1943, Testimoni della Storia
Buongiorno e bentrovati a “Testimoni della Storia. 1943”, storie di persone comuni che hanno scritto pagine memorabili nel silenzio dei riflettori. “Testimoni della Storia. 1943” è un progetto di narrazione a partecipazione collaborativa che racconta 50 biografie di italiani che fecero scelte coraggiose nei momenti più drammatici del 1943. Un anno tragico in cui si consumarono sofferenze, morti, devastazione, ma anche tantissimi atti eroici di uomini e donne che hanno rischiato la vita per l’Italia. Donne e uomini che in diverse circostanze hanno preso coscienza del proprio ruolo ed hanno agito in base al proprio senso del dovere, alla propria fede, ai propri ideali per prendere parte, per difendere un Paese, il proprio. In questo senso, possiamo dire che questi testimoni hanno coraggiosamente scelto la strada che ha portato il nostro Paese alla fine della guerra attraverso 3 parole: Pace, Speranza, Futuro. Le tre parole che sono state sottolineate e ricordate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno il 31 dicembre 2022. Direi che proprio rileggendo ed ascoltando il discorso del Presidente della Repubblica, le scelte di quegli uomini e quelle donne sono apparse più naturali, immediate. Vorrei dunque riproporvi una parte del discorso e chiedervi di pensare al 1943, a quei mesi terribili, a quel lungo anno che ha colpito duramente il nostro Paese e nel pensare a quel terribile periodo vi chiedo anche di chiudere gli occhi mentre ascoltate le parole del Presidente della Repubblica. Questo è lo spirito del nostro progetto ed è con questo spirito che vi chiediamo fiducia e vi chiediamo di ascoltare e seguire la nostra iniziativa. Ancora una volta il Presidente della Repubblica ha tracciato la strada in occasione della celebrazione del 25 aprile 2020: “Fare memoria della Resistenza, della lotta di Liberazione, di quelle pagine decisive della nostra storia, dei coraggiosi che vi ebbero parte, resistendo all’oppressione, rischiando per la libertà di tutti, significa ribadire i valori di libertà, giustizia e coesione sociale, che ne furono alla base, sentendoci uniti intorno al Tricolore”. “Testimoni della Storia. 1943” è una iniziativa che vede la partnership di giornidistoria.net date, nomi, avvenimenti che raccontano il ‘900 e storiadeicarabinieri – il podcast, insieme ad alcuni volontari che hanno aderito al progetto.
Mamma Lucia, la madre dei morti
di Vincenzo Grienti
Nel 1945 a Salerno, mentre la guerra è agli sgoccioli, emerge una storia di misericordia e di compassione destinata a fare scalpore e a riempire le prime pagine dei giornali italiani e stranieri. È la pagina scritta da mamma Lucia, al secolo Lucia Pisapia, coniugata Apicella.
Dal 1943 questa donna, nel silenzio dei riflettori, aveva deciso di dedicare la sua vita al recupero e alla sepoltura di oltre 700 salme e centinaia di effetti personali.
Un’opera umile e tenace compiuta a Cava de’ Tirreni quando i tedeschi della divisione “Hermann Göring” si stavano ritirando lasciando morte e distruzione mentre dall’alto i B24 americani bombardavano senza sosta le colonne tedesche. soprannominarono in tanti, va avanti nella sua personale e solitaria azione umanitaria.
