Dogane argentine: storia, processi e sviluppi dalle origini ad oggi
Così come è accaduto per la storia di altri Paesi del mondo, anche per l’Argentina le vicende riguardanti il sistema doganale hanno avuto origini remote, tanto da risalire addirittura ai tempi della stessa “Conquista spagnola” e della successiva colonizzazione di quell’area geografica passata alla storia col titolo di “Nuovo mondo”. Gran parte degli storici argentini sono concordi nell’affermare che i primi dazi doganali, da applicare nei possedimenti spagnoli lungo il Rio de la Plata, furono stabiliti attraverso la c.d. “Capitolazione” convenuta tra Re Carlos V e Don Pedro de Mendoza, per la conquista del Río de la Plata. In virtù di essa, con apposito Decreto reale del 19 luglio 1534 fu decisa l’esenzione dal pagamento dei diritti di dogana riguardo a tutti quei beni che i coloni avrebbero portato con sé, purché quanto immesso nei possedimenti fosse esclusivamente per uso personale e, quindi, per l’approvvigionamento delle proprie abitazioni, annullando parimenti tale privilegio in caso di cambio di destinazione della merce da introdurre. Di lì a qualche anno, come approfondiremo a breve, nacque la necessità di allestire dei veri e propri “Uffici di dogana”, nell’ambito dei quale i Governatorati o Capitanerie avrebbero disposto la riscossione degli introiti doganali, già allora considerati utili sia per il finanziamento delle Casse dell’Erario nazionale, che per quelle degli stessi Governatorati/Capitanerie.
Alle origini del sistema doganale argentino (1536 – 1810).
La storia Argentina ci ricorda che il 3 febbraio del 1536, le navi della Flotta reale spagnola, capeggiate da Don Pedro de Mendoza, furono autorizzate da Re Carlo V a penetrare nel c.d. <<fiume di Solís>>, che successivamente sarebbe stato chiamato “Rio de la Plata”, con l’ordine di conquistare e popolare le terre dell’interno, le stesse che successivamente avrebbero dato vita alle prime provincie. A capo di una vera e propria impresa militare, il Mendoza fu autorizzato a fondare alcune fortezze, fino al massimo di tre, necessarie per custodire i luoghi sin lì occupati, ma anche per essere utilizzate quali basi di partenza delle truppe militari per il successivo progetto di portare la civiltà verso l’interno, conseguendo una radicale pacificazione di aree sin lì popolate dalle civiltà indigene. Fu, quindi, proprio agli inizi di quel mese di febbraio che nel luogo allora definito “Riachuelo de los ship” venne fondato il porto-fortezza detto di “Santa María del Buen Aire”, in seguito ribattezzato col titolo di “Puerto de Nuestra Señora de Santa María de Buen Ayres”, modestissimo insediamento di quella che è oggi la bellissima città di Buenos Aires, che ricordiamo sorge sulla sponda meridionale del Rio de la Plata, a circa 280 km dall’Oceano Atlantico[1]. E fu proprio in quel modesto avamposto spagnolo in terra Sud Americana, voluto in una posizione molto favorevole, essendo lo sbocco di una notevole rete fluviale formata dai fiumi Paraguay, Paranà e Uruguay, che Don Pedro de Mendoza, investito del titolo di “Adelantado”[2], quindi di Governatore e Capitano Generale, avrebbe incarnato la prima autorità autorizzata, per conto del Re di Spagna, ad esercitare sia le funzioni doganali che quelle di polizia nella fortezza e nell’annesso porto. In quel frangente storico gli uffici di dogana furono collocati in un edificio eretto nei pressi dell’attuale Parco Lezama, ove sarebbero rimasti sino al 1541 circa. Ebbene, la vastissima area che oggi noi conosciamo come Sud America era suddivisa in due giurisdizioni, chiamate “Virreinati” (“Vice Reami”[3]), vale a dire la Nuova Spagna, sorto nel 1534, e quello del Perù, fondato nel 1544, cui fecero seguito due Capitanerie Generali, quella di Yucatán (1542) e quella di “Nueva Granada” (1564). Si trattava, come è facile intuire, di territori immensi, quindi molto difficili da controllare da parte della Corona spagnola.
