Jerzy Sas Kulczycki. Una vita per l’Italia
La storia d’Italia e della Seconda guerra mondiale è ricca di episodi tragici ed eroici allo stesso tempo. Questa storia potrebbe essere un film, ma invece è realtà. E’ la storia di un ufficiale di Marina, un capitano di fregata, Jerzy Sas Kulczycki, di origini polacche, ma nato a Roma il 24 dicembre 1905. La sua vicenda si staglia sullo sfondo dei giorni a tinte grigie e fosche che seguirono lo sbarco alleato in Sicilia e l’armistizio dell’8 settembre 1943. Sono i mesi in cui molti giovani, tra i quali gli oltre 650mila Internati Militari Italiani, dissero “No” al nazi-fascismo. Tra questi proprio il comandante Kulczycki che nei campi nazisti non ci arrivò neppure. Venne fucilato in quello che per molti è stato considerato “il crocevia del destino”, ossia Fossoli, luogo di prigionia, ma soprattutto di transito di circa 5.000 internati militari, politici e razziali che ebbero come destinazione i campi di Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dachau, Buchenwald e tanti altri. L’ufficiale della Regia Marina fu allievo all’Accademia Navale di Livorno dal 1921 e nel 1927 e poi conseguì la nomina a guardiamarina. Promosso sottotenente di vascello nel 1929 e tenente di vascello nel luglio 1932, prestò servizio continuativo sulle navi da battaglia, ad eccezione del periodo novembre 1928 – maggio 1929 in cui prestò servizio presso il distaccamento Marina di Tientsin, in Cina, e del periodo novembre 1929 – luglio 1930 in cui frequentò il Corso Superiore all’Accademia Navale. Promosso capitano di corvetta nel marzo 1940 si imbarcò sulla corazzata “Littorio” con l’incarico di 1° Direttore del Tiro. Infine la promozione a capitano di fregata nel gennaio 1943. E fu a bordo della corazzata “Conte di Cavour”, a Trieste per lavori, che arrivò l’8 settembre 1943.
Proprio nell’ottobre del 1943, la presenza a Roma e nell’Italia occupata dai tedeschi di moltissimi militari capaci di effettuare operazioni di guerriglia mise in moto idee e azioni del colonnello del genio militare Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, di far nascere un Fronte clandestino militare, al fine contrastare gli ex alleati tedeschi. La stessa cosa pensò di fare Jerzy Sas Kulczycki, nome in codice “Ammiraglio Orione”, “Sassi” oppure “Ducceschi”. Si trovava a Venezia e fuggì alla cattura con alcuni commilitoni e si allontanò dalla Serenissima prima arrivando a Sacile e poi dandosi alla macchia sulle montagne. Qui iniziò a riorganizzare gruppi e reparti di militari sbandati in Veneto. Occorreva però stare molto attenti. Al nord non mancano delatori e spie. I rastrellamenti nazisti erano sempre dietro l’angolo e questo portò a trasferirsi prima a Treviso e poi a Montebelluna. Era l’ottobre 1943 quando a Bavaria, nel Trivignano, si organizzò un’assise alla quale parteciparono uomini politici di tutte le estrazioni, ma anche volontari civili e ufficiali. Al centro del dibattito la formazione di un esercito clandestino con un’apposita gerarchia, ben delineata e riconosciuta. Al termine dell’incontro la nomina di Kulczycki a Comandante generale delle Forze Armate della Patria (FADP). A questo gruppo di militari che avrebbero operato principalmente in Veneto aderirono numerosi ufficiali degli alpini e di cavalleria. Kulczycki, che già si era distinto per numerose attività in seno alla Regia Marina per le sue doti tattiche e strategiche, mise in piedi una struttura operativa non senza però opposizioni da parte di altri leader di gruppi e reparti che parteciparono alla guerra di Liberazione. Un’attività clandestina, la sua, che ebbe una battuta d’arresto il 22 dicembre 1943 quando a Venezia alcuni componenti della FADP vennero fermati. L’ufficiale della Regia Marina, però, riuscì a rimanere nell’ombra e a trasferirsi in una città ancora più pericolosa di Venezia a quei tempi, ossia Milano. Nel capoluogo lombardo Kulczycki organizzò quello che venne riconosciuto e denominato VAI, Volontari armati italiani, un vero e proprio corpo militare clandestino, ma apolitico, che avrebbe dovuto condurre non poche azioni per “liberare” l’Italia dal nazi-fascismo. Alla fine del ’43 il Comando Supremo, con messaggio trasmesso dalla Stazione Radio di Bari, lo nominò capo di stato maggiore della nuova organizzazione. Kulczycki, che tutti in questo periodo conoscevano con il nome di “comandante Sassi” prese contatto con il tenente di cavalleria Aldo Gamba, nome in codice “tenente K” e facente parte della rete clandestina “Reseau Rex”.
Il VAI era organizzato in sezioni e nuclei sparsi nel nord Italia ed aveva un regolamento peraltro approvato a Genova agli inizi del 1944. Nell’ambito del VAI furono reclutati anche civili, molti dei quali, anche per volontà di Kulczycki, compirono numerose attività di carattere informativo a favore degli Alleati anglo-americani, ma anche azioni di sabotaggio. I componenti del VAI erano ricercati dalle milizie della Repubblica sociale italiana convinti che il VAI era da considerarsi un’organizzazione pericolosa, una spina nel fianco, e per questo si interessò personalmente il sotto segretario di stato per la Marina della Repubblica Sociale, il comandante Ferrini. Fu proprio lui a segnalare ai tedeschi le operazioni clandestine dell’ufficiale di origini polacche. Nel confronti di Kulczycki, infatti, venne emessa una taglia considerevole, pare di circa mezzo milione di lire, che ai tempi era una grossa somma. Questo moltiplicò l’impegno dei collaborazionisti della Rsi e dei soldati del Terzo Reich con la conseguenza quasi immediata di numerosi arresti di persone vicine a Kulczycki. Tuttavia, nonostante i rischi e il pericolo sempre dietro l’angolo, l’ufficiale della Regia Marina, continuò la sua attività senza sosta mettendo a punto un piano di sabotaggio della città di Genova e degli snodi ferroviari. Un’operazione che doveva essere attuata nel giugno del 1944. Purtroppo, però, all’interno del gruppo formato da Kulczycki si infiltrò una spia che, pur di accaparrarsi la taglia, fece arrestare dalle SS altri uomini del comandante “Sassi”. Un colpo che portò pian piano a risalire anche agli altri capi del VAI di Milano. Kulczycki, invece, venne catturato a Genova, il 15 aprile 1944 e rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano. Non pagò, anche da lì riuscì a proseguire la sua attività patriottica, ma anche lui come molti suoi compagni venne trasferito nel famigerato campo di concentramento di Fossoli.
Qui non mancarono torture e sevizie da parte dei nazisti con l’obiettivo di farsi rivelare preziose informazioni, ma Jerzy non cedette e restò fermo nelle sue idee e convinzioni senza tradire nessuno. Il 14 luglio 1944 venne fucilato. E’ stato decorato della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.
Per approfondire:
La partecipazione della Marina nella guerra di liberazione (fonte: Marina Militare)
Centro Studi Fossoli, “Uomini donne memoria” Jerzi Sas Kulczycki