1° novembre 1918. Quando Rossetti e Paolucci affondarono la Viribus Unitis
Fin dall’inizio della Grande Guerra fu palese la strategia della Marina austro-ungarica di opporre al nemico dell’Intesa una flotta di dissuasione, perennemente alla fonda nei vari porti e non impegnarla in rischiose battaglie in mare aperto.
Di contro, la Regia Marina diverse volte nel corso del conflitto tentò di forzare i porti nemici e la base austriaca di Pola fu pertanto, da subito, uno dei principali obiettivi. La difficoltà di tale impresa fu quella dovuta innanzitutto alla costante sorveglianza del porto e ai vari sbarramenti che ne impedivano l’avvicinamento.
L’unico modo per penetrare nel porto di Pola era per mezzo di piccole unità d’assalto o di incursori, e fu così che nel luglio del 1918 l’ingegnere del Genio Navale Raffaele Rossetti elaborò un piano apposito, basato sull’utilizzo di un particolare mezzo da lui progettato e denominato Mignatta.
La Mignatta era un apparecchio pilotato motorizzato e dotato di due ordigni sganciabili da fissare alla chiglia di una nave per mezzo di un elettromagnete ad accumulatori, ed un prototipo era già stato fabbricato in gran segreto nell’arsenale della Spezia, nell’aprile dello stesso anno. Fu lo stesso Rossetti a voler essere impiegato nell’azione di Pola, e venne affiancato dal tenente medico e provetto nuotatore Raffaele Paolucci, che aveva già da tempo fatto domanda di poter partecipare ad una simile operazione.
L’impresa fu preceduta da un lungo e faticoso allenamento, ma vedendo sopraggiungere la fine del conflitto i preparativi furono accelerati e la data dell’azione fu prevista per il 31 ottobre.
Le istruzioni per l’attacco, firmate dall’Ispettore dei MAS Capitano di Vascello Costanzo Ciano in data 30 ottobre 1918, stabilivano che il mezzo speciale sarebbe stato pilotato da Rossetti e Paolucci.
In una notte senza luna la torpediniere 65 PN e 66 PN avrebbero dovuto rimorchiare i MAS 94 e 95 fino davanti la base nemica, dove la Mignatta sarebbe stata presa a rimorchio dal MAS 95 e condotta a meno di 1000 metri dalle prime ostruzioni.
Rossetti e Paolucci avrebbero poi dovuto sbrigarsela da soli. Alle ore 22.18 i due ufficiali italiani puntarono verso il porto di Pola a bordo della Mignatta, mentre il MAS si allontanò verso il punto dove avrebbe dovuto raccoglierli dopo l’azione. L’avvicinamento all’obiettivo fu complesso e rischioso: Rossetti e Paolucci dovettero trascinare la Mignatta a motore spento oltre le ostruzioni (sbarramento esterno e tre ordini di reti) ed eludere l’intensa vigilanza austriaca.
Passati inosservati alle sentinelle sulla diga, alle imbarcazioni di ronda e a un sommergibile nella rada, i due guastatori giunsero verso le 3.00 in prossimità delle navi ancorate.
Solamente alle ore 4.45 del 1º novembre 1918, dopo più di sei ore in acqua, i due arditi ufficiali riuscirono a posizionarsi a poche decine di metri dallo scafo della Viribus Unitis. Rossetti si staccò dalla mignatta e si avvicinò alla chiglia della corazzata con uno dei due ordigni, mentre il compagno rimase ad attenderlo alla condotta del mezzo che risultava poco governabile a causa della corrente.
Alle 5.30 l’esplosivo fu finalmente assicurato alla carena dell’obiettivo e programmato per le ore 6.30, ma quando Rossetti ritornò da Paolucci i due vennero illuminati dalla luce di un proiettore e subito scoperti.
I due furono catturati e portati a bordo della Viribus Unitis e alle 6.00 avvertirono il comandante Vuković che la corazzata poteva esplodere da un momento all’altro; prontamente questi ordinò a tutti di abbandonare immediatamente la nave e di trasferire i prigionieri a bordo della nave gemella Tegetthoff.
L’esplosione non avvenne e l’equipaggio fece gradualmente e incautamente ritorno a bordo, non dando più credito all’avvertimento dei due italiani, finché alle 6.44 la carica brillò e la corazzata austriaca, inclinatasi su un lato, cominciò rapidamente ad affondare.
L’azione si concluse così con oltre 300 tra vittime e dispersi, tra cui il comandante Vuković, che fu colpito mortalmente dalla caduta di un albero di legno mentre, nuotando tra i flutti, cercava di porsi in salvo. L’armistizio di Villa Giusti, con cui l’Austria-Ungheria si arrese all’Italia, fu firmato due giorni dopo, il 3 novembre 1918, e sarebbe diventato operativo il 4 novembre.
Il 5 novembre la Regia Marina occupò il porto di Pola e Rossetti e Paolucci – che erano ancora detenuti a bordo di una ex nave austriaca – furono liberati.
Per la riuscita dell’impresa, Rossetti e Paolucci vennero insigniti della medaglia d’oro al valor militare.
