Francesco Arancio: da ufficiale del Corpo dei finanzieri delle Due Sicilie a rinomato idrografo e cartografo
Non ebbe purtroppo, nel lontano 1986, la possibilità di conoscere e approfondire meglio le singole storie riferite agli uomini che avevano dato vita al glorioso Corpo delle Guardie dei Dazi Indiretti, operante nel Regno delle Due Sicilie dal 1809 al 1861, ma siamo certi che lo storico Giuliano Oliva, se solo avesse appreso l’importanza dell’opera di Francesco Arancio, Tenente delle stesse Guardie a Palermo, gli avrebbe dedicato un libro a parte, o comunque un apposito capitolo della sua magistrale opera editoriale[1]. In verità, la scarsità di notizie biografiche legate a questo importante uomo di scienza e militare Siciliano, non consentono, ancora oggi, di stilare un libro ad hoc, ma certamente non giustificano ulteriori silenzi da parte della storiografia moderna, la quale potrebbe trarre spunto dal presente saggio per ulteriori approfondimenti su questo formidabile personaggio che tanto lustro ha conferito e conferisce tuttora anche alla grande famiglia delle Fiamme Gialle.
- Le origini di un grande cartografo.
Sono incerte le origini storiche della famiglia Arancio di Palermo, peraltro presente sin dall’antichità in varie località dell’isola. Alcuni suoi rami la legano a Salemi, in provincia di Trapani, località d’origine di un celebre Chierico Palermitano, Don Vincenzo Gaspare Arancio[2], ovvero di Pachino, Siracusa, città di nascita di Don Litterio Arancio, medico, letterato e scienziato molto noto al suo tempo, verosimilmente padre del nostro protagonista, citato dalla bibliografia Siciliana per aver dato alle stampe, nel 1798 a Palermo, il celebre “Discorso storico-fisico di Litterio Arancio sull’atmosfera di Pachino”[3]. Le prime notizie concernenti Francesco Arancio ci portano agli anni della c.d. “Restaurazione”, quando Re Ferdinando di Borbone, dopo la parentesi francese, lasciò Palermo alla volta di Napoli. Attorno al 1817 troviamo il giovanissimo Francesco allievo del già allora famoso Istituto Nautico “Gioeni – Trabia” di Palermo, sul quale è doveroso soffermarci per un attimo, volendo ricordare quanto il medesimo sia stato importante per la formazione del nostro protagonista. Ebbene l’Istituto era stato fondato nel 1789 da Monsignor Gioeni dei duchi d’Angiò, considerato dai contemporanei un prefetto conoscitore dei problemi della Sicilia, ma soprattutto annoverato come un benefattore di grande generosità. L’uomo di Chiesa, tenendo in considerazione il fatto che l’Isola ricoprisse una notevole importanza economica, ancora scarsamente utilizzata nonostante la sua centralità nell’ambito del Mediterraneo, aveva compreso quanto fosse deleteria l’incapacità di taluni Comandanti di bastimenti mercantili Siciliani nella gestione del commercio, al punto che molti di loro <<non sapevano né leggere né scrivere e sconoscevano la scienza della navigazione>>. Ciò aveva determinato il ricorso dei commercianti Siciliani alla marineria straniera, presso la quale furono costretti a noleggiare i bastimenti mercantili. Fu a quel punto che Monsignor Gioeni decise di fondare a Palermo un “Seminario Nautico” presso il quale formare Capitani marittimi e gente di mare adeguata allo scopo. La prima sede del Nautico fu un edificio sito all’Acquasanta, di proprietà dello stesso Gioeni. Il “Seminario…” accorse inizialmente a convitto 12 alunni paganti e 12 alunni ammessi gratuitamente, di età compresa tra i 12 e i 18 anni, i quali, però, dovevano aver già navigato almeno due anni, secondo una consolidata tradizione inglese in virtù della quale la pratica di mare dovesse precedere la teoria della navigazione. Monsignor Gioeni, che qualche anno dopo chiese ed ottenne dal Re di Napoli opportuni finanziamenti, per quello che a quel punto sarebbe diventato il “Real Seminario Nautico”, affidò la direzione dell’Istituto all’Ufficiale della Real Marina Borbonica Giovanni Fileti, mentre la gestione amministrativa l’affidò a Don Pietro Lanza di Trabia, il quale assunse il titolo di Deputato Unico.
