26 marzo 1941: l’impresa di Suda
Seconda Guerra Mondiale.
Mediterraneo, Isola di Creta.
E’ l’alba del 26 marzo 1941, sei uomini a bordo di altrettanti “barchini esplosivi” puntano al cuore della base inglese nella Baia di Suda (nella foto sopra della Marina Militare). Sono il tenente di vascello Luigi Faggioni, il sottotenente di vascello Angelo Cabrini, il capo cannoniere Alessio De Vito, il capo motorista Tullio Tedeschi, il 2° capo meccanico Lino Beccati e il sergente cannoniere Emilio Barberi.
Si tratta di uomini straordinariamente coraggiosi, dotati di grande perizia e abilità marinaresche che, dopo aver superato ben tre ordini di sbarramento a protezione dei mezzi inglesi, riescono ad affondare l’incrociatore pesante britannico York e a danneggiare profondamente la petroliera Pericles, che affondò in seguito.
Il piano d’attacco funzionò impeccabilmente.
Gli incursori si avvicinarono il più possibile agli obiettivi, stabilizzarono il timone, quindi lanciarono i “barchini esplosivi” alla massima velocità contro i bersagli nemici, dopo essersi lasciati sbalzare in mare.
L’impresa della Baia di Suda è stata definita dagli storici come un’azione perfetta, quasi matematica, attuata con un sincronismo unico da sei uomini che, con straordinaria audacia e volontà d’acciaio, avevano raggiunto un grado di efficienza eccezionale.
Solo al sorgere del sole, gli inglesi realizzarono che non si era trattato di un attacco aereo, ma di un assalto dal mare. L’inaccessibile base di Suda era stata violata dagli uomini della Marina italiana che, in pochi minuti, avevano distrutto ventimila tonnellate di naviglio britannico.Tutti i protagonisti dell’eroica impresa si salvarono, ma furono fatti prigionieri dagli inglesi. Sei uomini diversi per grado, ma uguali per coraggio, per capacità e per tenacia combattiva ispirata alle più autentiche tradizioni della Marina italiana, ai quali, al ritorno in patria, fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Ai due autori materiali dell’affondamento dello York, Angelo Cabrini e Tullio Tedeschi, sono state recentemente intitolate le due omonime Unità Navali Polifunzionali ad Alta Velocità (UNPAV) destinate al Gruppo Operativo Incursori.
Ma cos’erano i famigerati “barchini esplosivi”?
Con la designazione generica barchino esplosivo si intende una serie di mezzi d’assalto sviluppati dalla Regia Marina a partire dal 1935. Durante la seconda Guerra Mondiale furono apportate numerose migliorie e furono costruiti diversi tipi di barchini, mantenendo pressoché inalterato il profilo d’attacco. Ne vennero realizzati circa 100 tra le diverse tipologie (M.A. – Motoscafo d’Assalto; M.A.T. – Motoscafo Avio Trasportato; M.T.M. – Motoscafo Turismo Migliorato/Modificato, la serie principale e più numerosa; M.T.R. – Motoscafo Turismo Ridotto; M.T.R.M. – Motoscafo Turismo Ridotto Modificato).
Di fatto essi non erano altro che motoscafi da turismo lunghi poco meno di cinque metri (circa 4,70 m.) e con pochissimo pescaggio (circa 65 centimetri).
In particolare, lo scafo, in legno con carena a spigolo a basso “V”, era suddiviso internamente da due paratie trasversali, non stagne, delimitanti l’alloggiamento del motore e della carica a prora, e dal posto di pilotaggio all’estrema poppa.
La coperta era realizzata in tela impermeabile nella zona prodiera, e in alluminio in corrispondenza del motore.
Era dotato di un potente motore a scoppio Alfa Romeo a sei cilindri da 75 HP.
La carica di scoppio consisteva in un cartocciere cilindrico contenente circa 300 Kg di Tritolital, esplosivo costituito da tritolite e polvere di alluminio, lo stesso usato per i siluri.
Il posto di pilotaggio era sistemato all’estrema poppa, il timone era a razze, simile allo sterzo di un autocarro; il pilota era seduto su un piccolo sedile a sbalzo rispetto allo specchio di poppa e basculante all’indietro per facilitare l’abbandono del mezzo da parte dell’operatore. In seguito il sedile fu dotato di uno zatterino sul quale il pilota, una volta catapultatosi in acqua, poteva salire per non subire gli effetti dell’esplosione.
Individuato il bersaglio, ad una distanza di circa 500 metri, il pilota lanciava il barchino alla massima velocità dirigendolo verso il centro della nave da attaccare, quindi bloccava il timone, si lanciava in acqua e saliva sullo zatterino.
Il barchino, urtando sullo scafo dell’obiettivo, affondava e armava il detonatore della carica.
Lo scoppio avveniva ad una certa profondità per ottenere il massimo effetto distruttivo dell’onda d’urto nei confronti della carena dell’unità attaccata.
E’ possibile ammirare un prototipo di MTM presso il Museo Tecnico Navale della Marina Militare alla Spezia, maggiore Museo Navale italiano e uno dei più antichi al mondo.
Il percorso espositivo dedica una consistente sezione alla nascita e allo sviluppo dei mezzi di assalto navali.
La tradizione italiana in questo settore nasce ben prima della Grande Guerra, ma proprio durante il primo conflitto mondiale si hanno le prime efficaci applicazioni con i MAS e la Torpedine Semovente Rossetti (denominata “Mignatta”).
I MAS furono protagonisti di eroiche imprese; fra le tante ricordiamo la famigerata Beffa di Buccari con Costanzo Ciano, Luigi Rizzo e Gabriele d’Annunzio, e l’Impresa di Premuda (con il MAS 15 conservato a Roma presso il Vittoriano) sempre con Luigi Rizzo e Giuseppe Aonzo.
La “Mignatta”, il cui unico esemplare al mondo è gelosamente custodito sempre nel Museo Navale della Spezia, fu protagonista con Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci dell’affondamento, il 1° novembre 1918, della corazzata austro-ungarica Viribus Unitis nel porto nemico di Pola, che di fatto concluse la ostilità.
Nel periodo fra le due guerre la tradizione dei mezzi d’assalto navali subì un notevole sviluppo con il miglioramento tecnico dei MAS e l’evoluzione dei siluri a lenta corsa, denominati “maiali” un cui esemplare è sempre conservato nel Museo della Spezia.
I maiali furono protagonisti, anch’essi di eroiche imprese durante la Seconda Guerra Mondiale. Fra tutte ricordiamo l’operazione GA3, avvenuta la notte fra il 18 e il 19 dicembre 1941, durante la quale sei uomini della Marina – De La Penne, Bianchi; Martellotta, Marino; Marceglia, Schergat – a cavallo di tre maiali, trasportati in zona dal mitico sommergibile Scirè, forzarono il porto nemico di Alessandria d’Egitto affondando in un solo colpo le due navi da battaglia britanniche Queen Elizabeth (33.550 t) e Valiant (27.500 t), danneggiando inoltre la nave cisterna Sagona (7.750 t) e il cacciatorpediniere Jervis (1.690 t).
Una tradizione, quella dei mezzi d’assalto navali, che ancora oggi vede l’Italia quale eccellenza a livello mondiale con il COMSUBIN, Comando Subacquei e Incursori della Marina di sede alle Grazie, proprio nel Golfo della Spezia
C.V. Leonardo Merlini
Direttore del Museo Tecnico Navale di La Spezia