Giacomo Tarabusi, la Fiamma Gialla che non dimenticò mai l’Argentina
Uno dei drammi maggiori che gli emigranti italiani dovettero affrontare, bene inteso dopo essere stati costretti ad abbandonare la propria terra e i propri affetti, fu quello di ripartire loro stessi, ovvero di veder partire per l’Italia i propri figli, anche quando questi fossero nati nel Paese che aveva accolto i propri genitori, dovendo assolvere ai c.d. “obblighi di leva”. Per molti giovani, non ancora ”naturalizzati”, questa fu una vera e propria iattura, dovendo lasciare, attorno ai vent’anni, “casa e bottega”, come si soleva dire un tempo, per raggiungere un luogo lontanissimo, che magari, alcuni di loro, avrebbero visto per la prima volta e forse senza nemmeno conoscerne la lingua. Fu, questa, una regola veramente assurda, che certamente suonava più come una beffa piuttosto che come un “dovere”, anche perché era rivolta a giovani che proprio da quella Patria lontana non avevano mai avuto nulla, se non l’orgoglio della progenie. Dell’essere d’origine italiana certamente non si sarebbero mai vergognati, mercé gli insegnamenti di nonni e genitori che non si erano rassegnati all’idea di non tornare più a casa, ovvero grazie a quello spirito di appartenenza che ovunque, soprattutto nella lontana America del Sud, avrebbe favorito la nascita di sodalizi di beneficienza o di altro genere associativo. Quella che presentiamo oggi è la storia di uno di loro, di un ragazzo che proprio in relazione a tali obblighi, non solo li assolse con grande “determinazione”, ma dovette persino operare una scelta, drastica sì ma per fortuna felice, volendo “schivare” i vari richiami alle armi che il delicato momento storico vissuto in Italia imponeva.
Da Buenos Aires a Stradella (1874 – 1898).
L’avventura umana di Giacomo Tarabusi ebbe inizio a Buenos Aires, la bellissima Capitale della Repubblica Argentina, ove il piccolo nacque, il 26 giugno del 1874, figlio di Antonio, un bravo commerciante di coloniali originario di Stradella, nei pressi di Voghera (Pavia), e di Paola Lombardi, sua moglie. Della sua fanciullezza, così come della giovinezza sappiamo veramente poco. Possiamo solo evidenziare che Giacomo, dopo aver frequentato le Scuole Elementari sino alla classe 4^, molto probabilmente nella stessa città porteña, intraprese il mestiere di cameriere, trasferendosi, di lì a poco dalle parti di Bahia Blanca, la modernissima città sorta proprio in quegli anni a circa 7 km dalla baia omonima dell’Oceano Atlantico, collegato da un immenso porto-canale, al confine tra le regioni naturali della Pampa e della Patagonia, La città aveva sin lì attratto migliaia di emigrarti europei, soprattutto italiani, la maggior parte dei quali impiegati nel c.d. “terziariato” e nei magazzini del porto mercantile, dal quale salpavano giornalmente le navi cariche di grano e carni argentine destinate in Europa. Non solo, ma sul finire del secolo Bahia Blanca era divenuta anche una méta del turismo balneare, fattore, questo, che aveva favorito l’apertura di numerosi alberghi e luoghi di ritrovo, tra i quali il celebre Hotel di Londra, ove Giacomo fu assunto.
Il giovane Tarabusi visse, dunque, a Bahia Blanca sino al compimento dei vent’anni, data nella quale il Regio Consolato alla sede, avendo riscontrato la mancata naturalizzazione argentina del giovane, gli notificò la tradizionale “cartolina precetto”, in virtù della quale egli si sarebbe dovuto presentare presso il Regio Distretto Militare di Voghera, onde sostenervi la visita di leva. Tornato a malincuore in Italia, Giacomo visse per qualche giorno a Stradella, la cittadina ove il 29 luglio di sette anni prima si era spento il grande Agostino Depretis, molto probabilmente presso i nonni paterni, ovvero gli zii, allora ben avviati e ricchi commercianti di coloniali e vini pregiati. Da qui si recò a Voghera, il 1° settembre del 1894, venendo così sottoposto alle operazioni di reclutamento quale soldato della 1^ categoria della classe 1874. Dal suo foglio matricolare apprendiamo che il giovane italo-argentino si presentava come un ragazzo certamente non molto alto, misurando la statura di metri 1,57. Con capelli e occhi castani, Giacomo ha un colorito roseo, una dentatura sana e la fronte alta. Dichiarato idoneo al servizio militare, fu inviato a casa in congedo illimitato, in attesa della vera e propria chiamata alle armi che non avrebbe tardato di molto. Il nostro protagonista rimase, dunque, a Stradella sino al 7 dicembre dello stesso anno, epoca nella quale fu chiamato alle armi, con l’obbligo di presentarsi