24 maggio 1915: Riccardo Giusto il primo caduto italiano
Un giovane del 1895 come milioni di suoi coetanei mandati al macello in quella guerra inutile che fu il primo conflitto mondiale. Riccardo Giusto aveva vent’anni e non aveva scelto lui di andare in battaglia. Ma quel 24 maggio 1915, giorno in cui ufficialmente l’Italia scese in campo abbandonando la sua neutralità, Riccardo e i suoi compagni alpini non avevano visto in faccia gli austro-ungarici e con essi neppure i morti e i feriti. Ma quel giorno toccò proprio a loro, agli alpini dell’8° Reggimento. I dieci battaglioni di cui era formato, compreso il battaglione Cividale in cui era stato destinato Riccardo Giusto, era formato in gran parte da friulani come del resto tutti i Reggimenti alpini all’inizio del conflitto che grazie a questo maturavano un forte spirito di corpo. “Nel prosieguo della guerra però lo Stato maggiore si accorse che a loro volta le popolazioni dei paesi si accorgevano che in concomitanza delle offensive venivano a mancare contemporaneamente molti giovani dello stesso paese a volte molto piccolo. Questi lutti collettivi avevano un effetto deleterio su quanto sosteneva la propaganda, si riparò quindi sparpagliando gli arruolati dello stesso paese o di una piccola città nei vari battaglioni che componevano il Reggimento che rimaneva a arruolamento locale” spiega Sergio Spagnolo, ricercatore e studioso della Prima Guerra mondiale impegnato nel Comitato Pro-Plava per il recupero della chiesetta di San Luigi. Il battaglione dover era stato arruolato Giusto insieme ai battaglioni Gemona, Tolmezzo, Val Fella, Val Tagliamento, Val Natisone, Monte Canin, Arvenis, Matajur e Monte Nero compiranno durante la guerra azioni eroiche e spesso tragiche. Il contributo dato dalle “penne nere” durante la Grande Guerra sarà tra ufficiali, sottufficiali e alpini morti di 24.876, i feriti furono 76.670 mentre i dispersi 18.305. Rudyard Kipling, che perse l’unico figlio sul fronte francese, a Ypres, venuto in visita alla fronte italiana (fino al ventennio fascista si utilizzava il femminile “la fronte”, poi cambiato con “il fronte, nda) nel corso della Prima Guerra Mondiale, espresse questo giudizio sugli alpini: “Alpini, forse la più fiera, la più tenace fra le Specialità impegnate su ogni fronte di guerra. Combattono con pena e fatica fra le grandi Dolomiti, fra rocce e boschi, di giorno un mondo splendente di sole e di neve, la notte un gelo di stelle. Nelle loro solitarie posizioni, all’avanguardia di disperate battaglie contro un nemico che sta sopra di loro, più ricco di artiglieria, le loro imprese sono frutto soltanto di coraggio e di gesti individuali. Grandi bevitori, svelti di lingua e di mano, orgogliosi di sé e del loro Corpo, vivono rozzamente e muoiono eroicamente”. Il 24 maggio il confine era poco difeso, tanto che il Regio Esercito in un paio di giorni arrivò a Caporetto e a Dreznica, l’attuale Dresenza, ai piedi del Krn, meglio noto come Monte Nero, dove i soldati dell’Impero Austro-Ungarico tentavano di organizzare una difesa dell’importante catena montuosa che dava accesso a importanti vie di comunicazione con l’interno”. Dal confine a Caporetto era state lasciate indietro solo poche pattuglie della gendarmeria o di Standschutzen, ossia la milizia volontaria formata da anziani cacciatori o tiratori. Quando il battaglione degli alpini attraversò il confine a Passo Solarie trovò alcuni gendarmi che aprirono il fuoco e qui trovò la morte Riccardo Giusto, il primo italiano caduto della Grande Guerra.
Vincenzo Grienti