Edith Stein: la santa martire ed ebrea uccisa il 9 agosto ad Auschwitz-Birkenau
Uccisa il 9 agosto 1942 nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau Edith Stein è stata dichiarata compatrona d’Europa il 1° ottobre 1999 da Giovanni Paolo II, che così spiegò la decisione: “Dichiarare oggi Edith Stein compatrona d’Europa significa porre sull’orizzonte del vecchio Continente un vessillo di rispetto, di tolleranza, di accoglienza, che invita uomini e donne a comprendersi e ad accettarsi al di là delle diversità etniche, culturali e religiose, per formare una società veramente fraterna”.
Una santa europea che ha fatto dell’adorazione e della Croce gli aspetti più caratterizzanti della sua santità. Edith Stein rappresenta un punto di riferimento per i giovani. La sua figura è ricordata da due persone che la conobbero personalmente: Elisabeth Krämer, una sua alunna ai tempi dell’insegnamento presso l’Istituto magistrale di Speyer, nell’attuale Renania-Palatinato, presso il convento delle Suore domenicane intitolato a St. Magdalena, e da Sr. Teresia Margareta Drügemüller, novizia al tempo dell’ingresso nel Carmelo di Colonia di Edith Stein, la futura Sr. Teresa Benedetta della Croce, proclamata santa da Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1998.
Nel 2005, chi scrive, assieme ad alcuni colleghi giornalisti incontra proprio Elisabeth Krämer nel convento del Carmelo di Colonia.
“Sr. Benedetta era consapevole, sebbene con la massima modestia, dell’essere prescelta come figlia d’Israele. Rallegrava conoscerla così perché era completamente di Dio e allo stesso tempo figlia del popolo eletto di Dio. Era ebrea, ma sottolineava sempre, ebrea tedesca, così come sua madre e i suoi parenti si definivano costantemente “ebrei tedeschi”. Questa consapevolezza conferiva a Suor Teresa Benedetta un grande carisma. […] Edith Stein, figlia del popolo di Israele ed ebrea tedesca, era nata nel giorno dello Jom Kippur, dell’espiazione e del perdono del popolo di Dio […] Questa grande donna potrebbe essere il membro di riconciliazione tra Ebrei e Cristiani, affinché entrambi riconoscano congiuntamente di essere figli e figlie di un unico Padre celeste, e di vivere del Suo amore e della Sua benedizione”.
La Croce di Cristo faceva necessariamente parte della quotidianità della nostra consorella Teresa Benedetta. Ella soffrì profondamente, quando ebbe notizia del destino dei suoi parenti, amici e conoscenti. In quegli anni del periodo nazista [antecedenti il 1938], il disprezzo per gli Ebrei cresceva di giorno in giorno” […] Da anni [1941] sentiva tutto il peso della Croce. L’ideologia del nazionalsocialismo, la miseria tremenda in tutte le sue manifestazioni, subita dal suo popolo ebraico, la guerra crudele e la povertà estrema del popolo affliggevano profondamente Suor Teresa Benedetta. Aveva previsto già anni prima la catastrofe, offrendo a Dio la sua vita per impedire tutto questo male. Solo da Dio si attendeva un aiuto, poiché aveva capito che in questa situazione l’aiuto umano non bastava”.
La dottoressa Stein pregava molto, così come ricordò la signora Kramer. “La mattina, in occasione della Santa Messa, aveva un posto tutto suo nel Coro della Chiesa. C’era un inginocchiatoio vicino alla porta della sagrestia: si inginocchiava lì. Ma non solo durante la Messa, anche in altri momenti veniva spesso lì per fare l’adorazione – ebbe modo di sottolineare l’ex allieva – . Persino di notte si tratteneva spesso a fare l’adorazione davanti al Santissimo. Una chiave della Chiesa era a sua disposizione in un posto concordato. Le sue lezioni erano impegnative, ed ella pretendeva molto anche da noi. Non era una semplice trasmissione di sapere: portava nell’aula con sé anche la sua profonda fede in Cristo.
Edith Stein nasce il 12 ottobre 1891 a Breslavia; dopo aver frequentato il liceo entra nell’Università della sua città natale nel 1911 dove frequenta la facoltà di germanistica e segue i corsi di filosofia e di psicologia sperimentale, ma proprio a Breslavia venne a conoscenza delle ricerche che il filosofo E. Husserl (1859 1938) stava svolgendo a Gottinga e decise di seguire le sue lezioni dopo aver letto nell’estate del 1913 il secondo volume delle Ricerche Logiche. Edmund Husserl, la cui formazione è legata agli studi di matematica e di psicologia, aveva attraversato una fase di riflessione durante la quale riteneva di poter comprendere il significato dell’aritmetica e in particolare quello del numero per mezzo dell’analisi psicologica. Già nel primo volume delle Ricerche Logiche del 1901, egli aveva dimostrato, però, di essersi reso conto dell’insufficienza della psicologia e di essersi orientarsi verso la logica per poter afferrare il significato dei processi conoscitivi. In realtà egli era alla ricerca di un metodo di indagine sulla interiorità umana che si ponesse al di là sia della logica che della psicologia, metodo che sarà da lui elaborato e definito “fenomenologico”, ossia un’ analisi dell’attività conoscitiva e in generale della vita riflessiva e affettiva umana, che la descriva nel suo darsi, così come si presenta, senza sovrapporre ad essa elementi estranei.
