15 marzo 1921. La Regia Marina e l’Aquila della Moto Guzzi
Un’aquila che ha spiccato il volo sulle motociclette Guzzi il 15 marzo 1921 quando ai arrivò all’idea geniale di Carlo Guzzi, Giovanni Ravelli e Giorgio Parodi. E’ il 24 maggio 1915, il primo conflitto mondiale è divampato già da un anno, quando l’Italia entra in guerra. Carlo Guzzi viene arruolato nel Servizio Aeronautico della Regia Marina e assegnato alla Stazione idrovolanti del Forte di Sant’Andrea a Venezia come maresciallo motorista. E’ in quegli anni che stringe amicizia con due piloti della 260ª Squadriglia, Giovanni Ravelli e Giorgio Parodi, entrambi appassionati di motorismo e di volo. Ali e motori, un binomio che non li separerà mai, nell’amicizia e nella professione.
Carlo Guzzi, proveniente dal reparto corse dell’Isotta Fraschini, partecipò al conflitto con il grado di 2° capo Motorista, quindi addetto alla manutenzione e alla messa a punto dei motori dei velivoli della Regia Marina. In quegli anni ruggenti, non solo bellici ma anche pionieristici, la Regia Marina aveva installato nell’area del capoluogo lagunare le proprie basi degli idrovolanti con aviorimesse a Sant’Andrea e Punta Sabbioni. Fu durante quei mesi trascorsi appunto sul fronte di guerra che Parodi, Guzzi e Ravelli svilupparono la comune visione di costruire una motocicletta di nuova concezione al termine del conflitto. Inutile dire che per i tre geniali amici il mare e il cielo furono un’ideale pista di decollo per i loro progetti post bellici.
Negli anni in cui trincee, bombe e scontri navali condizionavano l’umanità Guzzi propose il progetto ai due amici. Un’idea che si fece strada piano piano, ma che prima doveva passare le forche caudine di quella che Benedetto XV aveva definito “l’inutile strage”. Giorgio Parodi, nato a Venezia nel 1897, era figlio di Emanuele Parodi, un noto armatore genovese, che pur di assecondare il figlio ancora minorenne dovette dare il proprio consenso scritto per farlo salire a bordo delle “navi grigie”. Parenti e amici lo videro partire con il proprio motoscafo, ma dopo qualche tempo si appassionò al mondo dell’aviazione. Erano gli anni di pionieri del volo come Mario Calderara, Federico Martinengo e di assi dell’aviazione come Francesco Baracca e Fulco Ruffo di Calabria. Così, il 2° Capo Meccanico Parodi chiese, ed ottenne, di conseguire il brevetto di pilota e poi di pilota militare, iniziando a volare sugli idrovolanti Macchi L.3 della 252ª Squadriglia che faceva base all’Isola di Sant’Andrea, a Venezia. L’aeronautica come forza armata autonoma non era ancora nata. La sua fondazione, infatti, risale al 28 marzo 1923.
Dunque chi voleva diventare un pilota si arruolava nel Regio Esercito o nella Regia Marina per poi passare al Servizio Aeronautico. Il 19 agosto del 1917 Parodi fu decorato con una prima medaglia d’argento al valor militare per aver partecipato a numerose missioni come osservatore d’idrovolante sul territorio nemico. Negli anni a venire ne avrebbe ricevute altre due in qualità di pilota di idrovolanti, “rimediando” in azione una ferita ad un gamba, eseguendo dodici missioni di bombardamento e sedici di ricognizione sul nemico. Da pilota di caccia totalizzò ben ventisei missioni, sei combattimenti aerei e ottenne due vittorie. Nel corso degli anni ottenne ulteriori decorazioni durante la guerra di Etiopia e nel secondo conflitto mondiale con la divisa della Regia Aeronautica. Una passione per il volo, la sua, strettamente legata agli anni dell’ingegneristica meccanica in cui l’Italia si fece apprezzare in patria e all’estero. Giovanni Ravelli, già celebre come pilota motociclista, avrebbe messo a disposizione la sua grande competenza di collaudatore e il suo prestigio sportivo.
Per quest’ultimo, però, la vita aveva riservato altro. Ravelli si era arruolato come marinaio semplice. Nel 1917 prestava servizio come volontario motonauta pilota di idrovolanti della 253ª Squadriglia sull’isola di Gorgo nella Laguna di Grado a bordo di un Macchi L.3. Durante la battaglia di Caporetto (24 ottobre-19 novembre 1917) e dal 30 ottobre in poi, la sua Squadriglia ripiegò sull’isola di Sant’Andrea poco distante dalla città lagunare. Gli attacchi degli austro-ungarici puntavano sulla Serenissima e sulle città dell’Adriatico. Giovanni Ravelli, promosso 2° capo macchinista, diventò prima guardiamarina e successivamente sottotenente di vascello per meriti di guerra. Passò quindi alla 260ª Squadriglia dotata di Macchi M.5 e infine venne trasferito ai velivoli della caccia terrestre della 241ª Squadriglia del Lido di Venezia. Partecipò a centinaia di missioni per le quali gli vennero conferite tre Medaglie d’argento al valor militare. Ma la morte lo strappo alla vita l’11 agosto 1919, poco tempo prima che venisse fondata la Moto Guzzi. Storie umane e progetti che spiegano il legame tra il trio dei geniali fondatori del marchio, tuttora italiano, della Moto Guzzi, con la Marina Militare, compreso il simbolo dell’aquila di Mandello che ricorda storicamente i piloti dell’aviazione navale.
Le origini dell’aquila di Mandello
L’epopea della Moto Guzzi e dell’aquila di Mandello è strettamente legata alle vicende del “Servizio Aereo della Regia Marina” nel corso della Prima Guerra Mondiale. Una storia accomunata dall’evocativa aquila con le ali spiegate e il capo rivolto a destra. L’aquila reale in oro, sormontata da una corona, era il particolare distintivo indossato dai piloti del “Servizio Aereo” della Regia Marina durante la Prima Guerra Mondiale. Gli stemmi venivano cuciti nelle due maniche dell’uniforme dei soli ufficiali e militari che prestavano servizio nelle basi di servizio.