“Midaregami. Il volo di Arturo”. Il racconto a fumetti della storica impresa Roma-Tokyo
Il rombo dei motori ruggenti dei mitici biplani SVA-9, il vento, la pioggia, i decolli e gli atterraggi in campi volo spesso improvvisati. Una sfida accettata da Arturo Ferrarin e Guido Masiero, insieme ai loro inseparabili motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto, che nel febbraio del 1920 gettarono il cuore oltre ostacolo per scrivere una delle più belle imprese aviatorie del Novecento: il raid Roma-Tokyo. Una storia scritta giorno dopo giorno volando per ben 18mila chilometri e 30 tappe. Un racconto che a distanza di cento anni viene narrato e illustrato nei minimi dettagli dall’autore Carlo Galiotto e dall’illustratore Francesco Archidiacono in una graphic novel dal sapore leggendario e epico già dal titolo esotico Midaregami. Il volo di Arturo. Il titolo significa letteralmente “capelli scompigliati” e fa riferimento al nome della raccolta di poesie che, proprio nel fumetto, il tenente Ferrarin riceve in regalo dall’imperatrice Teimei, a popolo giapponese. Non è la prima volta che Arturo Ferrarin si ritrova ad impersonare se stesso in un disegno. Lo ha fatto il regista giapponese Hayao Miyazaki nel film Porco Rosso uscito nelle sale cinematografiche italiane nel 2010 e lo hanno fatto magistralmente l’autore e l’illustratore di Midaregami, volume edito dall’Aeronautica Militare e presentato il 31 maggio 2020 a Roma, lo stesso giorno in cui, cento anni fa si aprirono quarantadue giorni di festeggiamenti e celebrazioni per Ferrarin e Masiero nel Paese del Sol Levante.
L’impresa aviatoria venne ideata e concepita dai poeti-soldati Gabriele D’Annunzio e Harukichi Shimoi, che si erano incontrati tra le trincee della Grande Guerra, e aveva tutte le caratteristiche dell’avventura: condizioni meteo avverse, attraversamento di pericolose zone di guerra, sorvolo di regioni politicamente instabili e geograficamente proibitive ma anche paesaggi esotici e affascinanti. Tutti gli elementi, insomma, per scrivere una pagina memorabile della storia dell’aviazione. Shimoi era un sincero ammiratore dell’Italia che all’epoca insegnava all’Istituto di Lettere Orientali di Napoli. Il progetto, seppure con qualche variazione al programma iniziale del vate, venne accettato dalla Direzione Generale d’Aeronautica. Non potendo D’Annunzio partire perché asserragliato a Fiume, fu stabilito che l’impresa fosse compiuta da due formazioni, la prima di cinque caccia ricognitori SVA 9, la seconda di quattro bombardieri Caproni di diversi modelli, due Ca.450, un Ca.600 e un Ca.900 triplano. Le partenze dei Caproni da Centocelle, scaglionate tra loro, iniziarono l’8 gennaio 1920 ma nessuno di questi bombardieri andò oltre la Siria. Le cose non andarono meglio ai cinque SVA che partirono l’11 marzo.
A questo punto l’unica possibilità di portare a termine l’impresa era rappresentata dai due SVA 9 che furono fatti decollare il 14 febbraio per fare da staffetta alla formazione di biplani che di lì a poco li avrebbe seguiti. Gli aeroplani staffetta avrebbero dovuto verificare le località d’atterraggio, predisporre i rifornimenti e prendere contatti con le autorità locali. È in questo contesto che entrò in scena Arturo Ferrarin, pilota vicentino che durante il conflitto aveva militato nella 82a e nella 91a Squadriglia Caccia, la gloriosa Squadriglia degli Assi.
Ferrarin, chiese di poter decollare per il Giappone accompagnato da un altro aeroplano. Il 14 febbraio alle 11.00, ebbe inizio l’avventura, con i due SVA che si levarono in volo dal campo di Centocelle. Gli equipaggi erano formati dai piloti Arturo Ferrarin e Guido Masiero con i rispettivi motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto.
Lo SVA era un aeroplano di legna e tela, l’abitacolo era aperto e l’equipaggio era esposto al vento e alle intemperie, il radiatore non era adeguato per le alte temperature tropicali mentre il carrello era privo di carenature alle ruote, utili in caso di atterraggio su terreni difficili. A bordo non c’era la radio, la velocità si manteneva sensorialmente ed il pilota conduceva la navigazione unicamente con l’ausilio di orologio e bussola.
Il 31 maggio i due SVA giunsero a Tokio; prima Masiero e circa un’ora dopo Ferrarin. Ad attenderli c’erano duecento mila persone accorse per vedere i primi aeroplani arrivati in volo dall’Europa. A ricordo di questo volo da record lo SVA di Ferrarin fu collocato nel Museo Imperiale delle Armi a Osaka.
Nel corso delle celebrazioni, alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Generale di Squadra Aerea Alberto Rosso, del Presidente della Fondazione Italia/Giappone, Ambasciatore Umberto Vattani, e dell’Ambasciatore del Giappone in Italia Hiroshi Oe, è stata deposta una corona d’alloro al monumento commemorativo già esistente e restaurato per l’occasione, ed è stato possibile visitare una mostra dedicata al Raid.
“Un’impresa che nasce non come impresa di singoli ma come volontà di muovere in maniera strutturata e organica una formazione di aeroplani. Per questo è importante ricordare tutti: partendo da chi non ce l’ha fatta, fino ad arrivare a Ferrarin, Masiero ed i loro valorosi motoristi. Una dimostrazione del fatto che il pilota non è mai da solo e che è sempre il lavoro di squadra che porta il risultato.” Queste le parole del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare dopo aver ringraziato i famigliari degli equipaggi giunti a Roma per l’evento.
“Cerimonie come queste – ha continuato il Generale Rosso – non vogliono solo ricordare un avvenimento passato e personaggi interessanti che oggi non ci sono più. La storia ci deve aiutare a comprendere quello che è stato fatto in altri tempi ma che può essere d’esempio oggi. Ci deve aiutare, stimolare, consentirci di guardare umilmente il modo in cui tanti anni fa sono stati risolti problemi difficili, con determinazione, fantasia, grinta e spirito di avventura. Comprendere questo oggi ci aiuta a guardare verso il futuro. Oggi è lo Spazio la nostra nuova frontiera, utilizziamo nuove tecnologie, ma le sfide, concettualmente, son sempre le stesse, così come lo spirito di avventura, la capacità organizzativa, la grinta, la determinazione, l’attaccamento ai valori”.
La mostra storico-fotografica celebrativa dell’evento è stata realizzata dal Museo Storico AM in stretta sinergia con l’Ufficio Storico. Attraverso un percorso multimediale, pannelli fotografici, video, ricostruzioni virtuali e cimeli storici appartenuti ai familiari dei quattro aviatori ed alcuni di proprietà del Museo Storico AM, è stato possibile ripercorrere le tappe del Raid in un affascinante viaggio a ritroso nel tempo. Tra i pezzi più ammirati, l’album originale di disegni realizzati dai bambini giapponesi e donato a Ferrarin dall’imperatrice del Giappone.
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Vincenzo Grienti