Alla morte di Monsignor Gioeni (nel 1798), la direzione rimase al principe di Trabia, mentre nel 1792 l’Istituto, in cui il numero degli alunni era, nel frattempo, notevolmente aumentato, fu trasferito nell’ex Convento dei Padri Mercedari al Molo. E furono proprio nelle aule di quel vecchio Convento che fu educata la migliore gioventù di quel tempo, la stessa che avrebbe dato luogo alla grande Marina Mercantile Siciliana, quella che avrebbe solcato i mari del mondo intero, con Capitani passati alla storia sia per perizia che per coraggio. Il Collegio Nautico di Palermo divenne, in un breve lasso temporale, il fulcro degli studi nautici dell’isola, peraltro collaborando alla costruzione delle prime navi mercantili, rettificando la Carta piana del Mediterraneo, introducendo in Sicilia la fabbricazione, la riparazione e la regolazione degli strumenti nautici. Non solo, ma furono gli stessi alunni a redigere un piccolo trattato di navigazione, dal titolo “Compendio di navigazione per uso della Marina Mercantile”, il quale fu poi esteso anche alle altre Scuole fondate dal “Real Seminario” a Cefalù, Messina e Trapani. Ma non era finita qui, in quanto all’interno dell’Istituto fu istituito, ai primi dell’Ottocento, un Osservatorio Astronomico, mentre, dapprima al Molo e poi alla Cala, fu allestita una Scuola pratica di navigazione, che in seguito fu resa obbligatoria per il conseguimento della patente nautica. La storia dell’Istituto ci ricorda, infine, che alla morte di Don Pietro Lanza di Trabia, la direzione del “Real Seminario” fu assunta dal figlio Don Giuseppe Lanza, mentre a Michele Fileti, figlio del Capitano Giovanni, morto il 25 aprile del 1817, spettò la Direzione tecnica. E fu proprio a seguito della scomparsa di Don Giovanni Fileti che troviamo il nostro allievo Francesco Arancio tra i <<discepoli>> sottoscrittori (con il versamento, nel corso dello stesso 1817, di 1 “onza”, lgs. oncia, moneta allora in uso nel Regno) per la realizzazione di un monumento in suo onore, monumento la cui realizzazione fu commissionata al famoso scultore Valerio Villamarina e che fu poi inaugurato il 27 marzo del 1819 nella Chiesa di Santa Maria del Popolo, al Molo, ormai scomparsa[4]. Diplomatosi Capitano Marittimo nei primi anni ’20, Francesco Arancio operò, molto probabilmente, nell’ambito della stessa Marineria Mercantile delle Due Sicilie, prima di entrare a far parte del Corpo delle Guardie dei Dazj Indiretti, la Milizia Doganale voluta da Re Gioacchino Murat nel lontano 1809, nella parte continentale del Regno ed estesa alla Sicilia solo nel 1826, per effetto del Real decreto del 19 aprile. Il giovane Palermitano fu, sin da subito, affascinato dagli studi sulla navigazione, specializzandosi ben presto in idrografia. Negli anni trascorsi al Nautico egli aveva appreso anche l’arte del disegno, sia quello a china che all’acquerello, che in seguito gli avrebbe consentito di abbellire le proprie opere cartografiche con speciali ornamenti, cartigli e legende, minuziosamente realizzate con precisione amanuense di Medievale memoria. Nel corso del 1828 diede alle stampe, per i tipi dell’editore Filippo Solli di Palermo il poco conosciuto “Il Navigatore Pratico, ossia trattato completo di Navigazione”, il quale sarebbe stato di lì a poco utilizzato sia presso il “Real Seminario” di Palermo che presso gli omologhi Istituti Nautici sparsi per il Regno delle Due Sicilie[5].
- L’ufficiale delle Guardie dei Dazj Indiretti.
