17 luglio 1897. Quando Marconi sperimentò il wi-fi a La Spezia
Un foglietto di carta e un’annotazione scritta a penna: “Zona dell’apparecchio ricevente del S. Martino in coperta, batteria e cala durante gli esperimenti del 17 – 7 – 97”. E’ la frase che si legge sulla fascetta che avvolgeva i “nastri telegrafici” che Guglielmo Marconi utilizzò 120 anni fa a La Spezia durante le sue prime sperimentazioni datate 17 luglio 1897. E’ uno dei reperti più antichi al mondo, oggi custodito al Museo tecnico navale di La Spezia, che prova ciò che la letteratura ha tramandato.
Già nel 1895 lo scienziato, all’età di 21 anni, nella villa di famiglia a Pontecchio, vicino Bologna, aveva sperimentato la propria intuizione, ossia l’applicazione delle onde elettriche per la telegrafia senza filo. Marconi collegando un generatore di oscillazioni elettriche ad un filo metallico isolato nell’aria ed alla terra ottenne una radianza di queste onde nell’aria e che queste potevano essere rivelate da un dispositivo analogo posto a distanza. Il primo esperimento fu condotto con successo tra due stazioni lontane due chilometri situate alle pendici opposte di una collina. Un anno dopo Marconi ebbe l’opportunità di presentare pubblicamente la propria invenzione a Sir William Prece, ingegnere capo del Post Office di Londra, e l’anno successivo ottenne dall’Ufficio Patenti britannico il brevetto per “telegrafia senza fili con onde elettriche”.
Augusto Bianco, addetto navale italiano a Londra dopo aver seguito l’attività di Marconi riferì tutto sugli sviluppi degli esperimenti marconiani al Ministero della Marina. Così il Ministro della Marina dell’epoca, ammiraglio Benedetto Brin chiese a Marconi di rientrare in Italia per dimostrare l’efficacia del nuovo sistema di comunicazione sulle navi della Regia Marina. Dopo una dimostrazione a Roma la Marina mise a disposizione l’arsenale di La Spezia, le navi e il personale per ripetere l’esperimento, stavolta su una scala più vasta, proprio nella città ligure.
“Marconi ha svolto proprio qui a La Spezia i primi esperimenti di radiotelegrafia navale. Dopo i primi esperimenti fatti in Inghilterra presso il Post Office britannico venne chiamato dalla Regia Marina a La Spezia per ripetere e dimostrare i suoi studi – spiega il capitano di vascello Silvano Benedetti, direttore del Museo tecnico navale della Marina Militare -. La Marina mise a disposizione di Marconi tutti i suoi mezzi, l’arsenale e il personale. La commissione per gli esperimenti della Marina nominò una commissione di tecnici, di ingegneri e di elettricisti per certificare e per capire l’importanza scientifica degli studi marconiani”.
La commissione seguì tutte le prove che fece Marconi a partire dal piazzale retrostante il Museo navale. “Inizialmente furono fatte tra una stazione trasmittente e una ricevente messe a terra e poi man mano che le prove andavano bene la stazione trasmittente fu spostata in un’altra area del golfo di La Spezia, a San Bartolomeo, mentre la stazione ricevente posta sul rimorchiatore n. 8 che navigava nelle acque antistanti la costa per poi arrivare il 17 luglio del 1897 a portare l’apparecchio ricevente a bordo di Nave San Martino posizionata a qualche chilometro da San Bartolomeo” prosegue il comandante Benedetti. Marconi, sfruttando il codice Morse e una stampante telegrafica terrestre (il telegrafo esisteva già) è riuscito a trasmettere un segnale telegrafico in wi-fi, senza la necessità di collegare tramite un filo la stazione trasmittente a una ricevente. I nastri marconiani furono conservati dal telegrafista Maria Gaetano Da Pozzo, un marinaio che seguì Marconi durante i suoi esperimenti (nella foto d’archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare). “Da Pozzo si trovava sul rimorchiatore N. 8 e si riferisce alle prove in mare dei giorni 12, 13, 14 luglio 1897 all’interno del golfo – aggiunge Benedetti -. Il 17 e 18 luglio le sperimentazioni passarono su nave San Martino, prima in porto e poi in navigazione in mare aperto fino a quasi 18 km dalla stazione trasmittente”.
Da Pozzo dopo gli esperimenti effettuati alla fonda su Nave San Martino conservò come ricordo i nastri che, una volta esaminati, sarebbero sicuramente andati perduti. “Questi nastri sono arrivati a noi perché lui li tenne come una cosa cara insieme ad altri cimeli e ad altre fotografie della sua carriera in Marina – racconta il comandante Benedetti -. Poi sono passati alla famiglia e ai discendenti. Grazie alla nipote, Anna Maria Da Pozzo, i nastri sono giunti al Museo. In un primo momento non si riusciva a capire a cosa si riferissero questi nastri. Poi grazie anche a un cugino radioamatore della professoressa Da Pozzo li abbiamo esaminati e abbiamo capito che si trattava di un patrimonio da valorizzare”.
Il resto lo ha fatto una minuziosa opera di restauro grazie anche all’impegno di aziende private come l’EuroGuarco.
“L’etichetta in cui erano fasciati i nastri ci aveva fatto capire che si trattava di un bene culturale molto importante e l’unica testimonianza sopravvissuta del fatto che i famosi esperimenti che hanno dato poi stura all’uso della radio in tutto il mondo, soprattutto per la marineria sono stati eseguiti a La Spezia con le date e gli orari corrispondenti a ciò che la letteratura ci aveva tramandato – spiega Marco Sassetti, restauratore di beni culturali – . La necessità era di tipo conservativo del materiale sotto l’aspetto chimico e dal punto di vista dello studio perché questi nastri non erano stati decrittati da nessuno, per lo meno dopo l’evento storico. Non erano mai transitati nell’elaborazione dello studio filologico di questi primi esperimenti. Come prima operazione abbiamo creato un dispositivo che fosse in grado di svolgere in sicurezza e avvolgere i nastri in altra bobina”.
I nastri sono passati da un processo di bobinatura e poi di sbobinatura su altro disco in modo da poter permettere la riproduzione fotografica utile al marconista e al tecnico per la decrittazione. “A quel punto abbiamo provveduto all’intervento di deacidificazione chimica attraverso bagni in carbonato di calcio e con particolare procedimenti al loro irrobustimento. Infine abbiamo ricreato dei supporti stabili in policarbonato e li abbiamo posti in una scatola di conservazione in legno di cipresso“.
A svelare poi la portata dell’esperimento di Marconi è stata la decodifica dei nastri. “La decodifica recita ciò che nelle relazioni ufficiali è scritto – spiega lo studioso e radioamatore Bruno Grassi -. Nei nastri troviamo ripetuta due volte una frase anch’essa convenuta, ma che era un comando per chi fosse a ricevere sulla nave per dare il buon ricevuto. La frase è: quando capite alzate intelligenza, seguita da un carattere speciale Morse che conferma il ben ricevuto”. Intelligenza intesa come la bandiera di segnalazione specifica che ancora oggi viene utilizzata dai marinai. “Dunque su Nave San Martino, una volta ricevuto il messaggio, immediatamente si doveva alzare la bandiera – aggiunge Grassi -. Insieme a questo testo, a queste lettere e a queste frasi ci sono anche le indicazioni orarie con calligrafie diverse”.