5 luglio 1950: l’uccisione del bandito Salvatore Giuliano in Sicilia
Nella notte tra il 4 e il 5 luglio a Castelvetrano viene ucciso Salvatore Giuliano. Viene assassinato nel sonno dal suo “luogotenente” e cugino Gaspare Pisciotta. Lo chiamavano “il Re di Montelepre”, un paesino della Sicilia occidentale, poco distante da Palermo. Era qui che Giuliano era nato il 20 novembre 1922. Le sue origini erano contadine e all’età di vent’anni Giuliano acquista una certa notorietà in tutta la Sicilia per via del contrabbando di generi alimentari. Era il periodo della guerra e dei razionamenti, delle tessere per il pane, della popolazione stretta nella morsa della fame e della povertà. Una sera Giuliano viene fermato dai carabinieri. Ne nasce un conflitto a fuoco in cui rimane ucciso un militare. Giuliano scappa ed inizia la caccia all’uomo. Giuliano si dà alla macchia. Poi la Seconda guerra mondiale coprirà la sua latitanza. Nell’immediato dopoguerra è uno dei colonnelli dell’Esercito volontario indipendentista siciliano (Evis). Un progetto che naufraga e nel dicembre del 1945 l’Evis si disgrega. Ma il dramma che resterà alla storia come “strage di Portella della Ginestra” è quello del 1° maggio 1947.Quel giorno gruppi di contatidini e operai si radunano per un comizio celebrativo nella Valle di Portella della Ginestra. Ma dalle montagne partono fucilate e colpi di mitragliatrice. Restano sul campo 8 morti e trenta feriti, persone che non avevano nessuna colpa. Solo quella di aver manifestato il loro diritto al pane e al lavoro. La strage viene addebitata alla banda Giuliano. Il bandito seguiterà ancora a seminare terrore e a fare rapine fino a quando nel 1949 il Governo istituisce un Corpo speciale per la repressione del banditismo, al comando del colonnello dei carabinieri Ugo Luca. In meno di un anno viene individuato il rifugio di Giuliano e poi ucciso il 5 luglio 1950. Tra i film che ricostruiscono la vita del bandito c’è quello del regista Francesco Rosi intitolato appunto “Salvatore Giuliano”. Il film è un’inchiesta sui fatti che hanno condotto alla morte del bandito siciliano Salvatore Giuliano, rinvenuto a Castelvetrano la mattina del 5 luglio 1950. Presentato in concorso al Festival di Berlino 1962, vinse l’Orso d’argento per il miglior regista nonché tre Nastri d’argento. Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare. La trama: a Castelvetrano viene trovato il corpo senza vita del bandito. Un flashback riporta indietro la narrazione al 1945: i leader separatisti decidono di assoldare il bandito Giuliano e la sua banda per la causa dell’indipendenza della Sicilia; i banditi quindi assaltano le locali caserme e si accaniscono contro le forze dell’ordine. La narrazione torna al 1950: i carabinieri danno versioni discordanti sulla fine del bandito, che non convincono i giornalisti accorsi sul luogo del delitto. Ulteriore flashback che riporta al 1945-1946: la guerriglia separatista provoca l’intervento dell’esercito che, insediatosi a Montelepre (paese natale di Giuliano), viene “accolto” dai banditi con l’uccisione di un soldato, che provoca forti restrizioni nei confronti della popolazione locale, che culmineranno nell’arresto di tutti gli uomini del paese per scoraggiare il banditismo; la concessione dell’autonomia siciliana pone fine alla causa separatista, inducendo la banda Giuliano ad incrementare i sequestri di persona di concerto con la mafia. La narrazione torna al 1950: avviene la straziante scena del riconoscimento del corpo di Giuliano da parte della madre. Dopo la morte di Giuliano, la polizia arresta il suo luogotenente Gaspare Pisciotta. Inizia a Viterbo il processo per individuare i responsabili della strage di Portella, che vede come imputati Pisciotta e tutti gli altri banditi, che ritrattano le precedenti confessioni e fingono convulsioni in aula: a sorpresa, Pisciotta si autoaccusa dell’omicidio di Giuliano. Durante le udienze si cercano di ricostruire gli oscuri legami tra banditismo, polizia, politica e mafia attraverso varie testimonianze; il torna prima della morte di Giuliano: avvengono contatti tra carabinieri e mafia che portano all’arresto dei banditi; Pisciotta diviene pure confidente ed uccide Giuliano, il cui corpo viene sistemato dai carabinieri in modo da fare credere che è stato ucciso da loro. La narrazione torna allo svolgimento del processo di Viterbo, che infine si conclude con pesanti condanne nei confronti dei banditi; in aula Pisciotta promette nuove rivelazioni sui mandanti politici della strage di Portella ma viene avvelenato in carcere nel 1954. Infine il film fa un salto nel 1960, concludendosi con l’uccisione del mafioso-confidente che aveva fatto arrestare i banditi. (fonte: Wikipedia)