Fu per tali ragioni che molti anni dopo il Re di Spagna decise di suddividerli ulteriormente, creando nuovi “Virreinati” e Capitanerie. In tale direzione, il Capitanato di Nuova Granada si trasformò in “Vicereame”, mentre per il “Vicereame” del Río de la Plata bisognerà attendere ancora molti anni ancora per una sua elevazione. Sia in Nuova Granada che nelle Capitanerie di Cile, Cuba, Venezuela e Guatemala verranno creati appositi uffici di dogana. In verità, l’attività doganale, intesa come entità di raccolta di risorse economiche, fu organizzata in una forma alquanto elementare sin da quel primo insediamento, mentre di una vera e propria dogana operante sul Río de la Plata s’inizierà a parlare nei primi anni ’80, ovviamente del Cinquecento, allorquando, dopo la distruzione del primitivo villaggio eretto dal Mendoza riprese nuovamente vita il borgo di Buenos Aires. Ricordiamo, a riguardo, che l’11 giugno del 1580, Don Juan de Garay fondò la “Ciudad de la Trinidad”, primo agglomerato urbano sorto nei pressi del porto-fortezza prima citato. A seguito di ciò, fu lo stesso Juan de Garay che, in nome di Sua Maestà Reale e in virtù dei poteri a lui conferiti, ebbe modo di nominare vari funzionari con compiti di Governo. A quel punto, il pre-esistente ufficio doganale, denominato “Dogana e Registro”, fu dato in carico a Don Diego de Olabarrieta, uno dei primi coloni di Buenos Aires, con la qualifica di “Commissario Doganale”. Attorno al 1581 la Dogana si stabilì sulle rive del Riachuelo, per poi far ritorno, nel 1595 al Forte di Buenos Aires, ovvero presso la primitiva sede in altri cicli storici, precisamente dal 1604 a 1607 e dal 1619 al 1658. Riguardo alle attività percettive occorre dire che i primi veri introiti doganali percepiti dalla dogana di Buenos Aires risalgono al 1° giugno del 1586, data nella quale si registra lo sbarco di mercanzie appena arrivate in porto con la caravella “Nuestra Señora del Rosario”. Spettò al Capitano Alonso de Vera y Aragón, che aveva condotto nel Rio de la Plata la barca proveniente dalle coste del Brasile, presentare quello che potremmo definire un vero e proprio “manifesto di carico”, che a questo punto rappresenta il primo documento ufficiale di una delle prime operazioni doganali d’importazione. E fu proprio nel ricordo di questa prima operazione doganale che il 1° di giugno di ogni anno, in Argentina si festeggia la “Giornata della Dogana”, una sorta di “Festa della Dogana”[4].
Per le esportazioni bisognò attendere, invece, l’anno seguente, esattamente il 2 settembre del 1587, allorquando la caravella “San Antonio”, guidata dal Capitano Antonio Pereyra, salpò per i porti del Brasile, portando seco coperte, cappelli ed altri articoli di artigianato locale, per i quali dovette assolvere ai relativi dazi doganali. Occorre dire che per molti anni lo sviluppo delle attività doganali fu essenzialmente legato alla crescita demografica delle Province del Plata di nostro interesse, ragion per cui esso andò di pari passo con le attività commerciali, oltre che con il lento progresso economico, molto spesso condizionato anche dalle scelte della Madrepatria. In tale ottica osserviamo, infatti, che il monopolio commerciale imposto dalla Spagna nel corso del XVI secolo colpì gravemente il Río de la Plata, in quanto furono privilegiate le rotte che collegavano l’Europa alle Colonie più ricche, vale a dire quelle ove maggiore era la possibilità di recuperare metalli preziosi. Nel 1602, il “Cabildo”[5] di Buenos Aires, su esplicita richiesta di Don Juan Giàcome Ferrufino, uno dei tanti italiani trapiantati in Argentina già in quel contesto storico, allora Tesoriere della Real Finanza del porto di Buenos Aires, decise di ampliare l’assetto urbano della città[6]. In tale ottica fu assegnato alla dogana un appezzamento di terreno a nord dell’abitato, onde procedere alla costruzione di un apposito edificio. Fu così che nella proprietà situata nell’isolato corrispondente all’attuale Avenida 25 de Mayo, verso la sua intersezione con Avenida Lavalle, nella c.d. “Solar de Ruiz”, fu costruito un modesto edificio, che tuttavia la dogana avrebbe occupato solo per un breve lasso di tempo. Alla fine dello stesso anno gli fu, infatti, assegnata una nuova sede, nella cosiddetta “Solar de Garay”, ove gli uffici doganali avrebbero operato, fino al 1604, in quelle che oggi è l’attuale sede del Banco de la Nación Argentina, in Avenida Rivadavia. Tempo dopo (attorno al 1658), per esigenze militari, la dogana fu nuovamente trasferita, occupando la caserma detta “Guardia antigua”, sita sulla sponda sinistra del fiume Riachuelo. L’immobile dovette essere abbandonato a causa di un incendio, così come delle ripetute inondazioni del fiume, determinando di conseguenza il trasferimento della dogana, nel 1725, in una zona più alta, chiamata “Guardia nueva”. Nel corso del Seicento, pur tuttavia, il porto di Buenos Aires divenne un punto di ingresso – legale e illegale – per vari prodotti, ma anche per gli schiavi africani.
