Navi Asilo. Dal mare la vita
Una storia poco conosciuta e non sufficientemente documentata quelle delle Navi Asilo che è attualmente oggetto di una mostra fotografica e documentale presso il Museo Tecnico Navale della Marina Militare alla Spezia[1].
Inaugurata il 6 dicembre scorso alla presenza delle autorità civili e militari e da scolaresche degli Istituti Cardarelli e Pacinotti della città ligure, la mostra rimarrà allestita fino al prossimo 14 aprile. La mostra – composta da 16 pannelli fotografici e didascalici, con strumentazione nautica e attrezzatura marinaresca dell’epoca e con un breve filmato riassuntivo – prende origine del libro A scuola sul mare[2], pubblicato dallo Stato Maggiore Difesa unitamente allo Stato Maggiore Marina nel 2019 e ristampato per esaurimento copie nel 2020, frutto di una ricerca sul tema effettuata dagli autori[3] presso l’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare.
Per spiegare sinteticamente cosa erano e cosa hanno rappresentato le Navi Asilo, si citeranno alcuni passi di quanto volle scrivere il compianto professor Mariano Gabriele[4] nella prefazione al citato volume: “Le navi-asilo ancorate nelle città di mare italiane, accolsero ragazzi e bambini, togliendoli dalla strada e dai suoi pericoli, per educarli alla cultura del mare. Sottratti alla fame ed al rischio dello sfruttamento criminale, a bordo di quelle vecchie unità i minori conoscevano il senso della comunità, e anche quelli che non potevano ritrovare le loro famiglie perdute, potevano salvarsi dai pericoli esterni e dalla condizione di solitudine, entrando a far parte di una piccola società, o grande famiglia, che sulle navi garantiva loro protezione, istruzione e prospettive di futuro. La garanzia di una crescita in ambiente sano per soggetti la cui debolezza era purtroppo estrema a causa dell’età, della povertà e della solitudine, assunse davvero il valore di un salvataggio. E dal soddisfacimento delle necessità più elementari di alloggio e di mantenimento, i piccoli ospiti diventarono allievi, e attraverso l’istruzione morale e professionale, acquisirono una capacità autonoma di vivere da membri normali della società, si aprirono per loro prospettive nuove e insospettati orizzonti. La vita nella casa sul mare consentì il graduale recupero delle ricchezze interiori di ciascuno e ne fortificò la libera volontà, consentendo alla personalità di ciascuno di svilupparsi”.
Nate sulla scia delle training ship britanniche della Royal Navy queste scuole galleggianti – le Navi Asilo – diventarono pertanto luoghi di accoglienza, di educazione e di reinserimento sociale e civile per tanti bambini e ragazzi abbandonati che si trovavano alle periferie geografiche ed esistenziali delle città di mare come Genova, Napoli, Bari, Cagliari e Venezia, in balia della miseria, della fame, della povertà e della criminalità.
Il capostipite dell’iniziativa fu Nicolò Garaventa, un docente di matematica presso il Liceo ginnasio “Andrea Doria” di Genova, che intuì nella vita marinaresca un progetto educativo e una effettiva opportunità di recupero e di riscatto sociale per i giovani “marinaretti”. “Ubi charitas ibi Deus”[5] questo era il motto di Nave Officina Redenzione Garaventa che operò appunto a Genova dalla fine dell’800. A Bari, invece, operò la Nave Asilo Eridano, mentre a Cagliari fu la volta di Nave Asilo Azuni. A Venezia con la famiglia Levi Morenos vi fu l’esperienza della Nave Asilo Scilla che ebbe un ruolo fondamentale durante la Grande Guerra che vide appunto la città lagunare in prima linea e sempre all’erta per evitare l’invasione nemica. A Napoli invece andò in scena Nave Caracciolo che vide in Giulia Civita Franceschi, soprannominata la “Montessori del Mare”, colei che dal 1913 al 1928 ininterrottamente accolse, alfabetizzò, e curò oltre 700 marinaretti, i cosiddetti “caracciolini”. L’esperienza di Giulia Civita Franceschi e di Nave Caracciolo non passò inosservata tanto che Matilde Serao[6] la mise al centro di un suo bellissimo articolo, pubblicato sulla Rivista Marittima nel maggio1913 dal titolo Sulla Nave, documentato in uno dei pannelli esposti.
