Dal Veneto al Perù. Storia di Giovanni Dandolo, una vita al servizio dell’Aeronautica
La nostra gloriosa Aeronautica Militare, nel corso dei suoi primi cento anni di vita, ha visto operare, presso i suoi molteplici e valorosi reparti operativi, Scuole e altri Centri di addestramento, uomini di straordinario valore, di grandi doti tecnico-scientifiche, molti dei quali pionieri dell’Aviazione civile e militare nazionale. È, questo, il caso di Giovanni Dandolo, ingegnere e costruttore aeronautico, il quale si interessò di aspetti tecnici e sportivi dell’Aeronautica fin dagli albori del suo sviluppo in Italia, tanto da passare alla storia per avere, assieme agli amici, Barone Leonino Da Zara e Nico Piccoli, dato vita al famoso “Aero Club” di Padova, la sua città di nascita, ma soprattutto per aver messo su, a Bovolenta, il primo aeroporto civile in Italia. Combattente volontario nel corso della “Grande Guerra”, fu in seguito uno straordinario ingegnere aeronautico, un inventore e abilissimo costruttore presso le principali aziende italiane operanti nel settore. Da ufficiale di complemento del Genio Aeronautico fu poi richiamato in servizio nel 1934, per non smettere più la gloriosa uniforme dell’Arma Azzurra, la quale lo avrebbe accompagnato sino alla morte, avvenuta a Lima nel 1938, nel corso di una missione militare della quale era stato chiamato a far parte dall’amico, Col. Pier Luigi Bardella, onde addestrare e organizzare il “Cuerpo Aeronautico” del Perù, risorto sotto la Presidenza del Generale Benavides. Quella che segue è la sua bellissima storia.
Giovanni Dandolo e l’ingegneria aeronautica (1892 – 1934)
Appartenente a un ramo della celebre famiglia veneziana, Giovanni Dandolo vide la luce a Padova il 9 luglio del 1892, figlio del Dottor Giacomo, che dal 1894 al 1922 (anno della sua morte) sarebbe stato il Direttore della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, e di Matilde Fanzago. Col suo nome, in verità, Padova e provincia ne avrebbe offerti altri all’ammirazione del Paese, come nel caso del celebre filosofo, Giovanni Dandolo, nato a Borgoricco il 29 luglio 1861 e morto a Messina a causa del terremoto del dicembre 1908, ove dirigeva la cattedra di Filosofia Teoretica presso quell’Università, ovvero del pittore, Giovanni Dandolo, nato a Padova nel 1891 ed ivi deceduto nel 1961. Il protagonista di questa vicenda, che in famiglia veniva chiamato affettuosamente col vezzeggiativo di “Giannino”, visse nella città natia, all’indirizzo di Via San Biagio, n. 6, per gran parte della gioventù, peraltro frequentandovi anche la prestigiosa Regia Università, dalla quale ne sarebbe poi uscito con l’importante laurea in Ingegneria Industriale. Abbiamo ricordato, in apertura, della sua giovanile passione per l’Aviazione, una passione che coltivò nella stessa Padova, appoggiando, sin dal 1909, appena diciassettenne, le iniziative dell’amico, Barone Leonino Da Zara, il grande pioniere al quale si deve la fondazione, il 18 febbraio del 1910, del locale “Aero Club”, Sodalizio che avrebbe avuto, come Presidente Onorario, il Duca degli Abruzzi. Non solo, ma era stato nelle vicinanze di