Ciò innescò non poche lamentele da parte dei mercanti di Lima, in virtù delle quali il Viceré del Perù decise l’istituzione, nel 1622, di una “Dogana Secca” nella città di Córdoba, trasferita poi a Jujuy nel 1696, la quale avrebbe riscosso il 50% sulle merci dirette a Nord del Continente americano. Sul piano squisitamente professionale occorre dire che fu proprio nel corso del Settecento che la Spagna, nel tentativo di combattere il contrabbando e controllare più incisivamente le rotte dell’Atlantico meridionale, tenendo anche presente la circostanza geopolitica internazionale (ricordiamo che in quel frangente storico l’Inghilterra era impegnata nella guerra di indipendenza mossa dalle sue colonie), con Decreto reale del 1° agosto 1776, a firma di Re Carlo III (già illuminato Sovrano del Regno di Napoli) decise di istituire il prima citato “Vicereame” del Río de la Plata (che avrebbe compreso l’attuale Argentina, il Paraguay, l’Uruguay e la Bolivia), fissandone la Capitale nella città di Buenos Aires, nel frattempo eretta anche a sede Vescovile. Il nuovo “Vicereame”, affidato allo stesso Governatore di Buenos Aires, Pedro de Cevallos, avrebbe, quindi, inglobato, oltre al Governo di Buenos Aires, anche quelli del Paraguay, Tucumán, Cuyo, Potosí, Characas, Cochabamba e La Paz. Sul fronte economico e, quindi, doganale bisogna dire che fu proprio Don Pedro de Cevallos che, il 6 ottobre 1777, mosse il primo passo verso quel tanto atteso mutamento istituzionale chiesto da più parti. In quella circostanza egli firmò un’ordinanza con la quale si autorizzava la città di Buenos Aires a commercializzare liberamente i propri prodotti con i “Vicereami” del Perù, Nuova Spagna, Nuova Granada e Guatemala[7]. Aperta al commercio diretto e libero con i numerosi porti della Penisola Iberica, Buenos Aires fu, quindi, al centro di un’attenta riforma burocratica e amministrativa, in virtù della quale s’impose una radicale sistemazione dell’apparato doganale sin lì operante. Fu, poi, lo stesso Re Carlo III di Borbone, che a Napoli aveva fatto egual cosa, a voler dar vita ad una vera e propria “Dogana centrale” di Buenos Aires, istituita con Decreto Reale del 25 giugno 1778, fissandone l’entrata in funzione dal 1° marzo del 1779. Con lo stesso provvedimento il Sovrano innovatore ne designò Amministratore Don Francisco Ximenez de Mesa, il quale dirigerà la nuova Istituzione con grande intelligenza e competenza. E fu proprio in quel contesto che gli uffici della dogana furono trasferiti, a far data dal 1° maggio del 1779, nel centro cittadino, stabilendosi nell’edificio noto come “Ranchería”[8], situato all’incrocio delle attuali Avenida Alsina e Perù, dietro la Chiesa di San Ignazio. Alcuni anni dopo, agli inizi del 1784, la dogana si trasferì di nuovo, prendendo alloggio nell’immobile denominato “Del Real Asiento de los Ingleses” (eretto nel 1705), utilizzato in passato da commercianti di schiavi di quella nazionalità, di proprietà di Vicente de Azcuénaga e situato sull’attuale Avenida Belgrano, tra Balcarce e Paseo Colón. Il sito fu successivamente denominato “La Aduana vieja” o “Aduana de Santo Domingo”. La “Dogana centrale” di Buenos Aires non fu solo un organo percettivo dei dazi, ma ricoprì anche importanti funzioni consultive, sia per conto del “Viceré” che dello stesso Dicastero delle Finanze e del Tesoro di Madrid, tenendo presente il fatto che la riscossione dei dazi doganali serviva a coprire gran parte delle esigenze della stessa Amministrazione finanziaria spagnola.
