24 ottobre 1917: la sconfitta di Caporetto
Nel linguaggio comune, spesso, sinonimo di disfatta. In realtà come spiegano molti storici ed esperti di storia militare è una sconfitta sul campo. Per l’umanità resta una tragedia dentro “l’inutile strage” della Prima guerra mondiale. Il 24 ottobre 1917 inizia la 12ma battaglia dell’Isonzo. Finirà il 24 novembre. Un bilancio drammatico con la ritirata delle truppe italiane fino al Piave e la vittoria degli austro-ungarici e dei tedeschi.
Decretò sul campo l’errata scelta strategica di Luigi Cadorna e degli altri comandanti convinti di tecniche d’attacco, forse, ormai obsolete. Di fatto morirono tanti ragazzi. Per l’Italia dai 10mila ai 13mila morti. Circa 30mila feriti.
Caporetto e le sue cause. Sempre al centro di dibattiti e riflessioni. Di studi e analisi come quella di Novello Papafava nel ’68. E poi libri e persino fumetti. Ma anche editoriali che puntano il dito proprio su Cadorna rilanciando l’iniziativa di togliere dalle città italiane le vie del generale il cui nome sarà associato a una sconfitta che forse poteva essere evitata. Una sconfitta, però, che darà nuovo impulso agli italiani per vincere la battaglia di Vittorio Veneto e poi uscire vincitori dal conflitto.
Una vittoria che non sarà solo tra le trincee della Grande Guerra, ai confini del nord est dell’Italia, ma anche per mare, in Adriatico. Occorre infatti non dimenticare che la vittoria dell’Italia fu anche sul mare grazie ad accorgimenti e tecniche ingegnose sviluppate dalla Regia Marina come lo sbarramento del Canale d’Otranto.
Su Caporetto sono stati scritti numerosi libri che cercano di rispondere a tante domande: fu colpa di Cadorna, di Capello, di Badoglio? I soldati italiani si batterono bene o fuggirono vigliaccamente? Ma il vero problema è un altro: perché dopo due anni e mezzo di guerra l’esercito italiano si rivelò all’improvviso così fragile? Lo storico Alessandro Barbero prova a rispondere a queste domande nell’omonimo libro edito da Laterza offrendo una nuova ricostruzione della battaglia e un racconto appassionante di un fatto storico che ancora ci interroga sul nostro essere una nazione.
La principale sconfitta dell’esercito italiano nella storia causò migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, oltre a una quantità incredibile di prigionieri e sfollati. Arrigo Petacco e Marco Ferrari raccontano, in un saggio storico (Mondadori) che è anche un reportage sui luoghi dello scontro, l’assurdità dell’atteggiamento italiano, gli errori degli alti comandi, la disumana vita di trincea, il massacro di migliaia di contadini analfabeti, le esecuzioni sommarie della nostra truppa e la disordinata e scomposta rotta. Riemergono così in tutta la loro drammaticità episodi individuali e collettivi di una guerra che ancora parla, e si presenta con le sue atrocità.
“L’Italia salvata dai ragazzi senza nome” è invece il volume di Alfio Caruso pubblicato da Longanesi . Nel libro il giornalista e scrittore siciliano parla di milioni e milioni di contadini, di operai, di artigiani, con scarsissimo addestramento e insufficiente armamento, scagliati contro gli inestirpabili reticolati e le micidiali mitragliatrici austriaci; le decimazioni per quanti sono sospettati di non volersi fare ammazzare. Le famiglie che si svenano per comprare ai figli le«corrazzette», garantite impenetrabili dalla pubblicità : viceversa aumentano il numero delle vittime. Gli allarmi ignorati del controspionaggio sull’imminente offensiva; gli errori strategici di Badoglio, il principale responsabile fra i generali italiani. Così il 24 ottobre 1917 l’Italia è a un passo dalla resa, anticipata da quanti alzano le braccia, stanchi dei soprusi e del sangue versato. Tuttavia, nel momento più difficile scatta in tantissimi l’inconscio desiderio di non darla vinta al nemico storico. Sullo sfondo la storia di Alfio e di Ciccio arruolati nel maggio 1915.
Infine, ma non ultimo, il libro di Nicola Labanca dal titolo “Caporetto. Storia e memoria di una disfatta” (Il Mulino) che ricostruisce lo scontro militare e politico giocato attorno a Caporetto e rilegge le spiegazioni che ne sono state date, da allora sino ad oggi.
Laura Malandrino