Padova, a Bovolenta, che il 15 dicembre del 1909 era stato inaugurato il primo aerodromo e campo d’aviazione civile italiano, lo stesso presso il quale, il 28 febbraio 1910, avrebbe volato anche il grande Gabriele D’Annunzio, giunto appositamente da Venezia. Lo studente universitario Giovanni Dandolo fu, poi, tra i tanti padovani che il 20 agosto, sempre del 1910, avrebbero assistito alle prodezze aviatorie dell’amico Da Zara, il quale volò per la prima volta su Padova, dopo aver sorvolato il Bacchiglione, entrando dal Bassanello, fino ad atterrare in piazza d’Armi, accolto per l’appunto da una moltitudine di persone[1]. Fra il 1914 e il 1915, Giovanni Dandolo maturò, questa volta nell’ambiente universitario, anche l’ideologia politica che ben presto lo avrebbe portato a far parte del “Partito Nazionalista”, allora capeggiato dal Prof. Alfredo Rocco, Docente presso la locale Facoltà di Giurisprudenza, movimento ovviamente schierato fra gli “Interventisti”[2]. Membro del Gruppo padovano del “Partito Nazionalista”, Giovanni Dandolo avrebbe anche fatto parte del locale “Comitato di Preparazione Civile”. Fu, invece, la passione per il volo e per l’Aviazione in generale che lo spinsero ad abbracciare la professione di Ingegnere, laurea che avrebbe conseguito solo dopo la parentesi della “Grande Guerra”[3], conflitto al quale il giovane prese parte, arruolandosi volontario (ne era stato inizialmente dispensato per motivi di salute, poi corretti con un’operazione alla vista) già nel giugno del 1915, quando ancora era studente del 4° anno della Scuola di Applicazione di Ingegneria. In quel contesto, il giovane fu ammesso nel 4° Reggimento del Genio Pontieri, facente parte dell’Arma d’Artiglieria.
Qualche mese dopo fece domanda onde poter essere ammesso all’Accademia Militare di Torino, in qualità di allievo ufficiale di Complemento. E fu proprio in tale ambito che conobbe l’allora Tenente Pier Luigi Bardella, ufficiale d’Artiglieria che dal luglio del 1916 avrebbe fatto parte della 46^ Squadriglia Aviatori, Sezione distaccata di Feltre, del Corpo Aeronautico dell’Esercito. Promosso Sotto Tenente e in seguito Tenente d’Artiglieria, alla data del 28 settembre del 1916, Giovanni Dandolo faceva parte del 10° Reggimento Artiglieria da Fortezza, reparto presso il quale avrebbe operato sino al giugno del 1917, data nella quale chiese e ottenne di essere destinato al Battaglione Aviatori di Complemento di Stupinigi (Torino). Giovanni Dandolo divenne così egli stesso dapprima osservatore e poi pilota d’aeroplano, operando al fronte sino alla fine del conflitto. Oltre alla medaglia di Volontario di Guerra verrà insignito anche della Croce al Merito di Guerra. Terminato il conflitto, Giovanni Dandolo riuscì a laurearsi in Ingegneria Industriale, decidendo così di dedicarsi completamente al settore Aeronautico. Fra il 1920 e il 1921 lo troviamo, quindi, tra i propugnatori e i numerosi fondatori della “Compagnia Nazionale Aeronautica”, ideata dal Conte Giovanni Bonmartini[4], anche lui di Padova, mentre nel 1922 seguirà l’Ing. Giovanni Pegna quale progettista di aerei presso la “Ditta Pegna-Bonmartini”.