Le Dogane argentine dopo la “Rivoluzione di maggio” (25 maggio 1810).
La “Rivoluzione di maggio”, della quale abbiamo già fatto cenno in altri contributi pubblicati da questo portale è da ritenersi il punto di partenza anche di quel nuovo spirito innovativo che avrebbe ispirato sia gli uomini che le Istituzioni. In questo nuovo assetto politico, i precedenti apparati amministrativi coloniali dovettero essere necessariamente riorganizzati. Fu così che anche il sistema delle Dogane fu radicalmente trasformato, tenendo presente gli obiettivi di quel vento rivoluzionario che si respirava nei vari “Vicereami” dell’America Latina, vento fortissimo che troviamo intriso sia di quel liberalismo filosofico e politico che aveva animato l’Europa post “Rivoluzione Francese”, sia di quella grande stagione di riforme burocratiche varate durante il periodo Napoleonico, sia in Spagna che in altri Paesi d’Europa sottoposti all’egida del Bonaparte. In tale prospettiva, dunque, fu varato un “Regolamento” provvisorio, in virtù del quale, sin dal maggio/giugno del 1810, fu sancita la libertà commerciale di quel “Vicereame”, primo passo verso la futura indipendenza dalla Spagna, la quale verrà proclamata il 9 luglio 1816. Fu lo stesso “Regolamento” a riconoscere il fatto che le entrate doganali erano da considerarsi la principale fonte di sostegno economico del “Viceregno”, attribuendo al sistema delle dogane un ruolo fondamentale, essendo i dazi doganali l’unica fonte di reddito che avrebbe consentito il finanziamento sia della città di Buenos Aires che del futuro apparato statale (la storica “Giunta di Governo” della quale abbiamo già parlato) che ben presto avrebbe preso il posto dell’antica Colonia spagnola. La Giunta decise di mantenere in servizio gran parte dei vecchi funzionari doganali di nomina “Vicereale”, ivi compreso Don José de Proyet, il funzionario del Tesoro Reale che divenne il primo Amministratore della “Dogana centrale” di Buenos Aires, dalla quale, pur tuttavia, non dipendevano le varie dogane periferiche, come, invece, accadeva per altri Stati, soprattutto Europei. Occorre dire che già i primi Governi nazionali sorti all’indomani del 1816 si posero, come obiettivo principale, quello di migliorare i servizi doganali in tutte le “Province Riunite del Rio de la Plata”, assicurando un’efficace azione di repressione del contrabbando, grazie alla quale se ne sarebbe avvantaggiata anche la stessa percezione degli introiti doganali. Ma questo fu un problema che non si ebbe modo di risolvere in tempi rapidi, tenendo presente i vari attriti che per lunghi anni avrebbero caratterizzato i rapporti fra Buenos Aires con le altre Provincie[9]. A partire dal 1826 furono messi in opera non pochi tentativi onde unificare sia la legislazione che le pratiche doganali, ma fallirono sempre proprio a causa di tali contrasti. Fu solo dopo il 1852, a seguito della caduta del Generale Juan Manuel de Rosas, che, nell’ambito del noto “Accordo di San Nicolás”[10] fu stabilito che le tasse doganali sulle importazioni e sulle esportazioni avrebbero avuto carattere nazionale e che le merci di origine straniera, una volta nazionalizzate, sarebbero potute transitare liberamente da una provincia all’altra della “Confederazione Argentina”, della quale Buenos Aires divenne Capitale qualche anno dopo. Dalla c.d. “Legge di Statuto”[11] (Titolo 14 Cap. 1º delle Consuetudini Nazionali, Art. 1) apprendiamo che tra il 1853 e il 1854 furono contemplate le seguenti dogane periferiche: Entre Ríos, sul fiume Paraná, Paraná, Victoria, Gualeguay. Sul fiume Uruguay, Gualeguaychú, Concepción del Uruguay, Concordia e Federación. A Santa Fe (Capitale) e Rosario. Ed inoltre a Corrientes (Capitale), Bella Vista e Goya. Quindi a Salta, Jujuy, a San Juan e a Mendoza. Attorno al 1855 il Governo decise, poi, la costruzione della c.d. “Nuova dogana”, in virtù della quale sarebbe stata demolita una parte dell’antico Forte bonearense, nonché della Darsena passeggeri, nel “Bajo de la Merced”, tra le attuali vie Bartolomé Mitre e Tenente Generale Juan D. Perón. La dogana dello Stato Indipendente di Buenos Aires, detta per l’appunto “Aduana nueva” o anche “Aduana Taylor”, dal nome del costruttore, l’ingegnere inglese Eduardo Taylor, inaugurata nel 1859, era costituita da un gruppo di edifici di cui il principale si affacciava sul fiume, di forma