15 aprile 1909. Quando Wright volò a Centocelle con Calderara
Wilbur Wright giunse a Centocelle, nella periferia sud-orientale di Roma, il 1° aprile del 1909. Sei anni prima, il 17 dicembre 1903, insieme al fratello Orville aveva progettato, realizzato e fatto volare una macchina a motore “più pesante dell’aria”. Centocelle non poteva ancora definirsi un aeroporto, ma nello spazio aereo sopra la via Casilina, poco distante dalla capitale, era iniziata una nuova alba per l’aviazione italiana. Wilbur Wright, dal 15 al 26 aprile al campo volo di Centocelle compì ben 67 voli, di cui 19 con passeggeri. Il quartiere periferico di Don Bosco venne raggiunto da decine di persone: militari, cronisti, curiosi, gente semplice. Tutti ad alzare il naso all’insù per assistere alle evoluzioni compiute da Wilbur con il suo apparecchio “Wright Flyer”. Nei cieli dell’Urbe si stava nuovamente vivendo la stessa febbrile trepidazione di pochi mesi prima a Vigna di Valle, sul lago di Bracciano, in occasione del primo volo del dirigibile N1.
Un’emozione che prima di ogni altro coinvolse Mario Calderara, un giovane ufficiale della Regia Marina appassionato di volo e molto interessato alle sperimentazioni condotte dai due ingegneri americani a Kitty Hawk, sulla spiaggia della cittadina statunitense situata nella contea di Dare, nella Carolina del Nord. Fu proprio il tenente di vascello Calderara ad intraprendere una fitta corrispondenza con gli inventori del “Wright Flyer” nei mesi che seguirono l’impresa di Kitty Hawk. Calderara voleva carpire i segreti e il funzionamento dell’aereo a motore in grado di compiere un volo prolungato governato da un pilota. Un interesse, quello dell’Italia per le macchine volanti a motore, scattato già un paio di anni prima dell’arrivo di Wilbur Wright a Centocelle quando in Francia Ferdinand Marie Léon Delagrange a bordo di un velivolo costruito dai fratelli Voisin aveva sperimentato con successo il primo volo il 6 maggio 1907 raggiungendo un’altezza di 4 metri per una distanza di 80 metri. Non a caso, secondo quanto emerge dai documenti d’archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Mario Calderara aveva ottenuto una licenza straordinaria semestrale per recarsi in Francia a scopo di studio presso lo Stabilimento di aviazione dei fratelli Voisin a Billancourt il 23 luglio 1908. Il 1° ottobre Calderara restava in terra francese con l’incarico di esercitarsi nel “maneggio e nel pilotaggio dei vari tipi di aeroplani in esperimento presso gli stabilimenti privati francesi”. L’amicizia tra Wilbur Wright e Mario Calderara proseguì lettera dopo lettera e, grazie anche all’impegno del Circolo degli Aviatori, fondato tra gli altri dal maggiore Maurizio Moris, furono creati i presupposti per far arrivare a Roma il fratello maggiore tra i due pionieri dell’aria.
Il 9 aprile Wilbur venne ricevuto in udienza particolare dal Re, interessato alle nuove idee del volo. Poi, come si legge dalle fonti archivistiche dell’Aeronautica Militare, venne accolto dallo stesso maggiore Moris che per 50.000 franchi aveva acquistato il velivolo dei Wright accordandosi per una serie di esibizioni e voli di addestramento al pilotaggio per lo stesso Calderara e per il tenente del genio Umberto Savoia. Proprio il Circolo degli Aviatori di Roma aveva richiesto l’esigenza di destinare un ufficiale di Marina per coadiuvarlo nell’acquisto di un aeroplano “Wright” al fine di apprenderne l’uso e il governo. Così Calderara si ritrovò a ricevere lezioni di volo a Centocelle da Wilbur a bordo dell’omonimo aeroplano: un Wright N°4 costruito in Francia dalla ditta “Bariquand & Marre”.
Alle 18:00 del giorno 15 aprile, si legge dalle fonti d’archivio dell’Aeronautica Militare, “si apre l’aviorimessa, l’aeroplano esce e, fatto avanzare su due ruote staccate, traversa il prato per venire poi piazzato sulla rotaia”. Wilbur Wright è pronto: “…L’ordine vien dato, un rombo e le eliche sono in moto. L’aeroplano scivola sulla rotaia, si lancia in avanti, s’innalza. S’innalza sempre più, proseguendo in un volo sicuro, meraviglioso, verso la campagna romana. È già lontano, gira, si avvicina, passa sulle teste a venti metri, maestoso, un urlo unanime palesa tutta la commozione e l’ammirazione della folla. Wright continua a volare, si alza ancora e fila verso la torre di Centocelle, passandovi sopra. Un altro giro ancora, e calando lievemente ripassa accanto alla folla e si dirige con volo sempre più basso verso l’aviorimessa, dove prende terra leggermente. Un autentico trionfo. Il volo era durato dieci minuti, a un’altezza massima di trenta metri”. Il giorno seguente, il 16 aprile, Wright effettuò quattro voli: il primo della durata di dieci minuti con il suo primo allievo, l’amico Mario Calderara, il secondo di otto minuti con il tenente Umberto Savoia, il terzo, di sei minuti, con il capitano Castagneris, segretario del Circolo degli Aviatori, e il quarto, di otto minuti, con l’onorevole Sydney Sonnino, ex presidente del Consiglio.