La motivazione della decorazione per Rossetti fu la seguente:
«Genialmente ideava un mirabile ordigno di guerra marittima e con amorosa tenacia ne curava personalmente la costruzione. Volle a sé riserbato l’altissimo onore di impiegarlo e, con l’audacia dei forti, con un solo compagno, penetrò di notte nel munito porto di Pola. Con mirabile freddezza attese il momento propizio e verso l’alba affondò la nave ammiraglia della Flotta austro-ungarica. Pola, 1º novembre 1918» |
Questa la motivazione per Paolucci:
«Portò geniale contributo nell’ideare un mirabile ordigno di guerra marittima. Volle a sé riservato l’altissimo onore di impiegarlo e, con l’audacia dei forti, con un solo compagno penetrò di notte nel munito porto di Pola. Con mirabile freddezza attese il momento propizio e verso l’alba affondò la nave Ammiraglia della flotta austro-ungarica. Pola, 1º novembre 1918» |
Due ancore della Viribus Unitis sono esposte rispettivamente all’ingresso del Museo Storico Navale di Venezia e del Ministero della Marina Militare Italiana a Roma. La Regia Marina costruì due prototipi di Mignatta. Il primo fu utilizzato per questa azione, l’altro, pezzo unico al mondo, è conservato e visibile presso il Museo Tecnico Navale della Spezia.
Leonardo Merlini
Direttore del Museo Tecnico Navale di La Spezia
Per saperne di più
Museo Tecnico Navale di La Spezia
TORPEDINE SEMOVENTE ROSSETTI – “MIGNATTA”
La Torpedine Semovente Rossetti, progettata dal Capitano del Genio Navale Raffaele Rossetti, fu realizzata in due esemplari nelle officine dell’Arsenale di Venezia fra il maggio ed il luglio del 1918 con matricola S.1 e S.2.
La direzione esecutiva del progetto fu affidata al Capitano di Vascello Dante Bucci, Direttore di Artiglieria ed Armamenti di Venezia. Le prove e l’addestramento operativo furono condotte dallo stesso Rossetti e dal Tenente Medico Raffaele Paolucci.
Di foggia siluriforme era lunga 8 m. con un corpo cilindrico del diametro di 60 cm. L’apparato motore era costituito da una macchina alternativa ad aria fredda proveniente da un siluro d’ordinanza nella Regia marina tipo “A. 115/450×5,230” di costruzione “Schneider” al quale erano state calettate all’asse di trasmissione due eliche quadripala.
L’aria compressa contenuta nel serbatoio, posto all’incirca al centro dell’arma, aveva una pressione di 205 Kg/cm2 che doveva essere ridotta al motore ad una pressione di esercizio di 130-150 Kg/cm2 consentendo un’autonomia di circa 10 miglia alla velocità di 2 nodi. L’apparecchio era dotato di due cariche di alto esplosivo, di forma cilindrica in lamierino d’acciaio, contenenti ciascuna 175 Kg di tritolo, attivate da spolette ad orologeria con una regolazione massima di sei ore.
Le cariche, separabili, erano sistemate una dopo l’altra a proravia del corpo centrale e quella anteriore era provvista di un’ogiva troncoconica per facilitare l’avanzamento idrodinamico del mezzo. Per il collegamento dell’esplosivo al bersaglio fu previsto un sistema elettromagnetico che lo faceva aderire alla massa ferrosa; in virtù di questa caratteristica fu soprannominata “Mignatta”.
Il corpo centrale, contenente il grosso serbatoio dell’aria compressa, era rivestito di doghe lignee fermate da numerose cerchiature in rame. In corrispondenza del baricentro era sistemata una “braga” metallica con un “golfare” (anello) per la sospensione dell’ordigno nelle operazioni di messa a mare e recupero. A poppavia del corpo centrale cilindrico era collegata una sezione tronco conica, contenente la macchina e una piccola cassa esauribile per mezzo di aria compressa, necessaria per il controllo dell’assetto longitudinale.
Il pilotaggio non era certamente dei più semplici, infatti il mezzo d’assalto era sprovvisto di timone di direzione: quindi per variare la traiettoria durante la navigazione i due operatori dovevano provvedere ad aumentarne la resistenza all’avanzamento sul lato verso cui volevano accostare protendendo in fuori gambe e braccia.
L’unico comando per la propulsione era la chiave della valvola di registro per aprire, chiudere o regolare l’afflusso dell’aria compressa dal serbatoio alla macchina. Lo svuotamento e il riempimento della cassa d’assetto poppiera era comandato da altre valvole.
Era previsto anche un congegno di autodistruzione, costituito da una piccola carica esplosiva con attivazione ad orologeria posto nella parte troncoconica poppiera.
I due operatori potevano sedere uno dietro l’altro a cavalcioni del semovente, ma in questa configurazione l’apparecchio assumeva un assetto molto appoppato ed il secondo uomo si trovava immerso sin quasi al collo. Per questa ragione, l’equipaggio preferiva farsi trascinare dal mezzo d’assalto stando in acqua sui due lati trattenendosi ad apposite maniglie fissate al corpo centrale.
La torpedine semovente Rossetti era stata progettata per avere una “spinta positiva” (galleggiamento) di soli pochi Kg; in pratica navigava in affioramento, pertanto durante l’azione i due incursori, stando immersi in acqua, rettificavano continuamente la direzione facendo attrito al moto col proprio corpo e, per il passaggio delle ostruzioni retali, provvedevano a spingerla nuotando attraverso i varchi che a Pola furono tutti superati senza destare allarme.