Europa: 70 anni fa il Piano Marshall
L’annuncio dell’European Recovery Program, meglio noto come “Piano Marshall” fu dato il 5 giugno 1947 all’Universita di Harvard durante il discorso di colui da cui prese il nome, l’allora segretario di Stato statunitense George Marshall durante la presidenza Truman. Gli Stati Uniti d’America avviarono così la pianificazione di aiuti economici e finanziari che avrebbero risollevato l’Europa dalle ceneri della Seconda guerra mondiale. Marshall, da generale dell’esercito, aveva toccato con mano la devastazione avvenuta nel vecchio continente e per tale ragione mise il piede sull’acceleratore per varare il 3 aprile del 1948 un programma che ebbe una sua ben precisa collocazione nella storia del dopoguerra italiano giocando un ruolo fondamentale per tutta la “guerra fredda” e dopo l’ingresso dell’Italia nel Patto Atlantico (Nato), firmato a Washington D.C. il 4 aprile 1949.
“Va considerato anzitutto il discorso di Stalin, pronunciato al teatro Bolshoi il 9 febbraio 1946. In quell’occasione egli disse che a vincere la guerra era stato il sistema socialista sovietico, che aveva superato la prova del fuoco e infine trionfato – sottolinea lo storico Matteo Luigi Napolitano, professore all’Università degli studi del Molise (nella foto a lato) – . Quindi il sistema socialista poteva essere esempio per il mondo. «La questione ora – disse Stalin – è che il sistema sociale sovietico si è dimostrato più praticabile e stabile del sistema sociale non sovietico, che il sistema sociale sovietico è la miglior forma di organizzazione della società di ogni altro sistema sociale non sovietico». Era stata l’Armata Rossa sovietica la vera vincitrice della guerra – riflette Napolitano -. Da questa dichiarazione di guerra ideologica George Kennan, allora in forze all’ambasciata americana a Mosca, seppe trarre il dovuto insegnamento: l’alleanza di guerra era finita e bisognava ora prepararsi a contenere l’Urss ovunque, e in particolare in Europa. E’ questa la vera data d’inizio della Guerra fredda.
Il piano Marshall – prosegue lo storico – rispondeva a un imperativo: ricostruire l’Europa avrebbe rappresentato una valida alternativa al modello sociale sovietico. Risanare Paesi stremati dalla guerra avrebbe vanificato il rischio di propagazione dell’esempio sovietico nel vecchio continente. Questo è vero particolarmente per l’Italia, che si stava dando nuove istituzioni e una nuova Costituzione, e che aveva un partito comunista tra i più forti dell’Europa occidentale. Ricostruire in Italia un welfare con il Piano Marshall significava sottrarla al fascino di Mosca. Diverso è il caso del Patto atlantico. Gli americani non ci volevano: non avevamo i requisiti di alleati affidabili ed efficaci, e fu soltanto per i francesi e per la lobby italo-americana che Truman ci prese a bordo. Fu però subito chiaro che l’Italia di De Gasperi rappresentava un enorme valore aggiunto per la stabilità dell’Occidente e per l’integrazione europea”.
A distanza di settant’anni con una situazione geopolitica completamente cambiata le ricadute del Piano Marshall sotto il profilo economico, sociale e storico sono sotto gli occhi di tutti
“Il Piano Marshall ha rappresentato un evento unico per l’Europa post-bellica. Era destinato anche ai Paesi dell’Europa orientale, che declinarono l’offerta americana per il veto di Mosca – spiega Napolitano -. E’ poi evidente come il Piano Marshall abbia contribuito moltissimo alla stabilità economica europea. Per esso l’Europa ha potuto non solo scongiurare il così detto pericolo rosso ma anche sperimentare in varie dosi economia liberale e welfare a intervento pubblico. Gli anni del primo boom in Italia sono la prova di questo sapiente dosaggio”. Il diffuso benessere introdusse “ascensori sociali” assai benefici per le classi inferiori, “non in chiave di cieco assistenzialismo ma di capacità, in quegli anni tutta italiana, di generare nuova impresa e nuovi di posti di lavoro – aggiunge lo storico -. Forse è un’epoca da rimpiangere, ma in prospettiva storica è stata una congiuntura irripetibile. Il Piano Marshall fu il motore di quel ciclo virtuoso per energie morali e spirituali italiane rimaste integre, e semmai rigenerate, dal diffuso anelito di libertà d’un popolo allo stremo per la tragedia bellica. Ora la situazione è diversa. Oggi i politici e gli addetti ai lavori dovrebbero rispondere a questa domanda: le attuali crisi sono cicliche o sistemiche? Temo manchi ancora una risposta; con l’aggravante che non vi sarà un nuovo Piano Marshall”.
Il programma dell’amministrazione Truman si concretizzò nei mesi che precedettero l’adesione dell’Italia alla Nato. Un quadro che conosce molto bene Ferdinando Sanfelice di Monteforte (nella foto a sinistra), storico navale, già professore di studi strategici all’Università cattolica di Milano, che fra il 1986 ed il 1989 ha prestato servizio presso l’Ambasciata Italiana a Washington come addetto navale: “Nel 1946-47 l’Italia si era già orientata a scegliere l’Occidente, mentre gli Alleati occidentali avevano bisogno dell’Italia per accedere al Mediterraneo Orientale, nonché per disporre di una via di fuga per i loro contingenti in Austria e Germania, in caso di attacco sovietico – spiega citando i Forrestal Diaries Sanfelice di Monteforte che ha concluso la sua carriera in Marina come rappresentante militare italiano alla Nato e all’Unione Europea con il grado di ammiraglio di squadra -. Il Piano , consentendo la ripresa dell’economia e la costruzione di un consenso popolare, grazie all’incremento dell’occupazione, consolidò questo orientamento. La nostra politica estera ne venne quindi legittimata e rafforzata. Sul piano della difesa, la cessione di armamenti americani e britannici consentì un rapido riarmo dell’Italia, massimizzandone però le componenti aerea e terrestre” come peraltro sottolineato nel libro Strategia di pace di J.F. Kennedy. Ma quale incidenza del Piano nella ricostruzione del nostro Paese e nel percorso di adesione alla Nato? “L’incidenza fu notevole – aggiunge l’ammiraglio – : basti ricordare che il nostro governo aveva dovuto firmare con Belgio e Paesi Bassi l’accordo secondo cui noi fornivamo minatori per le loro miniere di carbone, pur di averne determinate quantità a prezzo agevolato. Il Piano Marshall, quindi, ci consentì di avviare uno sviluppo più equilibrato. Per quanto riguarda la nostra adesione alla Nato, questo passo rientrava tra le aspirazioni del nostro governo, il quale aveva firmato il Trattato di Pace malgrado l’opposizione dei Liberali, anche se fummo agevolati dalla Francia”. Il piano venne avviato nella primavera del 1948 si concluse formalmente nel giugno 1952, anche se, di fatto, terminò la propria attività nella primavera del 1951