Le cronache del tempo tratteggiarono il profilo di Wilbur Wright come quello di un uomo scrupoloso, silenzioso e attento, anche se il secondo giorno da Villa Cellere, dove alloggiava, arrivò in ritardo all’hangar di Centocelle dov’era custodito l’aeroplano. Wilbur prima del decollo effettuò una serie di controlli:“Ha sollevato una banderuola bianca per studiare il vento ed ha giudicato conveniente mutare la disposizione della rotaia su cui doveva slittare al momento della partenza l’aeroplano – scrive Il Secolo del 17 aprile 1909 -. Questa operazione ha portato via altri minuti tra la contrarietà degli spettatori, stanchi della lunga attesa. Wilbur Wright sembrava godere del disappunto che portava tra la folla alla quale sapeva di poter riservare sensazioni indimenticabili”. Alle 10.10 l’aeroplano era pronto. Wright provò il motore. A fianco il tenente di vascello Calderara attendeva di essere invitato a salire sul velivolo. Gli occhi della folla erano rivolti tutti sulla macchina e c’era chi si era dotato di binocoli per osservare meglio. Wright fece un cenno a Calderara il quale si sedette sul seggiolino di destra a lato del motore. All’esterno sedeva invece Wright. Infine il decollo: “L’aeroplano slitta sulla rotaia dapprima lentamente, poi, liberandosi di ogni appoggio, veloce come una vaporiera si lancia ad un metro dal suolo, sempre salendo proporzionatamente alla conquista dello spazio – scrive il cronista de Il Secolo del 17 aprile 1909-. Wright ha diretto l’aeroplano verso Tor Pignattara e si è accostato alla torre ad una altezza di oltre 15 metri. Con manovra rapida egli è quindi ritornato velocemente in linea retta verso il pilone quindi ha deviato verso via Casilina, mettendo in iscompiglio i cavalli di una pattuglia di guardie di città. L’aeroplano, ad una altezza variante dai dieci ai trenta metri ha compiuto il giro completo della distesa, portandosi fin verso via Casilina”.
Uno scorcio di cronaca locale che dà il senso di ciò che avvenne negli undici giorni di permanenza di Wilbur a Roma. I voli di Wright continuarono, infatti, fino al 26 aprile e nell’ultimo, con a bordo sempre Mario Calderara, Wilbur Wright tentò per la prima volta l’esperimento di partire senza l’aiuto della rotaia. Dopo aver slittato con i pattini dell’apparecchio sull’erba del prato del campo volo di Centocelle per un tratto di 150 metri, l’aeroplano decollò compiendo una lunga evoluzione. Un’altra pagina di storia aeronautica era stata scritta alla periferia della capitale. Per undici giorni quella periferia era diventata il centro della storia italiana del volo e Mario Calderara l’aveva vissuta da protagonista.
A cinque mesi dalle lezioni di volo con Wilbur Wright l’ufficiale partecipò al circuito aereo internazionale di Brescia dove ottenne per acclamazione il brevetto di pilota di aeroplano, il primo pilota italiano di aereo con brevetto n°1. Nel 1911 Calderara costruì il primo idrovolante italiano che volò l’anno successivo. L’evoluzione della tecnica aeronautica e del progresso ben presto entrò negli anni bui di quella “inutile strage” che fu la Grande Guerra. Nessuno delle persone che in quell’aprile del 1909 si trovava a Centocelle avrebbe immaginato che un giorno, dieci anni più tardi, l’Europa e il mondo avrebbe contato migliaia di decine di morti, di giovani, partiti per il fronte e mai più tornati a casa.
Ma quel 1909, a Roma-Centocelle, restò un ricordo per quanti videro passare sopra le loro teste il rumoroso e scoppiettante “Wright Flyer” la cui reliquia dotata di alcune parti originali come il serbatoio, le due eliche e il motore, ancora funzionante, è oggi custodita ed esposta al pubblico presso il Museo storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle, sul lago di Bracciano, uno degli spazi museali dedicati all’aviazione più importanti d’Europa.
Vincenzo Grienti