1 maggio 1941, New York: esce al cinema “Quarto Potere”
Un classico della cinematografia che tratta i temi del giornalismo e del rapporto tra editori e redazioni. Citizen Kane è il vero titolo di una pellicola firmata dal grande regista Orson Welles, lo stesso che aveva creato il panico con la trasmissione radiofonica “La guerra dei mondi”. Lo stesso che decide di raccontare l’ascesa e la caduta di Charles Foster Kane, figlio di genitori con modeste possibilità economiche. Un soggetto ispirato alla vita del magnate della carta stampata Randolph Hearst. Il film, considerato uno dei migliori mai prodotti nella storia della cinematografia statunitense. La storia inizia con il ritrovamento del cadavere di un uomo ricco e potente che pronuncia la parola «Rosebud». Chi o cosa è Rosebud? Dal cartello “No trespassing”, alla macchina da presa che scorre lungo la cancellata della dimora del magnate dei giornali fino a questa sconosciuta parola, la musica di Bernard Hermann accompagna lo spettatore fino al primissimo piano di quella bocca che pronuncia “Rosebud”, ossia Rosabella. Una palla di cristallo scivola dal morente Kane e la misteriosa e ultima parola Rosabella manderà in delirio i cronisti d’assalto. Chi era davvero Kane? Cosa e perché lo ha fatto morire ansimando la parola “Rosabella”. E’ così che un giornalista inizia a cercare quasi l’introvabile lungo la pista di una vita fatta di contraddizioni e megalomanie. Il cronista intervista amici, nemici, ex amanti, gente che voleva sottrarre soldi a Kane. Esce fuori il tratto di un personaggio controverso, dalle mille sfaccettature, un ragazzo che è diventato subito, forse troppo presto, uomo con in mano un potere troppo grande per lui. Forse incapace di gestire un potere perché immaturo, perché consapevole di essere proprietario non solo di beni materiali illudendosi di avere il potere della proprietà anche sulle persone e sulla loro vita. Un padre-padrone il cui ritratto è quello di un uomo individualista e volitivo. Charles Foster Kane porta avanti imprese eccellenti, entusiasmanti e stravolgenti, ma sempre in bilico. Dietro l’angolo, molto spesso anche per colpa sua, si nascondono disastri. Questo è il “Quarto potere”, quello che è insito nei mass media, piegati alle volontà di un individuo spregiudicato e non curante degli altri che non andrà a finire bene.
Il cronista che ripercorre la vita di Kane comprende che l’esistenza dell’imprenditore dell’editoria americana è minata da tanti buchi neri. Sin da quando egli era bambino la madre eredita una grossa fortuna che passerà al figlio. Da qui un’educazione ferrea, lontana dai suoi genitori che pensano a un futuro per il proprio bambino relegato alla posizione sociale ed economica. Kane da parte sua è un ragazzo intelligente, con una forte volontà. Grandi idee, coraggio e impavido dal temperamento vulcanico. Quando l’ambizione, non sana, lo prende d’assalto si tuffa nel giornalismo. Il suo impero di carta cresce di giorno in giorno fino ad arrivare ad acquistare ben trentasette giornali. Poi dopo aver controllato gran parte della Stampa decide di entrare in politica, ma quando sta per essere eletto governatore un avversario inizia a screditarlo sulla sua vita privata. Così riuscirà a stroncarlo. La sua vita diventa un inferno: l’imminente divorzio dalla moglie gli costerà una cifra. Il figlio morirà con lei in un incidente automobilistico. Distrutto, ma mai piegato e sempre arrogante e pretestuoso, Kane sposa una soubrette che ama da tempo. E’ sempre mosso da una sfrenata ambizione e cercherà in tutti i modi si sostenerla e imporla al pubblico. Non riuscirà neppure con la forza dei dollari a far “sfondare” la cantante nonostante per lei abbia fatto costruire un teatro da favola. Non pago inizia a far costruire un castello maestoso dove conserverà immensi tesori d’arte. Sarà li che andrà ad abitare con la moglie-cantante. Tuttavia verrà abbandonato anche da lei: la solitudine, seppur ricca e fastosa, allontana ogni forma di affetto e di amore. Kane muore in solitudine pieno di rimpianti, di ricordi, di una vita ove non ha mai potuto godere dell’infanzia e del calore familiare. Addirittura rimpiange la povertà e i giochi innocenti di quando era ragazzo.
Finisce così la vita di Kane e il giornalista che è stato sulle sue tracce, che porta il nome di Jerry Thompson, incaricato di scoprire dal direttore di un cinegiornale proprio ciò che si celava dietro la vita del magnate dell’editoria e dietro la parola “Rosabella”. E’ nell’ufficio del defunto banchiere Walter Parks Thatcher che, leggendo le sue memorie, scopre che l’infanzia di Kane è iniziata in povertà nel Colorado. Ma non riuscirà a scoprire cosa vuol dire “Rosabella”. Lo dirà Orson Welles al pubblico nelle ultime scene del film. “Rosabella” non è altro che il marchio dello slittino con cui Kane da piccolo stava giocando quando fu costretto a lasciare la sua casa in Colorado.
Il film diretto e interpretato da Orson Welles vede tra i protagonisti Joseph Cotten e Dorothy Comingore, oltre a un cast di giovani promesse di Hollywood. La pellicola esce nel 1941, ma non mancano le polemiche e i dibattiti sul messaggio che vuole dare agli Stati Uniti e soprattutto all’opinion pubblica americana sempre molto attenta alla politica e al ruolo dei mass media nella società a stelle e strisce. Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges nell’anno dell’uscita del film di Welles sottolinea come lo sforzo del regista statunitense si concentra sul risultato: quello cioè di un “giallo metafisico” costruito sull’indagine psicologica, condotta sotto forma giornalistica dal cronista Thompson, sugli aspetti più intimi e nascosti della personalità di un uomo, mediante le parole di chi durante la sua vita lo conobbe a fondo. La critica cinematografica, ma anche filosofica rivolta al film di Welles è quella che parte proprio dal protagonista. L’imprenditore Kane è l’emblema di un’America forte in un mondo che è uscito prima dalla Grande Guerra, poi dall’epidemia di “spagnola” e infine, faticosamente, dalla crisi economica del 1929.
C’è poi da sottolineare un notevole numero i persone, anche influenti, che cercarono di boicottare la pellicole e le recensioni sulla stampa. Lo stesso Hearst ne vietò la recensione da tutti i giornali e le radio di sua proprietà. Tuttavia, nel 1942 Quarto potere ottenne nove nomination vincendo l’Oscar solo per la migliore sceneggiatura originale.
Giulio Marsili