2 aprile 1982. La guerra delle Falkland-Malvinas. Il valore e il sacrificio dello squadrone “Alacràn” della Gendarmeria Nazionale Argentina
Tra l’aprile e il giugno di quarant’anni orsono ebbe luogo, a migliaia di chilometri dalla vecchia Europa, la così detta “Guerra delle Falkland”, altrimenti definita “Guerra de las Malvinas”, innescata dall’Argentina contro il Regno Unito per il controllo e il possesso delle isole Falkland/Malvinas, della Georgia del Sud e delle Isole Sandwich Australi, località rivendicate da sempre da Buenos Aires. Molti storici hanno ricordato come, alla vigilia della guerra, l’Argentina si trovasse nel pieno di una devastante crisi economica, ma anche di una serpeggiante e ormai incontrollabile contestazione civile che giustamente si opponeva alla Giunta Militare che governava allora il Paese, sotto la presidenza del Generale Leopoldo Galtieri. Il riappropriarsi delle isole Malvinas apparve, quindi, come una buona soluzione, soprattutto in chiave mediatica, onde riconquistare evidentemente il perduto consenso popolare, peraltro premendo su una questione storica che stava, e sta ancora oggi, molto a cuore a tutta l’Argentina. Certo, la speranza della Giunta era quella di una guerra veloce, una guerra lampo che avrebbe indotto Londra a cedere sul piano diplomatico. Si trattò, tuttavia, di una speranza che effettivamente si concretizzò, ma non in favore del Paese Sudamericano, il quale, dopo pesanti combattimenti, fu costretto a soccombere, assistendo, quindi, al ritorno dell’arcipelago sotto il controllo del Regno Unito. Anche se le conseguenze politiche della guerra furono molto profonde per l’Argentina, la quale perse nel confluito 649 uomini (i feriti furono 1.068 e i prigionieri di guerra 11.313), ma soprattutto si accentuò il dissenso contro il regime militare, accelerandone la caduta definitiva, il sentimento patriottico non mutò affatto, tanto è vero che il Paese si strinse allora, così come oggi, sia attorno ai propri giovani soldati caduti, sia verso i veterani che quella guerra la condussero sul campo. E tra i 649 caduti di parte Argentina, molti furono i soldati, marinai e avieri di origini italiane, figli di immigrati di vecchia generazione, trapiantati in Argentina nel corso dell’Ottocento, ovvero figli di emigrati di ultima generazione, quelli, per intenderci, giunti a Buenos Aires nel secondo dopoguerra. Ebbene, molti non sanno che nella guerra delle Falkland /Malvinas, tra le varie Forze Armate Argentine mobilitate ci fu anche uno speciale Squadrone della gloriosa Gendarmeria Nazionale, la celebre “Centinela de la Patria”, tra le cui fila mobilitavano alcuni oriundi italiani, primo fra tutti il Maggiore José Ricardo Spadaro, che lo comandava, così come non pochi sottufficiali e gendarmi.
La Gendarmeria Nazionale Argentina alle Malvinas (maggio-giugno 1982).
Era il 28 maggio del 1982, quando presso la base militare di Comodoro Rivadavia, dietro ordine dell’allora Vice Direttore Nazionale della Forza (lgs. Corpo), il Comandante Generale Antonio Becich, fu istituita una Compagnia speciale della Gendarmeria, il glorioso “Escuadrón Alacrán” (“Scorpione”), altrimenti definito in atti “Compañía de Tropas Especiales 601 de Gendarmería”. Composto ufficialmente da 65 uomini, fra ufficiali, sottufficiali e gendarmi provenienti da varie unità della Forza, il reparto fu posto agli ordini del citato Maggiore Spadaro, un ufficiale coraggioso che in seguito assurgerà ai vertici gerarchici del Corpo stesso, divenendone Comandante Generale.
Fu quella stessa notte che una prima aliquota dello Squadrone (40 uomini) fu trasferita in aereo (un Hercules C. 130 dell’aeronautica Militare Argentina) a Puerto Argentino, lasciando il resto del reparto appena costituito in attesa di un successivo trasporto, che di fatto, in seguito, non poté essere effettuato. Il reparto della Gendarmeria raggiunse così l’arcipelago della Malvinas in un momento particolarmente drammatico per le Truppe Argentine, in quanto, a seguito dello sbarco delle Forze Britanniche a San Carlos e a Puerto Darwin, si erano già consumati i combattimenti di Pradera del Ganso, i quali avevano aperto agli inglesi la via verso Puerto Argentino, che ben presto avrebbero circondavano da tutti i settori di terra. Appena trentasei ore dopo il suo arrivo, lo Squadrone fu aggregato alla Compagnia 602 Commando dell’Esercito, con l’ordine di eseguire alcune difficili missioni prima linea. Il personale della Gendarmeria avrebbe dovuto occupare due posizioni avanzate all’estremità dell’arco difensivo esterno di Puerto Argentino, mentre altre tre posizioni dovevano essere coperte dalle Compagnie di Commando 601 e 602. Ai soldati e ai gendarmi fu dato incarico di respingere l’avvicinamento degli elicotteri nemici, ma soprattutto di fermare l’avanzata della Fanteria inglese, attaccando le loro retrovie.