L’impresa era stata fondata nel corso dello stesso anno, con sede a Roma, ove Giovanni andrà ad abitare in Via Ostiense, n. 91. Divenuto Capo Ufficio Tecnico, l’Ing. Dandolo fu, quindi, collaboratore personale dello stesso Ing. Pegna, partecipando con lui alla progettazione e alla costruzione di vari prototipi di apparecchi, tra idrovolanti e aeroplani. Una prima, decisiva svolta professionale, l’Ing. Dandolo l’avrebbe avuta a partire dal 1923. Fu proprio in quel frangente storico che, dopo l’istituzione, il 24 gennaio, del “Commissariato per l’Aeronautica”, detto anche “Comando Generale dell’Aeronautica”, fu istituita dal Governo Mussolini la Regia Aeronautica[5], Forza Armata del Regno alla quale furono affidate tutte le forze aeree militari dell’Esercito, sia nel Regno che nelle colonie, mentre la Forza Aerea della Marina sarebbe rimasta autonoma fino al 1931. In tale circostanza, l’ufficiale di Complemento[6] Giovanni Dandolo fu “arruolato” quale Ingegnere presso la “Direzione Superiore (detta anche Generale) del Genio e Costruzioni Aeronautiche“, ove avrebbe prestato servizio sino al luglio del 1925, data nella quale si trasferì a Napoli, in quanto assunto, come Capo Reparto, dalla “Società Anonima Officine Ferroviarie Meridionali”, successivamente ribattezzata “Industrie Meccaniche e Aeronautiche Meridionali” (IMAM). E fu proprio presso tale Impresa che il Dandolo avrebbe fondato il “Reparto Aeronautica” delle Ferrovie, dirigendo personalmente la costruzione degli aeroplani da ricognizione “Ro 1” e “Ro bis”, in seguito forniti alla stessa Regia Aeronautica[7]. L’Ingegnere padovano rimase a Napoli sino al 1931, occupandosi anche della fabbricazione di aeroplani civili trimotori, poi forniti alla “Società Aviolinee”, che li avrebbe utilizzati per coprire la tratta Milano – Roma. Uomo di scienza, Giovanni Dandolo non smise mai di studiare, progettare e brevettare nuovi mezzi aeronautici, tanto è vero che per migliorarsi ottenne dalla Direzione delle stesse “Officine Ferroviarie Meridionali” (meglio note anche come “Officine Romeo”) di potersi recare a più riprese ad Amsterdam, presso la famosa Fabbrica Aeronautica “Fokker”, ove migliorò i propri studi in materia di saldatura autogena in aviazione, prima bandita dai capitolati vigenti. Tornato in Italia, il Dandolo avrebbe condotto approfonditi esperimenti atti a dimostrare l’assoluta robustezza di una struttura in tubi saldati, sistema che di lì a poco fu adottato da tutte le Case costruttrici italiane. Le missioni in Olanda non furono certo le uniche, in quanto il prode Ingegnere padovano compì viaggi professionali anche in Francia, in Germania e in Svizzera. Nel biennio 1928-1929, attraverso due separate missioni che lo avrebbero tenuto lontano dall’Italia per circa nove mesi, Giovanni Dandolo fu, dalle stesse “Officine Ferroviarie Meridionali”, messo a disposizione del Governo della Tripolitania, al fine di organizzare sul posto la riparazione di una trentina di aeroplani partoriti dalle “Officine Romeo”, operazione che avrebbe consentito all’Erario Nazionale di risparmiare una forte somma di danaro, avendo evitato il trasferimento dei velivoli a Napoli. Lasciate le “Officine Ferroviarie Meridionali”, nell’aprile del 1931, Giovanni Dandolo si trasferì a Finale Ligure, ove, sino al luglio del 1932, avrebbe ricoperto la carica di Capo Ufficio Tecnico della “Ditta Piaggio & C.”, Stabilimento che in quel frangente storico era diretto dall’amico, Ing. Pegna. Durante la sua permanenza a Finale, l’Ing. Dandolo collaborò alla progettazione e alla costruzione di apparecchi Idro “P.6 ” ed “S. 55 metallico ”, i quali verranno poi forniti sia alla Regia Aeronautica che alla Regia Marina. Nel corso del 1933, Giovanni Dandolo passò, infine, alla “Società Avioindustrie Stabiesi”, operante a Castellammare di Stabia e di proprietà dell’imprenditore Isidoro Cutolo, ove avrebbe operato sino al “fatidico” 1934, anno in cui fece ritorno definitivamente tra le fila dell’Arma Azzurra.
