1925-2015. Nave Puglia e Vittoriale: cento anni di connubio
L’incrociatore Puglia, fu varato a Taranto, il 22 settembre 1898 alla presenza del futuro Re d’Italia Vittorio Emanuele III e della consorte Elena in qualità di madrina della cerimonia.
Concepito per svolgere missioni di salvaguardia degli interessi nazionali sul mare e nelle colonie, compì viaggi di lunga durata in ogni parte del mondo, Australia, America, Estremo Oriente.
Durante la Grande Guerra Nave Puglia svolse servizio in Adriatico e al termine del conflitto si trovò al centro degli incidenti di Spalato, una serie di episodi violenti a carattere antitaliano che si verificarono nella città dalmata tra il 1918 e il 1920 e contestualizzati all’interno di una pluridecennale lotta per il predominio dell’Adriatico orientale fra popolazioni slave meridionali – prevalentemente croate e slovene – e italiane, iniziata già ai tempi dell’Impero austro-ungarico. Gli incidenti culminarono con l’uccisione del capitano di corvetta Tommaso Gulli – comandante della nave – e del motorista Aldo Rossi colpiti da armi da fuoco slave la sera dell’11 luglio 1920 e deceduti nel corso della notte. L’atteggiamento eroico del Gulli che, conscio del pericolo di morire dissanguato si strappò le bende per vedere le proprie ferite, colpì in particolar modo d’Annunzio. Tommaso Gulli fu decorato alla memoria con la Medaglia d’oro al valor militare, mentre Aldo Rossi, sempre alla memoria, ricevette la Medaglia d’argento.
«Sono assai lieto di informarLa che il Consiglio dei ministri ha deliberato Le siano offerti in dono, da parte della Marina, due cimeli che ricordano le gesta navali compiute nell’ultima guerra. Saranno pertanto trasportati a Gardone, e collocati nel luogo che Ella vorrà indicare, la parte prodiera della R. Nave Puglia ed il MAS col quale Ella partecipò alla spedizione di Buccari». Così il 16 marzo 1923 il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, allora Ministro della Regia Marina nel governo Mussolini, scrisse al poeta, giunto a Gardone deluso e amareggiato dopo l’impresa di Fiume, annunciandogli il dono stabilito dalla Marina Militare.

«Come nelle più belle notti della nostra guerra adriatica il cuore mi sobbalza all’annunzio del dono che l’Armata Navale è per farmi, al di là di ogni mia attesa […]. Per preservare le reliquie Iddio ha foggiato il luogo […], per sostenere la parte prodiera della “Puglia”, ho qui un pianoro proteso in forma di prua». Così l’indomani scriveva un euforico Gabriele d’Annunzio, in risposta.
Poco più di due anni dopo, nel luglio 1925, il Vate diede avvio a un’impresa titanica che suscitò lo stupore del mondo: la porzione prodiera di una nave da guerra venne portata, a pezzi, dal mare della Spezia al lago di Garda, rimontata e incastonata su una collina tra una fitta vegetazione di olivi e cipressi. La prua fu smontata e caricata su venti vagoni ferroviari per essere rimontata al Vittoriale tra il 1925 e il 1938.
Nel 1925 venne collocato lo scafo con la plancia di comando, la torretta corazzata, cannoni, ancore, catene, oblò e boccaporti; successivamente verrà aggiunta la porzione poppiera in muratura. Nel 1932 fu collocata sulla prua la grande polena in bronzo raffigurante la Vittoria, opera dello scultore Renato Brozzi[1], e due anni dopo, nel 1934, fu montato l’albero di poppa.
Oggi Nave Puglia è uno dei luoghi più unici e straordinari del complesso monumentale di Gardone Riviera, testimonianza del genio di d’Annunzio.
A un secolo dal suo posizionamento, chiunque si sporga dalla prora, ancora oggi, può essere travolto dalla sensazione di essere ancora imbarcato sull’antico incrociatore, pronto a salpare verso le insidiose acque del lago di Garda e, oltre l’orizzonte, verso quei porti del mare Adriatico così cari al Vate e così contesi al termine della Grande Guerra e successivamente ben dopo il secondo conflitto mondiale.
Come ha scritto il presidente della Fondazione del Vittoriale degli Italiani, Giordano Bruno Guerri, in occasione del centenario celebrato l’8 marzo 2025: «Da allora (nave Puglia, ndr) è salpata ogni giorno verso milioni di visitatori che la ammirano nel ricordo delle imprese di dʼAnnunzio e della vittoria nella Prima guerra mondiale. Portarla dalla Spezia a una collina del Vittoriale fu una impresa epica, e non meno impegnativo è conservarla intatta nella sua solenne bellezza».
Contr. Leonardo Merlini
Direttore Museo Tecnico Navale La Spezia
Per saperne di più visita il sito del Vittoriale
E chissà se il motto Immotus nec Iners fu coniato, proprio in quegli anni, pensando anche a come sarebbe stata posizionata la monumentale nave Puglia[2].
[1] L’importanza della figura e dell’opera di Renato Brozzi (Traversetolo, 7 agosto 1885 – Traversetolo, 21 giugno 1963), nel panorama culturale e storico-artistico italiano è riconosciuta e attestata dagli elogi che ne accompagnarono costantemente l’attività in vita, e dai consensi autorevoli che ancora oggi gli giungono a livello internazionale.
Orafo, cesellatore e scultore, l’artista nacque a Traversetolo il 7 agosto 1885 da una famiglia modesta. Giovanissimo apprese il mestiere di cesellatore in una locale fonderia di bronzi; quindi, frequentò il Regio Istituto di Belle Arti di Parma, diplomandosi in soli tre anni.
[2] Immotus nec Iners (fermo ma non inerte). La frase è di Orazio ed orna, come motto, lo stemma nobiliare di Principe di Montenevoso. Il titolo di principe fu concesso a D’Annunzio dal Re d’Italia su iniziativa di Mussolini il 15 marzo 1924, dopo la definitiva annessione di Fiume all’Italia. Sembra evidente come la scelta di questo motto avesse un intento dichiaratamente polemico con lo stesso Duce, che relegò il poeta nel dorato isolamento sul Lago di Garda, escludendolo completamente dalla vita politica della capitale.