Questa descrizione che mette in evidenza ciò che è proprio dei fenomeni, intesi come atti conoscitivi o affettivi e che cerca di comprenderli in se stessi, è definita appunto fenomenologia, riflessione su ciò che si presenta, si dà nel fluire della nostra coscienza. Essa si scandisce, quindi, in un doppio movimento: un messa in evidenza di ciò che è “essenziale” (riduzione eidetica, da eidos = essenza), dopo aver messo fra parentesi ogni altro aspetto, perfino quello esistenziale (epoché), e degli atti che sono “vissuti” (Erlebnisse) dal soggetto, preso nella sua univer¬salità (riduzione trascendentale), secondo l’uso che già Kant aveva fatto del termine trascendentale, come ciò che è relativo alla struttura della soggettività. Edith Stein comprende a fondo il significato di tale metodo di indagine, tanto da non abbandonarlo mai sostanzialmente, anche quando la sua ricerca affronterà temi che la allontaneranno dal suo maestro Husserl. A Gottinga, infatti, ella ha la possibilità di applicare il metodo fenomenologico alla sua prima ricerca importante, quella relativa all’ empatia, cioè al modo in cui ogni io si mette in contatto con gli altri e li riconosce come alter-ego, da lei elaborata nella sua Dissertazione di laurea Il problema dell’empatia, pubblicata a Halle nel 1917. Tale conoscenza ha una sua particolarità: l’altro è conosciuto o meglio “sentito” come altro io (alter ego), cioè è riconosciuto come un soggetto (io), ma diverso da me e perciò “altro”; tuttavia, se da un lato ogni io rimane estraneo all’altro, in quanto un’immedesimazione totale è impossibile, è anche vero che è possibile comprendere attraverso la presentificazione di ciò che l’altro pensa, vive e sente; si stabilisce in tal modo una comunicazione fra i due che si estende a tutti i soggetti, diventando appunto inter soggettiva. Siamo nel 1916; Husserl stava sviluppando in quegli anni e continuerà in quelli successivi accanto ad altre analisi, anche quella sull’intersoggettività. E. Stein prende spunto dalle indagini del maestro, le elabora in modo personale e le utilizza contro i sostenitori di un’interpretazione puramente psicologica dei processi conoscitivi, dimostrando la validità del metodo fenomenologico nell’ambito della descrizione dei rapporti fra i soggetti.
Nella Dissertazione di Edith Stein c’è un punto particolarmente significativo: esso riguarda la possibilità dell’essere umano di mettersi in contatto con Dio e la modalità del legame che li unisce in quanto credente. Questa riflessione stupisce, se si pensa che Stein, proveniente da famiglia ebraica, era diventata fin dall’adolescenza indifferente nei confronti dei problemi religiosi. E’ necessario, però, tenere anche in debito conto ciò che ella scrive nella sua autobiografia. A Gottinga in quegli anni risiedeva anche Max Scheler; egli contendeva a Husserl il primato nella scoperta del metodo fenomenologico, in realtà si fermava alla sola riduzione all’essenza, che applicava all’analisi dei sentimenti e in particolare alla dimensione religiosa. A prescindere dalla questione del “primato” nella scoperta del metodo fenomenologico, che E. Stein pensa debba spettare a Husserl, ella confessa di preferire l’atteggiamento di ricerca, più rigoroso e onesto intellettualmente proposto da Husserl, ma di aver subito l’influenza di Scheler proprio per quanto riguarda i problemi religiosi:, per cui cadevano così le barriere dei pregiudizi razionalistici tra i quali era cresciuta senza saperlo e il mondo della fede le si apriva repentinamente dinanzi. Nel 1917 Husserl veniva nominato ordinario all’Università di Friburgo, egli scelse come sua assistente E. Stein il cui lavoro consisteva nel sistemare i numerosi manoscritti del maestro e nel tenere corsi preparatori alla fenomenologia per gli studenti più giovani.
Nel frattempo il contatto con la moglie di Adolf Reinach, suo collega a Gottinga morto durante la prima guerra mondiale e con Hedwig Conrad Martius, entrambe profondamente religiose, la sollecitò sempre di più ad approfondire la conoscenza dei testi sacri, ma la spinta decisiva verso la conversione al cattolicesimo fu data dalla lettura della vita di S. Teresa d’Avila. Nel Capodanno del 1922 ricevette il Battesimo e la Prima Comunione. Non sentendosi più a suo agio a Friburgo, preferì accettare nel 1923 il posto di docente di lingua e letteratura tedesca presso l’Istituto Magistrale delle Madri Domenicane di S. Maddalena a Spira. Certamente questo non fu un esilio, anzi si intensificò il suo contatto con gli altri e la sua popolarità aumentò, sia sotto il profilo culturale che spirituale E. Stein fu molto conosciuta e la sua partecipazione richiesta in numerose occasioni. L’approfondimento delle analisi fenomenologiche le consente di completare la trilogia iniziata con la trattazione del tema dell’empatia con due lunghi saggi, Psicologia e scienze delle spirito – Contributi per una fondazione filosofica (1922) e Una ricerca sullo Stato (1925) pubblicati sullo “Jahrbuch fuer Philosophie und phaenomenologische Froschung” diretto da Husserl e dedicati alla descrizione fenomenologica dell’essere umano come formato da corpo, psiche e spirito e delle forme associative umane, la comunità, la società e lo Stato. Già nel 1919 ella aveva iniziato una sottile analisi ricapitolativa e introduttiva delle tematiche che andava affrontando, analisi che condurrà fino al 1932 presso l’Istituto tedesco di pedagogia scientifica di Muenster dove insegnò per un anno. Le sue indagini riprendono il tema della soggettività, dell’intersoggettività e delle scienze umane e si allargano sulla scia delle analisi della sua amica Hedwig Conrad Martius anche ad un argomento che sembrava a lei estraneo, quello relativo al significato della natura. Tali analisi sotto il titolo complessivo di Introduzione alla filosofia sono state pubblicate come vol.XIII delle sue opere.
Vincenzo Grienti