornalista e sacerdote polacco «i russi non invasero la Polonia perché non volevano ripetere la situazione del 1968, quando invasero la Cecoslovacchia» (A.Gaspari, Il Papa che liberò l’Europa dal comunismo, Agenzia Zenit, 8 febbraio 2001, ore 14.37)
Il generale Wojciech Jaruzelski da sempre e in tutte le interviste rilasciate, ha sostenuto che il 13 dicembre 1981 dovette instaurare lo stato di guerra in Polonia altrimenti i russi avrebbero invaso la Polonia. La «soluzione interna» fu, come disse lo stesso Jaruzelski anni dopo «il male minore». Certo, chi visse il nascere e il crescere di Solidarnosc dall’agosto 1980 in poi non potrà dimenticare la rabbia e la tristezza imposta da quella cappa che furono le leggi marziali. Alla luce del comportamento di Jaruzelsky negli ultimi anni si tende ad accettare la sua tesi del male minore. Il generale, come più volte ribadito da analisti politici, giornalisti e storici, si comportò così per evitare la guerra civile e l’invasione sovietica: «Se non l’avessi fatto oggi porterei la responsabilità per quello che sarebbe successo: una tragedia che avrebbe tra l’altro ritardato l’emergere di Gorbacev e la distensione» (J. Gawroski, Quella notte sul treno con Andropov, La Stampa, 2 dicembre 1990, p. 17)