inizialmente presso lo stesso Regio Distretto Militare di Voghera. Qui vi rimase sino al giorno 16 seguente, allorquando fu destinato al 74° Reggimento Fanteria “Lombardia”, allora di stanza a Vercelli, trovandosi al comando del Col. Emilio Massone. Promosso Caporale il 31 agosto del 1895, il 29 febbraio del 1896, Giacomo Tarabusi cuciva sulla giubba turchese della propria uniforme i galloni di Caporal Maggiore. Il giovane rimase in servizio di leva presso il 74° Fanteria sino al 27 settembre 1897, data nella quale, terminati gli obblighi di legge, venne finalmente inviato in congedo illimitato. Appena gli fu possibile, il giovane fece ritorno nella sua vera Patria, l’Argentina, ove, sempre a Bahia Blanca riprese a lavorare come cameriere. In realtà, Giacomo Tarabusi non poteva certo immaginare cosa gli stava riservando la sorte. Nel gennaio del 1898 – l’annus horribilis per l’Italia, per via dei forti turbamenti dell’ordine pubblico – egli fu richiamato alle armi, costretto, quindi, a far ritorno in Italia col primo bastimento utile. Il 29 gennaio si dovette presentare nuovamente al Distretto di Voghera, mentre il 1° di febbraio raggiunse il Deposito del 1° Reggimento Fanteria “Re”, in quel frangente storico di stanza a Tortona (Alessandria). Fu a quel punto che il giovane, che nel frattempo aveva perso anche il lavoro in Argentina, operò una scelta molto coraggiosa: quella di arruolarsi volontariamente nella Regia Guardia di Finanza, un Corpo di Polizia molto importante e abbastanza conosciuto, soprattutto a Voghera, ove a partire dall’ottobre del 1774 aveva operato una delle Compagnie che davano vita alla Legione delle Truppe Leggere, la specialità dell’Armata Sarda da cui avevano avuto origine le stesse Fiamme Gialle.
Giacomo Tarabusi e le Fiamme Gialle (1898 – 1923).
Ammesso, dunque, in Finanza il 4 giugno dello stesso ’98, Giacomo Tarabusi smise – lui sperava per sempre – la variopinta uniforme del Regio Esercito per indossare quella di color verdone dei Finanzieri. In quello stesso giorno l’ex fante dovette raggiungere la città di Verona, ove operava uno dei Depositi Allievi del Corpo, reparto presso il quale avrebbe ricevuto la necessaria formazione professionale. Promosso “Guardia” il 1° ottobre ’98, Giacomo fu destinato al Circolo territoriale di Varese, reparto dal quale dipendevano allora un’infinità di piccole Brigate (reparti di 5-10 finanzieri al comando di un Brigadiere) chiamate a vigilare la pericolosissima frontiera con la Svizzera. Da quel momento in avanti il giovane avrebbe girovagato fra vari reparti e località, raggiungendo, poi, il 1° gennaio del 1901 il Circolo di Novara. E fu proprio in questa località che Giacomo ottenne la promozione a Sotto Brigadiere, il primo gradino della categoria dei Sottufficiali del Corpo, che egli aveva ampiamente meritato, sia grazie all’impegno operativo dimostrato negli anni precedenti che per il buon livello culturale che evidentemente aveva ricevuto, frequentando le Scuole Elementari, a Buenos Aires. Con tale promozione, intervenuta il 23 ottobre 1901, pervenne al giovane anche il relativo trasferimento, questa volta presso il Circolo di Domodossola, ancora una volta chiamato a vigilare la frontiera con la Svizzera. Il Sotto Brigadiere italo-argentino avrebbe fatto il suo dovere al servizio dello Stato sino al 3 giugno del 1903, data nella quale, essendo scaduta la c.d. “ferma quinquennale”, fu mandato a casa come se nulla fosse. Lo sfortunato ragazzo di Buenos Aires, in procinto di tornarsene per sempre in Argentina, non poteva certo immaginare cos’altro gli aveva riservato il fato. Il congedo dalla Regia Guardia di Finanza, che a quel tempo – è opportuno evidenziarlo – non era stata ancora militarizzata (lo sarà solo nel 1907) – aveva, in realtà, innescato la “restituzione” del giovane agli obblighi del “servizio militare”, ragion per cui, Giacomo fu nuovamente assegnato al Deposito di Fanteria di Tortona, inquadrato nella c.d. “Milizia Mobile”. Giacomo Tarabusi, da Sottufficiale delle Fiamme Gialle quale era stato sino al giorno prima si ritrovò nuovamente soldato semplice, costretto a quel punto a rivestire i panni di fantaccino. Era il 15 giugno 1903 quando rimise piede nella caserma di Tortona. E fu proprio qui che, di lì a qualche mese, non dandosi per vinto chiese di poter tornare tra le Fiamme Gialle, seppur con il semplice grado di Guardia. Presentò nuovamente la domanda di arruolamento, la quale per fortuna fu immediatamente accolta. Giacomo Tarabusi dismise nuovamente la divisa del 1° Reggimento Fanteria l’8 