9 agosto 1918. Il volo su Vienna di Gabriele D’Annunzio
Un’impresa senza precedenti portata a termine da Gabriele D’Annunzio e da aviatori temerari dal calibro di Natale Palli, Antonio Locatelli, Gino Allegri, Aldo Finzi, Piero Massoni, Giuseppe Sarti, Ludovico Censi e Giordano Granzarolo. L’operazione è da compiersi sul cielo di Vienna. Tutto in un giorno, tutto in un volo da effettuare il 9 agosto 1918 a bordo di un’aeroplano SVA-1, sigla che deriva dalle iniziali dei cognomi degli ingegneri Savoia e Verduzio che lo progettarono e Ansaldo, la fabbrica che lo costruì. Non si trattò di un bombardamento. Quella ideata e guidata dal poeta italiano fu un’impresa molto pericolosa che prevedeva il lancio di 50mila volantini tricolore contenenti il testo dannunziano in italiano con cui provocatoriamente si esortavano gli austriaci a mettere fine alla guerra: “Noi voliamo su Vienna – si legge nel manifestino – potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne – si legge ancora -. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d’odio e d’illusioni”. Il “folle volo” rimase memorabile perché gli SVA (degli undici partiti dal campo di aviazione di San Pelagio, vicino Padova, solo sette compirono l’impresa), al comando di Gabriele D’Annunzio, percorsero circa mille chilometri, dei quali oltre 800 su territorio austriaco prima di far rientro alla base. Gli aerei, di cui uno biposto dove D’Annunzio volava insieme all’amico capitano Natale Palli, erano decollati da San Pelagio, poco distante da Padova, alle ore 5:50 e dopo non poche difficoltà atmosferiche alle 9.20 erano su Vienna, pronti a scendere a quota 800 metri sulla capitale austriaca per “sganciare” i volantini (nella foto sotto)
La popolazione avvertì il rombo di questi aerei, tra i più veloci dell’epoca e capaci di raggiungere i 220 chilometri orari con un’autonomia di tre ore, non senza preoccupazione. Ma caddero solo manifestini tricolore. Poi la pattuglia virò compatta in formazione e fece rientro al campo di aviazione alle 12:40. Il biposto di D’Annunzio, così come il Mas 96, oggi sono custoditi a Roma, al Vittoriale degli italiani, mentre il velivolo appartenuto al maggiore Giordano Bruno Granzarolo, uno di quelli che effettuarono “il volo su Vienna” è esposto a Vigna di Valle, in uno tra i più visitati musei d’Europa, curato dall’Aeronautica militare. A seguito di queste imprese D’Annunzio verrà insignito di cinque medaglie d’argento, una d’oro, una di bronzo e la Croce di Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia. Si congederà dall’esercito nel 1919. Poi sarà promosso colonnello e infine generale di brigata.
Un comunicato ufficiale del Comando Supremo riportò:
« Zona di guerra, 9 agosto 1918. Una pattuglia di otto apparecchi nazionali, un biposto e sette monoposti, al comando del maggiore D’Annunzio, ha eseguito stamane un brillante raid su Vienna, compiendo un percorso complessivo di circa 1.000 chilometri, dei quali oltre 800 su territorio nemico. I nostri aerei, partiti alle ore 5:50, dopo aver superato non lievi difficoltà atmosferiche, raggiungevano alle ore 9:20 la città di Vienna, su cui si abbassavano a quota inferiore agli 800 metri, lanciando parecchie migliaia di manifesti.
Sulle vie della città era chiaramente visibile l’agglomeramento della popolazione. I nostri apparecchi, che non vennero fatti segno ad alcuna reazione da parte del nemico, al ritorno volarono su Wiener-Neustadt, Graz, Lubiana e Trieste. La pattuglia partì compatta, si mantenne in ordine serrato lungo tutto il percorso e rientrò al campo di aviazione alle 12:40. Manca un solo nostro apparecchio che, per un guasto al motore, sembra sia stato costretto ad atterrare nelle vicinanze di Wiener-Neustadt. » Vincenzo Grienti |