semicircolare con vari piani destinati a magazzini. Il complesso aveva una torre centrale con un faro. Dal centro dell’edificio emergeva un pontile in legno, utilizzato come banchina di carico principale. C’erano, poi, alcuni depositi su Victoria Street, oggi Avenida Hipólito Irigoyen, e rampe curve che collegavano Plaza de Mayo con il Paseo de Julio, oggi Leandro N. Alem. Negli anni seguenti la struttura pubblica ricevette varie destinazioni. Altra tappa decisiva nell’ambito della storia delle Dogane Argentine fu rappresentata dall’entrata in vigore della c.d. “Ordinanza doganale”, approvata con legge nazionale 16 agosto 1866, n. 181, aggiornata da una nuova legge del 5 ottobre 1876, provvedimento studiato e voluto da Don Cristóbal de Aguirre, uno dei padri della “Dogana moderna”[12]. Nel 1908 circa, gli architetti Eduardo Lanús e Pablo Harry furono incaricati di progettare un nuovo palazzo da destinare quale sede della dogana di Buenos Aires, oltre che per gli uffici della Direzione Generale delle Dogane Argentine, nell’area portuale bonificata dal fiume, sulla proprietà sita tra le attuali Avenide Belgrano, Azopardo, Moreno e Ingeniero Huergo. I lavori iniziarono nel gennaio del 1909, e si conclusero in parte in occasione del centenario della “Rivoluzione di maggio”, nel corso di una solenne cerimonia presieduta dal Presidente José Figueroa Alcorta. Il palazzo di Avenida Azopardo 350 è l’attuale sede della Direzione Generale delle Dogane Argentine e rappresenta uno degli edifici storici più rappresentativi della città di Buenos Aires, grazie soprattutto alla sua bellezza e imponenza[13].
La vigilanza armata dalle Regie Dogane Vicereali a quella della Republica.
A complemento del presente studio è opportuno dare un flash riguardo al servizio di vigilanza doganale e di repressione del fenomeno contrabbandiero, il quale sorse in Argentina allorquando si rese necessario assicurare un controllo più severo del commercio portuale. Tale sistema fu concepito nella metà del XVIII secolo, allorquando il Governatorato di Buenos Aires decise di istituire un Corpo militare denominato “Blandengues de la Frontera”, destinato ad operare praticamente sino alla “Rivoluzione di maggio”. A partire dal 1810, il Corpo fu, infatti, ribattezzato “Reggimento di Cavalleria della Patria”, mantenendo in parte gli antichi compiti di servizio. Nel 1817 gli verrà restituita la vecchia denominazione, per poi essere definitivamente soppresso nel 1824, per esigenze militari. La Polizia Doganale, o Guardia Doganale che dir si voglia, dipendente dalla Direzione delle Dogane, fu creata anni dopo per mantenere la sorveglianza delle coste, dei mari e dei confini terrestri. Essa ebbe, quindi, origine da questo antico Corpo militare, così come era accaduto in Italia con l’attuale Guardia di Finanza, vedendo tra le sue fila non pochi oriundi italiani, come lo fu, attorno al 1837, Don Gennaro Pauletti, ricordato in un testo dell’epoca come appartenente per l’appunto alla Guardia Doganale[14]. Le sue funzioni furono regolamentate per la prima volta il 10 marzo 1896, con apposito Decreto del Presidente José Evaristo Uriburu. Ad essa si affiancò, molti anni dopo, il personale addetto al “Resguardo”. Come ultima riflessione ricordiamo quanto riportato, il 14 novembre 1938, sul “Manuale per l’uso del personale delle Riserve dell’interno della Repubblica”, ordinato dall’allora Direttore Generale della Dogana De Ocantos Acosta: <<Le Guardie del Resguardo sono la custodia permanente dei porti, delle coste e dei confini della Nazione>>. Gli eredi di tale Istituzione sono oggi agenti e funzionari dipendenti dalla Direzione Generale delle Dogane, la quale è un organismo che fa parte dell’Amministrazione Federale delle Entrate Pubbliche (AFIP). Le Dogane sono preposte all’applicazione della normativa relativa all’importazione e all’esportazione di merci, nonché al controllo del traffico delle stesse. La sua funzione principale è quella di valutare, classificare, verificare e controllare l’ingresso e l’uscita delle merci, nonché i mezzi con i quali vengono trasportate, garantendo il rispetto delle disposizioni vigenti. Inoltre, la dogana concorre alla salvaguardia degli interessi dello Stato, quali la sicurezza nazionale, l’economia, la salute pubblica e l’ambiente, bloccando soprattutto il flusso di merci pericolose o illegali.