Entrato a far parte del Corpo dei Finanzieri delle Due Sicilie, molto probabilmente sul finire di quegli stessi anni ’20, ovvero ai primi dei successivi anni ’30, nel 1844 troviamo Francesco Arancio, ormai maturo quarantenne, rivestire il grado di Tenente d’ordine presso la Controlleria dei Dazj Indiretti operante nel seno della Gran Dogana di Palermo (Direzione Provinciale dei Dazj Indiretti di Palermo), in quel frangente storico retta da Controlloro attivo Don Emmanuele Salinas[6]. Il Salinas, già allora celebre paleontologo e archeologo siciliano[7] era un uomo di scienza, ragion per cui vide nel Tenente Arancio il collaboratore che avrebbe sicuramente potuto apportare all’Amministrazione dei Dazj Indiretti molti vantaggi, anche sul piano dell’organizzazione degli uffici e del servizio. Anche per tale vicinanza d’interessi, i due ufficiali ebbero modo di collaborare attivamente, almeno sino al 23 luglio del 1850, data nella quale, con Real decreto il Salinas fu promosso Ispettore sedentario e, quindi, trasferito alla Direzione del Porto Franco di Messina. Al posto del Salinas assunse il Comando delle Guardie presso la Gran Dogana il Controlloro attivo di 2^ classe Don Carlo Gemelli, anch’egli uomo di elevata cultura, destinato a proseguire la carriera nell’Amministrazione, sino a raggiungere il grado di Ispettore dei Dazj Indiretti. E fu lo stesso Arancio che ci tenne molto a dichiarare la propria professione, allorquando diede alle stampe l’opera che lo avrebbe reso famoso in tutt’Europa.
Ci riferiamo alla celebre “Guida statistica su la Sicilia e sue isole adjacenti, con carta coroidrografica-doganale-statistica anche di Malta e Gozo per uso degl’impiegati doganali, di altre regie amministrazioni e de navigatori commercianti e viaggiatori”, la quale fu edita per i tipi della celebre tipografia Palermitana di Don Bernardo Virzì, allora attiva in Via Sant’Anna, civici 31 e 32. Ed è proprio dalle prime pagine dell’opera che apprendiamo come l’ufficiale dei Finanzieri borbonici avesse eseguito quell’imponente lavoro, peraltro completato con importantissime tavole sinottiche, con elementi legati sia al commercio marittimo che al servizio doganale, postale, ecc., oggi veramente indispensabili per chiunque volesse comporre studi, anche di natura economica riguardo alla Sicilia di quel tempo, <<…per incarico e segno di attaccamento>> nei riguardi di quello stesso “Real Seminario Nautico” del quale era stato “discepolo”[8]. La carta relativa alla situazione coroidrografica della Sicilia era stata disegnata dallo stesso idrografo Arancio nel corso del 1843, nel pieno delle attività di quel celebre uomo di scienza che fu il Marchese Vincenzo Mortillaro di Villarena, al quale il Governo Borbonico aveva affidato, sin dal 1837, l’incarico di completare le operazioni Catastali in Sicilia, avvalendosi, quindi, del relativo supporto cartografico, affidato ad architetti, ingegneri, agrimensori, periti urbani e, in genere, a cartografi al servizio della Pubblica Amministrazione, come lo era per l’appunto anche l’Arancio. Vale la pena aggiungere come un’opera come quella realizzata dall’ufficiale dei Dazj Indiretti sia da ritenersi uno straordinario documento storico, il quale – come si accennava prima – ci consente oggi di conoscere la configurazione del territorio e delle città in quel frangente storico. Al grande successo riscosso dalla “Guida…”, anche a livello internazionale, tanto da essere citata dai corrispondenti scientifici di mezza Europa, seguì un’altra importante realizzazione, le altrettanto poco conosciute “Tavole di confronto delle monete, pesi e misure di Sicilia colle principali piazze di Europa”, opera edita nel 1846 per i tipi della egualmente celebre Stamperia di Giovanni Pedone, con librerie di vendita sempre a Palermo, in via Toledo, 2021 e via Maqueda, 147[9]. Risale, invece, al 1847 la realizzazione della “Carta della Sicilia antica e moderna. Prospetto della situazione delle dogane e posti di guardia dipendenti dalle sei direzioni provinciali dei Dazj Indiretti in Sicilia”, ancora una volta stampata dal Pedone. Attorno al 1850, il Tenente Arancio realizzò un’altra importante tavola, oggi conservata presso l’Archivio di Stato di Palermo, riguardante la realizzazione di una gru per il sollevamento dei carichi, da allestire presso la c.d. “Doganella”, mentre nel 1852 diede alle stampe il “Formolario, ossia istruzioni tecnico-pratiche sulla Legge della navigazione di commercio dei 25 febbraio 1826”, edita nella stessa Palermo[10].