La missione, come è facile intuire, si presentava, sin dall’inizio, alquanto complessa, audace e, soprattutto, rischiosissima e sicuramente letale. E il fato così volle, purtroppo. Il 30 maggio 1982, attorno alle ore 10,00, durante il trasferimento in volo di una delle Squadre della stessa Gendarmeria a bordo di un elicottero Puma dell’Esercito Argentino, nei pressi del Monte Kent, un razzo inglese partito da un Sea Harrier colpì in pieno il velivolo. L’elicottero preso fuoco al contatto con il suolo, esplodendo subito dopo. Morirono in quella circostanza sei uomini della Gendarmeria Nazionale: il Primo Tenente Ricardo J. Sánchez, il Sottotenente Guillermo Nasif, i Caporali Mariano Verón, Víctor S. Guerrero e Carlos I. Pereyra e il Gendarme Juan Carlos Treppo, i cui corpi furono recuperati, assieme ai feriti e ai sopravvissuti, pochi attimi prima dell’esplosione finale del velivolo, grazie all’intervento di alcuni coraggiosi. Gli eroici Gendarmi furono in seguito sepolti in una fossa comune presso il cimitero di Darwin.
Nonostante la tragedia, lo Squadrone “Alacrán”, compresi gli stessi sopravvissuti, non si persero d’animo, tanto che di lì a poco avrebbe fornito sicurezza tattica ad una Compagnia di ingegneri della Fanteria di Marina, nei pressi della collina di Dos Hermanas, ovvero in altre rischiose operazioni speciali. Fu così che nella notte tra il 9 e il 10 giugno, lo Squadrone Speciale fu schierato in posizioni più avanzate, sempre assieme alle Compagnie di Commando 601 e 602. Come prima azione, la Compagnia di Commando 602, rinforzata da personale della Gendarmeria Nazionale, preparò un assalto nella zona del Monte Muro, a circa 3 chilometri ad ovest della posizione occupata dal IV Reggimento Fanteria. Allorquando le forze speciali inglesi SAS avanzarono su quella posizione, fu effettuato un contrattacco il quale, dopo un’ora e mezza di intenso combattimento, provocò numerose vittime tra gli Inglesi, ma anche la morte eroica di tre soldati Argentini. Oltre all’annientamento di una pattuglia delle forze SAS fu anche distrutto un posto di osservazione. A quel punto il numero dei caduti e dei feriti della Gendarmeria Nazionale fu destinato ad aumentare l’11 giugno seguente, allorquando cadde in combattimento il Vice Sergente Ramón G. Acosta, mentre il Gendarme Paulo Parada rimase gravemente ferito. Al di là di questo, lo Squadrone Alacran occupò le posizioni prefissate nella notte tra il 13 e il 14 giugno, data, quest’ultima, nella quale Puerto Argentino cadde in mano alle truppe Inglesi, le quali procedettero alla cattura degli Argentini. Questi rimasero in mano nemica, come prigionieri di guerra a San Carlos, sino alla prima metà di luglio, esattamente il giorno 14, allorquando anche i superstiti dello speciale reparto della GNA fece finalmente ritorno in Patria.
Lo Squadrone Alacrán” e la riconoscenza Nazionale.
La fine della Campagna Militare e il rientro in Patria non decretò, per fortuna, lo scioglimento della “Compañía de Tropas Especiales 601 de Gendarmería”. È interessante rilevare il fatto che il c.d. “Grupo Especial Alacrán” è attualmente un’unità per operazioni speciali della Gendarmeria, con sede principale a Campo de Mayo, Provincia di Buenos Aires, nella Regione I della stessa Gendarmeria Nazionale. Il reparto è addestrato per rispondere a situazioni ad alto rischio, specializzato in antiterrorismo ed operante in tutto il Paese. Riguardo alla riconoscenza aggiungiamo, invece, che i sette caduti della gloriosa Gendarmeria Argentina, così come i superstiti, non furono dimenticati dalla Madrepatria, la quale li ha onorati in tutte le forme possibili, dall’intitolazione di strade, caserme e luoghi pubblici, con decorazioni militari, ma anche con la concessione (il 23 agosto del 1994 con Decreto n. 1.459/94) della promozione straordinaria “post mortem” per meriti di guerra al grado superiore.
L’epilogo di questa incredibile storia è piuttosto recente, risalendo alla metà di settembre dello scorso anno, allorquando è stato possibile identificare i resti mortali di quattro dei sette Gendarmi caduti alle Malvinas (i rimanenti tre erano già noti). Ricordiamo che ciò è avvenuto grazie ad un accordo Anglo-Argentino, il Pph2, firmato da ultimo dai Governi della Repubblica Argentina, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e dal CICR (“Comitato Internazionale della Croce Rossa”), nel marzo 2021, al fine di identificare i corpi dei soldati argentini che hanno combattuto e perso la vita nelle Falkland nonché fornire risposte alle loro famiglie. I resti dei gendarmi Argentini rinvenuti nella tomba C.1.10 del citato cimitero di Darwin sono stati tuttavia interrati di nuovo – è stato scritto per volontà delle rispettive famiglie – nello stesso luogo di sepoltura, in quelle isole che per qualche mese erano tornate alla Madrepatria Argentina, anche se questa volta al di sotto di una croce che finalmente ne ricorderà per sempre i rispettivi nomi. Ci piace pensare, a conclusione di queste modeste pagine che un giorno non molto lontano sulle ceneri dei sette Eroi della gloriosa Gendarmeria, riunite in un Sacrario Militare di maggiore importanza, possa campeggiare questa frase: <<Scorpioni delle Malvine, Sentinelle della Patria, Eroi Argentini caduti sul suolo Malvinese ci avete lasciato un’eredità di onore e di gloria che ci impegniamo a mantenere in vita per sempre. Riposate in pace>>.
Col. Gerardo Severino
Direttore Museo Storico della Guardia di Finanza