Lucia raccoglie e ricompone anche i resti di caduti anglo-americani, marocchini o polacchi, perché lei non guarda a differenza di divise o di bandiere …
Il coraggio di una giovane vita. Raffaele Persichetti
di Franco Di Santo
La data dell’8 settembre non può passare sotto silenzio. L’8 settembre 1943 è infatti una delle date fondanti della storia recente italiana: finisce la guerra contro gli angloamericani ma inizia l’occupazione e la tirannia nazifascista. Per questo giorno desidero ricordare il giovane insegnante liceale di storia dell’arte e Tenente dei granatieri Raffaele Persichetti (Roma 12 maggio 1915 – Roma 10 settembre 1943) che, seppur in congedo, prese le armi (insieme a tanti altri, tra cui Giaime Pintor) contro l’invasore e cadde nella battaglia di Porta San Paolo a Roma insieme ad altre centinaia di militari e civili italiani: il suo estremo sacrificio li rappresenta tutti…
Carlo Negri, la prima Medaglia d’Oro dell’Aeronautica nella Guerra di Liberazione
di Stefano Cosci
L’8 settembre 1943 la Regia Aeronautica, come l’Italia, si trovò spaccata in due. Solo circa un quarto del personale rimase in uniforme; gli altri furono catturati dai tedeschi, sbandarono o attesero lo sviluppo degli eventi per poi unirsi ai partigiani. Oltre 2.000 militari dell’Aeronautica, dei quali 1.200 in volo, raggiunsero gli aeroporti del Sud Italia già in mano agli Alleati dove ripararono anche poco più di 200 aeroplani. Un pugno di velivoli che permisero alla Regia Aeronautica di sopravvivere e di continuare a combattere. Il Sottotenente pilota Carlo Negri era uno degli aviatori che da subito intervennero in supporto dei nostri militari che nei Balcani, così come a Cefalonia e Corfù, si opponevano ai tedeschi. Genovese, studente di ingegneria, si era arruolato come pilota di complemento e, al momento dell’Armistizio, era in forza al IX Gruppo del 4° Stormo. Il 21 settembre decollò dall’aeroporto di Lecce Galatina per lanciare un contenitore con degli ordini per le truppe italiane accerchiate nella regione di Koritza, in Albania. Il suo caccia Macchi 205, però, fu gravemente danneggiato dalla contraerea. Invece di lanciarsi con il paracadute sulle montagne, dove avrebbe avuto maggiori possibilità di sopravvivenza, Negri decise di atterrare. Una scelta che gli fu fatale. Catturato dai tedeschi, mancando una formale dichiarazione di guerra del Governo italiano alla Germania, che ci fu solo il 13 ottobre, non fu riconosciuto, infatti, come “legittimo combattente”. Non gli fu quindi accordata la protezione come prigioniero di guerra assicurata dalla Convenzione di Ginevra e, dopo un sommario processo, venne fucilato. Alla memoria del giovane pilota fu tributata la Medaglia d’Oro al Valor Militare, la prima concessa all’Aeronautica Militare nella Guerra di Liberazione. Il 30 ottobre 2003, nel corso di una cerimonia svoltasi alla presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, alla memoria del sottotenente pilota Carlo Negri è stato intitolato il 61° Stormo dell’Aeronautica Militare, che ha sede su quello stesso aeroporto di Galatina che lo vide decollare per la sua ultima missione.
La morte vien dal cielo
Azolino Hazon e Ulderico Barengo a Roma il 19 luglio 1943
di Flavio Carbone
Quella mattina del 19 luglio 1943 doveva essere caldo. Attorno alle 11.40 il sole aveva scaldato da tempo l’asfalto di Roma e in altri tempi la spiaggia di Ostia sarebbe stata gremita di bagnanti. In altri tempi. In quelli del 19 luglio 1943, invece, non c’era alcuna spiaggia dove i bambini potevano giocare liberamente. Alle 11.40 del 19 luglio 1943, per la prima volta nella storia della città sede della Cristianità, gli Alleati bombardarono Roma, colpendo principalmente il quartiere San Lorenzo nel tentativo di distruggere lo scalo ferroviario. Morirono complessivamente 719 persone, vecchi, donne, bambini e vi furono 1.659 feriti e molti altri rimasero senza un tetto sotto cui dormire per molti anni a venire. Tra i 719 morti, oltre a 24 vigili del fuoco, vi furono il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Reali, generale di corpo d’armata Azolino Hazon, e il capo di stato maggiore del Comando Generale, colonnello Ulderico Barengo, entrambi poi decorati di medaglia d’argento al valor militare (MAVM) “alla memoria”.