Da questa data in poi non disponiamo, purtroppo, di altre notizie sul conto del cartografo e idrografo Siciliano. È verosimile ritenere che la sua carriera nel Corpo delle Guardie dei Dazj Indiretti non arrivò alla Spedizione dei Mille, considerata ormai l’età raggiunta dall’Arancio. Scarse sono, infine, anche le notizie sul conto della sua famiglia. Ovviamente non sappiamo se egli si fosse sposato o meno e se avesse avuto dei figli. Possiamo solo ipotizzare che in qualche maniera sia stato legato a lui quel Francesco Arancio, pittore nato a Palermo nel 1844 e che aveva appreso l’arte sotto la direzione dell’insigne Maestro Salvatore Lo Forte, già celebre nel 1870, allorquando fu premiato all’esposizione di Palermo per il quadro dal titolo “Un garibaldino ferito”[11].
Col. Gerardo Severino
Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza
[1] Cfr. Giuliano Oliva, I Corpi di Finanza del Regno delle Due Sicilie, Rima, Edizione Museo Storico della Guardia di Finanza, 1986.
[2] Cfr. Antonino Mongitore, Palermo Divoto di Maria Vergine e Maria Vergine protettrice di Palermo, Tomo 2°, Palermo, Stamperia di Gaspare Bayona, 1720, p. 326.
[3] Cfr. Sebastiano Salomone, Le Provincie Siciliane studiate sotto tutti gli aspetti, Vol. I – Provincia di Siracusa, Acireale, Tipografia Mario Ragonesi, 1884, p. 192.
[4] Cfr. Alfonso Sansone, Storia del R. Istituto Nautico Gioeni – Trabia (1789 – 1892), Palermo, Tipografia Filippo Barravecchia, 1892, p. 86.
[5] Cfr. Giuseppe M. Mira, Saggio di Giunte e correzioni alla Bibliografia Siciliana, in <<Archivio Storico Siciliano. Pubblicazione periodica per cura della Scuola di Paleografia di Palermo>>, Palermo, Stabilimento Tipografico Virzì, 1876, p. 323.
[6] Cfr. Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie per l’anno 1843, Napoli, Stamperia Reale, 1843, p. 355.
[7] Cfr. Vincenzo Mortillaro, <<Giornale di scienze lettere e arti per la Sicilia diretto dal Barone V. Mortillaro>>, numero di luglio, agosto e settembre 1841, Palermo, Stamperia Oretta, 1841, p. 89.
[8] Cfr. Paolo Militello, L’isola delle Carte. Cartografia della Sicilia in età moderna, Milano, Franco Angeli Storia, 2004, p. 77.
[9] Cfr. Giuseppe M. Mira, Bibliografia Siciliana, ovvero Gran Dizionario Bibliografico delle opere edite e inedite, antiche e moderne di autori siciliani o di argomento siciliano, stampate in Sicilia e fuori, Vol. I, Palermo, Ufficio Tipografico G. B. Gaudiano, 1875, p. 46,
[10] Cfr. Giuseppe M. Mira, Saggio di Giunte e correzioni alla Bibliografia Siciliana, in <<Archivio Storico Siciliano. Pubblicazione periodica per cura della Scuola di Paleografia di Palermo>>, op. cit., p. 324.
[11] Cfr. Angelo De Gubernatis, Piccolo Dizionario dei Contemporanei Italiani, Roma, Forzani e C. Tipografi del Senato, 1895, p.36.