L’esperienza delle Navi Asilo fu istituzionalizzata su proposta dell’Ammiraglio Pasquale Leonardi Cattolica, allora Ministro della Marina – con Decreto del 28 giugno 1912, poi convertito in legge – e prevedeva la costituzione del Consorzio fra i Ministeri della Marina, dell’Interno, della Pubblica Istruzione. Il 21 giugno 1914, un mese prima dello scoppio della Grande Guerra, nacque “l’Ente Morale Opera Nazionale di Patronato per le Navi Asilo” con sede a Roma presso il Ministero della Marina con il compito di finanziare e controllare le Navi Asilo e la loro attività, che ebbe un forte impatto sociale proprio durante il primo conflitto mondiale; per tale motivo esse vennero strenuamente sostenute dal Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, allora Capo di Stato Maggiore della Regia Marina.
Particolare importanza riveste il logo, di forte impatto, che richiama immediatamente i principi fondanti per i quali furono istituite le Navi Asilo. A parte il significativo motto “Dal Mare la Vita. Salviamo i fanciulli”, che con semplicità e concisione riepiloga lo scopo dell’istituzione, la scelta di utilizzare àncora e salvagente, i due vitali oggetti di attrezzatura marinaresca di sicuro ausilio in caso di ormeggio o difficoltà di manovra e di caduta a mare, è più che mai azzeccata. Il nodo a otto (o Savoia), oltre a garantire la saldezza dell’istituzione, dava anche un valore ufficiale all’intera iniziativa. I fanciulli, che vivevano alle periferie geografiche ed esistenziali, abbandonati e dimenticati, sulle Navi Asilo troveranno sicurezza, aiuto e stabilità istituzionale.
In conclusione, citando Monsignor Santo Marcianò, Ordinario Militare, che ha curato la postfazione al libro precedentemente citato: “Anche oggi, la nostra Marina Militare svolge un servizio d’amore umile e profondamente educativo, diffuso in molti ambiti, a porre gesti di speranza che narrano il riscatto umano, la ritrovata dignità, l’attenzione ai più piccoli, dalla quale si misura il senso di civiltà di un popolo e il suo investimento nel futuro”. Ora come allora le navi della Marina rappresentano un rifugio sicuro dove a bordo regnano quei valori morali e quei principi etici che furono alla base delle Navi Asilo. Basti pensare all’esperienza e al servizio che oggi presta Nave Italia: sono gli stessi delle Navi Asilo naturalmente inseriti in un contesto diverso e al passo con i tempi.
Come diceva Gabriele d’Annunzio: “Dove porremo noi la nostra Patria? Su la Nave”.
Stella Merlini
Dottoressa di Storia
[1] Il Museo, uno dei più antichi se non il più antico in assoluto del suo genere, di fatto nasce come collezione di cimeli intorno al 1570, quando i Savoia stabilirono la loro prima base navale a Villefranche-sur-Mer e segue le alterne vicende dei Savoia prima a Cagliari, successivamente a Genova e infine alla Spezia, nel 1869, anno di inaugurazione dell’Arsenale Militare Marittimo. Infine, viene istituito al rango di Museo Nazionale con Regio Decreto nel 1925. La missione del museo che è quella di “mantenere vivo nel popolo italiano il culto delle tradizioni della marineria in genere e della MM in particolare, raccogliere, custodire, tramandare e documentare degnamente le testimonianze del passato, delle tradizioni, delle glorie e dei sacrifici” (tratto dal regolamento del Museo).
[2] Consultabile gratuitamente al link
https://www.difesa.it/Area_Storica_HTML/editoria/2019/A_scuola_su_mare/Pagine/index.aspx.
[3] Vincenzo Grienti e Leonardo Merlini.
[4] Che si ritiene essere stato il maggiore storico navale italiano dell’età contemporanea.
[5] Dove regna carità vi è Dio (ndr).
[6] Famosa scrittrice e giornalista dell’epoca.