28 febbraio 1917, Grande Guerra: il “colpo di Zurigo”
Un’operazione da manuale per smantellare una rete di spionaggio austriaca. Nel febbraio del 1917 veniva messo a segno il “colpo di Zurigo”. Un’azione da spy story accaduta a quasi un anno dalla fine della Grande Guerra. Fu l’operazione che sgominò una rete di sabotatori in Italia ed evitò attentati austro-ungarici nel nostro Paese. Un episodio che è diventato ormai un “case history” della Prima guerra mondiale. “Il colpo di Zurigo” è diventato un classico della letteratura e della storia narrato nei libri e nei film in Svizzera. Tutto parte da una cassaforte ritenuta impenetrabile e sicurissima custodita presso il consolato asburgico viene aperta da alcuni uomini del reparto informazioni della Regia Marina. Viene messo a segno così quello che sarà ricordato come “il colpo di Zurigo”. Gli agenti italiani, come si nota nella mappa fornita dall’Ufficio Storico della Marina militare, riuscirono a introdursi all’interno del Consolato austro-ungarico, all’ultimo piano di un edificio tra la Seidengasse ed il civico 69 della Bahnhofstrasse. Poi raggiunsero l’ufficio dell’amm. Rudolf Mayer, schedato come “il principale organizzatore del Servizio di informazioni della rete austro-ungarica in Italia” per aprire la cassaforte e trovare documenti inchiodanti per l’Austria-Ungheria.
Come tutte le operazioni riservate della Marina Italiana poco si sa in merito al prima e dopo di quell’operazione costata un anno e mezzo di paziente preparazione. Per assurdo sono stati gli statunitensi a raccontare di più su quell’evento in un loro introvabile volume del 1918 dal titolo The German Secret Service in America. Proprio in questo volume si legge una riflessione molto interessante: “Una nazione in guerra non vuole altro che informazioni complete sul suo nemico. È difficile per la mente concepire esattamente cosa significhi informazione completa, poiché include ogni fatto che possa contenere la minima indicazione della forza del nemico, del suo uso di quella forza e della sua intenzione”. La nazione che si propone di ottenere informazioni complete sul suo nemico “deve curiosare in ogni angolo trascurato, pescare in ogni pozza innocente e raccogliere una massa di informazioni sull’organizzazione industriale, sociale e militare del nemico che, se correlata, valuta la sua forza e la sua debolezza”. Niente di meno che un’informazione completa soddisferà il creatore matematico della guerra. La Germania è sempre stata precocemente appassionata di statistiche internazionali. E’ il senso di questo libro in cui, tra le righe, si comprende come gli agenti segreti dei governi teutonici che agiscono sotto gli ordini hanno attaccato la nostra vita nazionale, sia prima che dopo la nostra dichiarazione di guerra; come uomini e donne in Germania impiegano in America
“Il colpo di Zurigo” venne compiuta dal comandante Pompeo Aloisi, dal marinaio lodigiano Stenos Tanzini, vero e proprio asso dei servizi italiani, e da Natale Papini, re degli scassinatori e patriota. Un’azione che evitò ulteriori sabotaggi e attentati in Italia e su cui sono stati scritti libri e prodotto anche un film dal titolo “Senza bandiera” realizzato negli anni Cinquanta. La regia di Lionello De Felice ripercorreva l’audace colpo della Regia Marina nel bel mezzo della prima guerra mondiale.
Una trama che sottolineava le gravi perdite subite dalla Marina italiana a causa di vari sabotaggi. Il racconto prende le mosse dalla vera storia per narrare come il controspionaggio non volendo incassare ancora brutti colpi incaricò delle indagini un comandante di marina e tre suoi subordinati; in breve tempo si venne s scoprire una pericolosa rete di spie provenienti dalla Svizzera, e il loro capo era proprio il console austriaco di Zurigo, coadiuvato da due complici, un uomo e una donna, che si spacciavano per un barone e un’infermiera. Un tenente riuscì a corteggiare la donna e a farsi assumere come cameriere nella casa del barone; scoprì così che i preziosi documenti erano nascosti in una cassaforte. Durante una momentanea assenza del console gli agenti e uno scassinatore ingaggiato per l’occasione riuscirono ad aprire la cassaforte, impadronirsi dei documenti e sgominare la rete spionistica. Il console si toglierà la vita.
Una storia ripercorsa anche nel Notiziario della Marina Militare, nel settembre 2015. che offrì un’altra pagina molto originale dedicata all’azione della Marina dal titolo “Operazione Zurigo, la mano del controspionaggio sul casinò di Campione”, pubblicata sulla rivista trimestrale “Campione d’Italia” del giugno 2000: “Questa ristampa – scriveva il NdM – è stata resa possibile grazie alla concessione gratuita di Alarico e Attilio Gattia titolare dei diritti delle immagini, di Giorgio Cavalleri autore dei testi e Romano Vitale art director della rivista “Campione d’Italia”. Un’altra chicca che aggiungeva un tassello importante a una storia davvero da film.
Nella realtà le prove del colpo di Zurigo non soltanto permisero di sgominare in poche ore le reti di sabotatori nemici in Italia, ma anche quelli attivi in Francia e Gran Bretagna e giocarono un peso non indifferente per l’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto. Se di questo poco o nulla si sa è perché il Potere marittimo è tanto più efficace quanto meno rumore fa.
Ma c’è di più i presunti attentati contro le corazzate italiane Brin e Leonardo Da Vinci del 1915 e del 1916 all’epoca molto pubblicizzati non reggono, oggi, il confronto delle evidenze storiche e sembrano, casomai, rivendicazioni fatte a posteriori col semplice scopo di incassare premi non dovuti da parte degli uomini dell’Evidenzbureau. Viceversa è stata acclarata la responsabilità austriaca in merito alla deflagrazione del Black Tom, il maggiore deposito di esplosivi degli Stati Uniti, all’epoca neutrali, avvenuta nel New Jersey il 30 luglio 1916. Detonarono 2.000 tonnellate di esplosivo, ossia un sesto della bomba atomica di Hiroshima , e la stessa Statua della libertà, dall’altra parte della baia di New York venne danneggiata.
Tra i protagonisti del “colpo” ci fu Pompeo Aloisi, addetto navale ad Atene fino al 1916, diresse il servizio di controspionaggio italiano durante la prima guerra mondiale. Passò poi in diplomazia e fu ministro plenipotenziario a Copenaghen (1920) e a Bucarest (1923), ambasciatore a Tokyo, quindi capo di gabinetto al ministero degli Esteri (1932), primo delegato alla conferenza del disarmo, all’assemblea e al consiglio della Società delle nazioni (1932-36), e legò il suo nome soprattutto alle discussioni ginevrine sulla questione etiopica. Nel 1939 si ritirò a vita privata e fu nominato senatore del Regno. Morì dieci anni dopo. Tra i suoi scritti come regio ambasciatore “La mia attività al servizio della pace”
Vincenzo Grienti