L’ufficiale del Genio Aeronautico (1934 – 1938)
Nel corso del 1934, nell’ambito di un più vasto programma di riordino della Regia Aeronautica, il glorioso “Centro Sperimentale di Montecelio”, nei pressi di Roma, fu oggetto di un’articolata riforma, iniziata, il 1° di giugno, con l’istituzione del “Reparto Alta Quota”, al cui comando fu posto l‘allora Magg. Enrico Pezzi e culminata, l’anno seguente, con la nascita della “Direzione Superiore Studi ed Esperienze” (DSSE), un Centro di Sperimentazione Aeronautica, erede delle precedenti attività sperimentali a suo tempo svolte dal glorioso “Battaglione Specialisti” del Servizio Aeronautico del Regio Esercito[8] e, dal 1923, in poi, dalla stessa Regia Aeronautica. È doveroso ricordare come il DSSE fu, negli anni immediatamente precedenti la Seconda guerra mondiale, un Centro di eccellenza a livello mondiale nella sperimentazione Aeronautica, un Ente che ovviamente non poteva fare a meno del grande Ingegnere aeronautico del quale ci stiamo occupando. Il Dandolo, nel frattempo promosso al grado di Capitano del Genio Aeronautico a far data dal 2 luglio del 1931, fu richiamato in servizio nel maggio dello stesso 1934 e, di conseguenza, destinato al 1° Centro Sperimentale, presso il quale avrebbe operato sino alla partenza alla volta del Perù[9]. A Montecelio, il Capitano Dandolo assunse, dunque, l’incarico di Capo Ufficio Tecnico, occupandosi, con estrema competenza in fatto di “esperienze in volo”, di tutte le sperimentazioni concernenti i vari prototipi di aeroplani destinati alla Forza Armata. Ben presto si fece notare dai propri superiori, tanto da meritare, già nel corso del 1935, la promozione a Maggiore “per meriti straordinari”[10]. Membro della rinomata “Associazione Italiana di Aerotecnica”, il Maggiore Dandolo fu più volte nominato anche membro delle Commissioni incaricate del rilascio dei brevetti aeronautici civili e delle relative abilitazioni. Non solo, ma il 18 gennaio dello stesso 1937, il nostro protagonista dovette fare anche da “Cicerone” ad un ospite d’eccezione: il Generale tedesco Hermann Goering, pioniere ed asso dell’Aviazione Militare tedesca durante la “Grande Guerra”, il quale, accompagnato dal Principe reale, Amedeo Duca d’Aosta, e dal Generale Giuseppe Valle, allora Capo di Stato Maggiore della R.A., era giunto in visita al prestigioso Centro Aeronautico italiano.
Nonostante il ruolo da egli ricoperto in quei “febbrili” anni che separavano il Paese dalla Seconda guerra mondiale, così come avevano visto la stessa Regia Aeronautica impegnata in Spagna con la c.d. “Aviazione Legionaria”[11], il Comandante del DSSE non riuscì a far cambiare idea allo Stato Maggiore della Forza Armata, quando questi, nel corso dell’estate del 1937 delineò i componenti della c.d. “Missione Militare Italiana di Aeronautica”, destinata a operare in Perù. A volerne fortemente l’inserimento nel Gruppo era stato lo stesso Capo Missione, il celebre Colonnello Pier Luigi Bardella, amico di vecchia data dello stesso Dandolo, che in quel frangente era uno dei docenti più affermati presso la Scuola di Guerra di Torino. Giunta a bordo della Motonave “Orazio” al porto del Callao il 21 novembre dello stesso 1937, la “Missione…” avrebbe operato sino al maggio-giugno del 1940, provvedendo alla riorganizzazione e all’addestramento del personale del “Cuerpo Aeronautico”, sia presso la celebre base di Las Palmas, che pressi gli altri Aeroporti della “Fuerza Aerea” peruviana[12].