Ten. Col. Gerardo Severino
Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza
[1]Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, “Buenos Aires” (con particolare riferimento alla storia della Madonna della Bonaria di Cagliari), in rivista <<Tecnologie e Trasporti Mare>>, n. maggio 2002.
[2] L’Adelantado era un titolo militare assegnato personalmente dal Re di Spagna ai conquistadores fra il XV e il XVII secolo, i quali assumevano così le cariche di Governatore e Giudice su una specifica regione, un’area geografica che avevano essi stessi il compito di conquistare, in cambio dei fondi necessari per le prime esplorazioni, gli insediamenti e la pacificazione dell’area stessa in nome della Corona. Tali zone si trovavano solitamente all’esterno della giurisdizione di un Audiencia o di un Viceréame, tanto che gli Adelantados erano autorizzati a comunicare direttamente con il Consiglio delle Indie.
[3] I Viceré erano i rappresentanti diretti del Re di Spagna in America ed erano, quindi, i funzionari più importanti che operavano nelle Colonie.
[4] In virtù della Delibera n. 794, firmata dall’allora Controllore della Direzione Nazionale delle Dogane, Capitano di Marina (r) Mario R. Paillas, pubblicata sulla <<Circolare Speciale>> delle Dogane Argentine n. 169 del 16 ottobre 1962.
[5] Il cabildo, o ayuntamiento, era un organo collegiale coloniale spagnolo chiamato a governare un Comune.
[6] Era stato a ciò demandato con decreto emanato in Los Reyes il 28 gennaio 1602 da Viceré del Perù, Don Luigi Velazco.
[7] Il provvedimento fu poi confermato e modificato in virtù del Decreto Reale del 2 febbraio 1778, con il quale Buenos Aires aderì al libero scambio con la Spagna, dando così avvio alla sua proficua attività commerciale.
[8] La denominazione “Ranchería” si riferisce all’insediamento in quel luogo degli indiani Guaraní, portati dalle missioni dei Gesuiti, i quali svolgevano lavori nel convento del suddetto tempio cattolico e in quello di San Juan Bautista.
[9] Per quasi mezzo secolo la storia dell’Argentina fu caratterizzata dalla lotta tra Buenos Aires, governata da un’oligarchia di commercianti e professionisti, e le Provincie, non disposte a cedere la propria autonomia, soggette ai vari “caudillos” e ai proprietari terrieri.
[10] L’Acuerdo de San Nicolás fu un patto siglato il 31 maggio del 1852 nella cittadina argentina di San Nicolás de los Arroyos da parte dei delegati di quattordici delle quindici province che allora componevano la Confederazione Argentina. L’accordo fu il preambolo necessario per la convocazione della c.d. “Costituente a Santa Fe”, che si sarebbe tenuta l’anno seguente, ma soprattutto una delle tappe decisive che avrebbe portato alla nascita del moderno stato argentino.
[11] Lo Statuto delle Finanze e del Credito Pubblico della Confederazione Argentina è un Corpo Giuridico Costituzionale di materia economica e sociale. Fu formalmente promulgato dal Congresso Generale Costituente riunitosi a Santa Fé il 9 dicembre del 1853.
[12] Don Cristóbal de Aguirre fu uno dei primi funzionari destinati a percorrere tutti i gradi dell’Amministrazione Doganale, dal 1844 al 1872, fino a diventarne Direttore Generale. Il de Aguirre fu anche Ministro delle Finanze durante le Presidenze di Mitre e Sarmiento. Morì a Buenos Aires il 21 giugno 1892.
[13] Il 28 settembre 2009, con apposito Decreto (n.1309/09) l’edificio è stato dichiarato Monumento Storico Nazionale.
[14] Cfr. <<Guia de Forasteros y Almanaque de Buenos Aires del año 1837>>.