settembre 1903, per poi rindossare quella della Regia Guardia di Finanza, il successivo 5 di ottobre. Il 1° novembre raggiunse così il Comando del Circolo di Sondrio, che lo destinò probabilmente ad una delle tante Brigate che cingevano allora il confine italo-svizzero. Il 18 ottobre dell’anno seguente riottenne la promozione a Sotto Brigadiere, seguita però, appena un mese dopo, dal trasferimento al Circolo di Verona. Il 1° novembre del 1906 troviamo, invece, il nostro Tarabusi “Allievo Brigadiere” presso la Scuola di Caserta, dalla quale ne uscì il 27 febbraio dell’anno seguente con gli ambiti gradi di Brigadiere e l’assegnazione alla Legione territoriale di Milano. Inizialmente destinato alla Compagnia di confine di Madonna di Tirano, in seguito ebbe il comando di altre importanti reparti di confine, spaziando dalla stessa Legione di Milano a quella di Venezia, dalla Compagnia di Vicenza a quella di Tolmezzo, al confine con l’Austria. Ma le peripezie del Brigadiere Tarabusi non erano certamente finite lì. Il 26 febbraio del 1913, ad un anno esatto dalla conquista della nuova Colonia Libica, il Finanziere italo-argentino, avendo tentato il classico “colpo di mano”, si vide accettare l’istanza per essere destinato a Tripoli, ove sbarcò due giorni dopo. E fu proprio a Tripoli che l’uomo venne finalmente promosso al grado di Maresciallo, una vera e propria “conquista sociale”, almeno per quei tempi. Con tale grado egli ebbe il comando di varie e importanti Brigate aventi sede sia a Tripoli città che a Zuara.
Si trovava al comando della Brigata “stanziale” di Tripoli allorquando, il 6 dicembre 1916, in piena “Grande Guerra”, ma anche ad un anno dal suo mancato matrimonio (che era stato costretto a rinviare, non potendo tornare fisicamente in Italia), gli verrà notificata la promozione al grado di Maresciallo Capo. Il Tarabusi rimase in Libia sino al 30 settembre del 1918, data nella quale fece finalmente ritorno in Patria, sbarcando a Siracusa. Destinato alla Legione territoriale di Firenze, il 1° ottobre del 1918, Giacomo Tarabusi assunse il comando della Brigata di Bandino di Bagni a Ripoli, ove rimase sino al 1° dicembre dell’anno seguente, allorquando prese in comando la Brigata “stanziale” di Firenze città. Il 29 gennaio del 1920, alla veneranda età di 46 anni, con ben cinque anni di ritardo, convolò finalmente a nozze con la signorina Carolina Scovenna, dalla quale però non ebbe figli. Promosso per esami al grado apicale di Maresciallo Maggiore, il 10 agosto dello stesso anno, Giacomo Tarabusi continuò a prestare servizio nel Corpo sino al 5 ottobre del 1923, data nella quale fu collocato in congedo per “raggiunti limiti d’età”, avendo calcolato anche gli anni del precedente servizio militare. Si concludeva così una lunga e prestigiosa carriera che aveva visto quel volenteroso ex emigrante italiano scalare le vette di una bella e onorata carriera militare, un percorso professionale e umano che forse egli stesso, qualche anno prima, non avrebbe nemmeno lontanamente immaginato.
Epilogo.
Pur avendo inizialmente eletto domicilio nella cittadina d’origine della famiglia, Stradella, di lì a qualche mese dal congedo, appena assolte le formalità di rito, il Maresciallo Maggiore in pensione Giacomo Tarabusi ottenne, dalla Regia Prefettura di Pavia, il rinnovo del vecchio passaporto e la concessione di analogo documento per la moglie Carolina. Con la sua dolce metà, Giacomo fece, quindi, finalmente ritorno nell’amatissima sua terra di nascita, l’Argentina, anche se non sappiamo se direttamente a Bahia Blanca, nella stessa Buenos Aires, ovvero a La Plata, ove nel frattempo si era trasferito uno dei fratelli. Da quel momento in poi se ne persero, purtroppo, le tracce, anche perché i suoi atti matricolari originali custoditi presso il Museo Storico del Corpo non risultano aggiornati dopo il 1923, segno evidente del fatto che il Sottufficiale, essendo ormai emigrato all’estero, non diede, di conseguenza, più notizia di sé. La sua storia è riapparsa solo di recente, grazie alla fotografia qui riprodotta, la quale ci risulta essere stata scattata proprio a Bahia Blanca il 5 settembre del 1913, presso il celebre Gabinetto Fotografico “Turbull & Vetri”, in Calle San Martin, 266. Ciò ovviamente in occasione di una licenza che l’allora Brigadiere (così si firmò, non sapendo ancora della promozione a Maresciallo) Tarabusi si era concesso in Argentina, volendo riabbracciare la madre Paola e i fratelli, rimasti a vivere al cospetto di quel bellissimo panorama Oceanico…
Col. (a) Gerardo Severino
Storico Militare