Il Maggiore Giovanni Dandolo fece, tuttavia, in tempo ad assistere alla solenne cerimonia con la quale, il 21 ottobre 1937, Benito Mussolini, nell’inaugurare ufficialmente il “Centro Sperimentale di Studi Aeronautici di Montecelio”, diede di fatto il via alla fondazione della Città di Guidonia-Montecelio, così nominata in onore del Generale della Regia Aeronautica, Alessandro Guidoni, morto tragicamente il 27 aprile 1928, precipitando durante una prova di lancio con il paracadute proprio nei pressi del Campo d’Aviazione di Montecelio. Sei giorni dopo, con Regio decreto del 27 ottobre, la sua straordinaria attività sarebbe stata premiata da parte delle Istituzioni, con il conferimento della Croce di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, che il quarantacinquenne ufficiale avrebbe indossato, con grandissimo onore, sull’onorata uniforme dell’Arma Azzurra della quale andava fierissimo. E fu proprio indossando tale uniforme che il grande Ingegnere Aeronautico, nel frattempo promosso al grado di Ten. Colonnello, perderà la vita, il 21 aprile 1938, a causa di un banale incidente automobilistico, avvenuto nei pressi della città di Lima. Sfortunatamente non siamo riusciti a ricostruirne la dinamica, così come nulla è emerso riguardo al relativo trasferimento della salma in Italia. I funerali del povero Dandolo si tennero in forma solenne nella stessa Capitale peruviana, alla presenza delle più alte cariche civili e militari della Repubblica, ma soprattutto con la partecipazione dei tanti connazionali che vivevano in Perù, tutti stretti e commossi al fianco degli ufficiali della Regia Aeronautica e dello stesso Ministro plenipotenziario d’Italia, Marchese Giuseppe Talamo Atenolfi[13].
L’eredità professionale e morale di Giovanni Dandolo
A parte una toccante corrispondenza, pubblicata di lì a poco su una rivista edita dallo stesso Ministero dell’Aeronautica, sembra che in Italia la morte prematura del grande Ingegnere padovano sia passata inosservata[14]. Erano, quelli, giorni molto impegnativi per la stampa nazionale, alle prese con l’imminente viaggio in Italia di Adolf Hitler, preventivato dal 3 al 9 di maggio. Non solo, ma addirittura la nota <<Enciclopedia Moderna Italiana>>, pubblicata nel 1941, nel ricomprendere una breve biografia di Giovanni Dandolo, ne cita la sola data di nascita, facendo ipotizzare come l’abile Ingegnere Aeronautico fosse, in realtà, ancora vivente[15]. Riguardo all’eredità che l’ufficiale superiore lasciò al Paese e alla famiglia possiamo aggiungere quanto segue, prendendo a prestito la parte finale del necrologio di cui sopra e con la quale poniamo fine a questo modestissimo contributo: <<Giovanni Dandolo ebbe doti non comuni di intelligenza e di carattere. Portato allo studio per temperamento, appassionato per i libri e le riviste, si teneva costantemente al corrente dei progressi della tecnica aeronautica. La sua lunga pratica di officina, unita alle sue qualità di pilota, facevano di lui un tecnico veramente completo; la sua opera fu grandemente apprezzata negli incarichi da lui svolti nella R. Aeronautica e nell’Aeronautica del Perù. Nella vita il Dandolo fu un vero gentiluomo per correttezza e drittura di carattere. Era molto espansivo e cordialissimo coi colleghi e cogli inferiori; dotato di una fine arguzia veneta, sapeva giudicare con molto intuito uomini ed avvenimenti. Era affezionatissimo alla sua famiglia, che oggi, privata del suo capo, lo piange inconsolabile>>[16].
Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare
[1] Sull’argomento vgs. Leonino Da Zara, Storia del volo, Roma, Ed. Istituti Augustei, 1936.
[2] Cfr. Giulia Simone, Il Guardasigilli del Regime: l’itinerario politico e culturale di Alfredo Rocco, Milano, Franco Angeli Editore, 2012, p. 66.
[3] Nel 1915 lo troviamo ancora iscritto alla Facoltà di Ingegneria Industriale. Cfr. Annuario della R. Università degli Studi di Padova per l’anno accademico 1914-1915, Padova, 1915, p. 221.
[4] Il Conte Giovanni Bonmartini (1896 – 1974) è stato uno dei pionieri dell’Aeronautica civile italiana. Negli anni a cavallo fra le due guerre, promosse quasi tutte le attività inerenti al volo, sia militari che civili. Costruì parecchi tipi di aeroplani, addestrò al pilotaggio le nuove leve della Regia Aeronautica, ma anche privati che volevano conseguire il brevetto. Realizzò, inoltre, il primo aeroporto civile intercontinentale italiano, il celebre “Littorio”, oggi noto come Aeroporto dell’Urbe, a Roma.
[5] Con il Regio decreto 28 marzo 1923 n. 645.
[6] Nel 1929 lo troviamo Tenente di Complemento – Ruolo Ingegneri del Corpo del Genio Aeronautico, inquadrato nell’ambito della Centro III Z.A.T. (“Zona Aerea Territoriale”) di Napoli, cfr. Annuario della Regia Aeronautica – Anno 1929, Ufficiali delle categorie in congedo, p.55.
[7] Si trattava di aerei da ricognizione e da bombardamento monomotore biplano, prodotti su licenza della Casa Madre e basati sulla versione del “Fokker C.V-E”, un biplano da ricognizione e bombardamento olandese realizzato nel corso degli anni ’20.
[8] Nel 1916, durante la “Grande Guerra”, il Corpo Aeronautico del Regio Esercito aveva occupato parte dei terreni di Montecelio, nella zona pianeggiante fino alla località “Le Prata“, per crearvi un Campo di Aviazione destinato all’addestramento degli allievi piloti. Dopo il conflitto, l’Aeroporto di Montecelio fu intitolato al Ten. Col. Alfredo Barbieri caduto in combattimento.
[9] Cfr. Ministero della Guerra, Annuario Ufficiale delle FF.AA. del Regno d’Italia – Anno 1935, – Vol. III Regia Aeronautica, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1935, p. 278.
[10] Per effetto del R. decreto 23 agosto 1935. Cfr. Ministero dell’Aeronautica, <<Bollettino Ufficiale>>, Dispensa 37^, 14 settembre 1935, p. 936.
[11] “Aviazione Legionaria” fu il nome conferito al Corpo di Spedizione della Regia Aeronautica italiana, istituito nel 1936, onde fornire supporto logistico e tattico alle truppe guidate dal Generale Francisco Franco impegnate nella guerra civile spagnola.
[12] Sino al 1933, l’Aeronautica peruviana comprendeva 5 Squadriglie d’istruzione e una da ricognizione. Centri e basi d’aviazione si trovavano a Las Palmas, a Iquitos e ad Ancon (quest’ultima, Marittima). Gli apparecchi erano circa una sessantina, di cui metà destinati alla Marina da guerra.
[13] Sull’argomento vgs. Carlos A. de La Jara, Historia Aeronautica del Perù, Vol. IV, Lima, 1975, p. 415-419.
[14] Cfr. rubrica “I nostri morti”, in <<L’Aerotecnica. Notiziario tecnico del Ministero di Aeronautica e atti dell’Associazione Italiana di Aerotecnica>>, fascicolo n. 12, 1938, p. 1435 e 1436.
[15] Cfr. voce “Dandolo Giovanni”, in <<Enciclopedia Moderna Italiana>>, Milano, Casa Editrice Sonzogno, 1941, p. 1032.
[16] Cfr. rubrica “I nostri morti”, in <<L’Aerotecnica. Notiziario tecnico del Ministero di Aeronautica e atti dell’Associazione Italiana di Aerotecnica>>, op. cit., p. 1436.