9 novembre 1989. Il crollo del muro di Berlino
Varsavia, 9 novembre 1989: il cancelliere della Germania federale Helmut Kohl e Lech Walesa, capo del movimento autonomo e indipendente Solidarnosc, conversarono sugli sviluppi futuri della Deutsche Demokratische Republik (Ddr), la Germania dell’Est, a meno di un mese dalla fine del regime di Erich Honecker e dalla sua conseguente partenza per Mosca. Honecker governò per quasi due decenni la Repubblica democratica tedesca dal 1971 al 1989 portandola sull’orlo della crisi economica. Egli fu segretario della sicurezza del Comitato centrale del partito. In seguito accorpò tutto nelle sue mani, compresa la carica di presidente nazionale, forte dell’appoggio di Breznev. Fu il principale organizzatore dell’erezione del Muro di Berlino nell’estate del 1961, ma i venti che soffiavano dalla Polonia e da altri Paesi filo-sovietici lo indussero a lasciare la Ddr.
Egon Krenz in qualità di segretario del Partito socialista unificato di Germania tentò di ripristinare il regime comunista che fu di Erich Honecker, ma nei mesi successivi fu protagonista di una rapidissima retromarcia politica, preludio del crollo del Muro di Berlino.
Il muro, 155 km di una barriera di cemento, fu simbolo della divisione non solo di una città, occupata ad est dai sovietici e nella parte occidentale dagli Alleati, ma di due mondi che si erano sviluppati in direzioni completamente opposte sotto il profilo politico, sociale ed economico. La caduta del Muro aprì la strada a un rapido processo di riunificazione della Germania in un solo Stato democratico e libero. Questa opportunità fu rapidamente colta e guidata proprio dal cancelliere democristiano della Germania federale Helmut Kohl che avviò, con decisione e grande determinazione politica, un fulmineo processo di riunificazione nazionale dopo aver presentato il 28 novembre dello stesso anno al Bundestag, il parlamento tedesco, un programma in dieci punti.
La riunificazione si concluse formalmente il 3 ottobre del 1990. Anche se, già da sola, la riunificazione tedesca fu un fatto di enorme rilevanza storica e politica di per sé assolutamente primario, l’importanza della caduta del Muro di Berlino e la portata dell’evento andarono al di là di questo pur straordinario fatto. Con la caduta del Muro si avviò, infatti, la fase finale dello sgretolamento dell’impero sovietico costituito da Stalin nei Paesi dell’Europa orientale occupati dall’Armata Rossa nel corso della Seconda guerra mondiale. La dissoluzione dell’Unione Sovietica determinò la disintegrazione del Patto di Varsavia. Appena due anni dopo, il 26 dicembre 1991, il Soviet Supremo sciolse ufficialmente l’Urss.
Un fatto inusuale in un arco di tempo così breve e, soprattutto, senza il ricorso a una guerra. Il regime comunista dunque crollò in ragione del proprio esaurimento interno, implodendo nelle proprie contraddizioni di fronte alla sollevazione pacifica dei popoli e rese ancor più simbolica e significativa la dimensione, veramente epocale, del crollo del Muro di Berlino.
Il 1989 registrò lo schianto del comunismo come ultima ideologia totalitaria del Novecento, l’auto-dissolvimento di un «socialismo realizzato» che aveva suscitato nel mondo tante speranze, tanti sacrifici, tanta dedizione, tante passioni, ma anche tante stragi, altrettanti orrori, altrettanti feroci crimini. Nella storia del comunismo colpisce profondamente come esso abbia potuto essere il più tirannico dei sistemi attuati sulla terra apparendo, nel contempo, a coloro che erano esterni al potere sovietico, come forza di liberazione.
La caduta del Muro di Berlino avviò di fatto anche il processo di riunificazione della Germania. Al riguardo, oltre alle tragedie e ai drammi di famiglie divise, si conclusero di fatto anche le sofferenze della Chiesa nella Ddr. Dopo la Seconda guerra mondiale, infatti, la divisione di Berlino e della Germania aveva determinato profondi cambiamenti nello scenario ecclesiastico. Parti delle diocesi di Paderborn, Wurzburg, Fulda e Osnabruck furono separate di colpo dalle loro sedi vescovili che erano situate sul territorio della zona un tempo di occupazione sovietica. Il caso più eclatante fu quello della diocesi di Berlino. Solo la diocesi di Dresden Meissen era situata interamente nel territorio della Ddr, come pure residui dell’arcidiocesi di Breslavia, da cui in seguito venne eretta la diocesi di Gorlitz. Solo a fatica i vescovi con sedi nella Repubblica federale tedesca riuscirono a mantenere rapporti con i loro fedeli nella Ddr.
La Santa Sede naturalmente era costantemente informata di ciò che accadeva “oltre cortina” preoccupati per le comunità cristiane e cattoliche situate nella Ddr: salvaguardare l’azione pastorale e l’unità ecclesiastica significava molto. Sebbene prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale Germania e Santa Sede avessero firmato un concordato che poteva fungere da garanzia per la Chiesa tedesca, dopo il conflitto l’Unione Sovietica spinse verso lo scioglimento delle strutture ecclesiastiche dal loro vincolo con le diocesi tedesco-occidentali.
A ciò si aggiunsero le analoghe intenzioni della dirigenza della Ddr nei confronti delle comunità locali protestanti che diversamente da quelle cattoliche – le quali si opposero energicamente grazie all’impegno della Conferenza dei vescovi tedeschi e del Governo della Repubblica federale – si separarono dalla Evangelische Kirche in Deutschland (Ekd). La Santa Sede andò incontro alle concrete esigenze pastorali creando nel 1973 per le parti delle diocesi tedesco-occidentali situate nella Ddr i cosiddetti Uffici diocesani di Erfurt-Meiningen, Magdeburgo e Schwerin, e nominando per ciascuno di essi un amministratore apostolico, mentre la giurisdizione del vescovo occidentale restava sospesa ma non veniva soppressa.
Secondo quanto ha scritto su L’Osservatore Romano il cardinale Brandmuller, il vescovo Reinelt di Dresda, all’inizio dell’ottobre 1989, cercò di impedire personalmente violenti scontri fra dimostranti e servizi di sicurezza nella piazza della stazione di Dresda. Il 16 ottobre, due giorni dopo l’esautoramento del capo dello Stato della Ddr, Erich Honecker, il vescovo chiamò i cattolici ad impegnarsi in politica. Un appello prontamente raccolto dalle comunità. Infine, alla caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, alcuni vescovi tedeschi – fra i quali quello di Berlino, Sterzinsky, che aveva assunto la sua carica solo in settembre – incontrò a Roma Giovanni Paolo II per riferire sugli sviluppi nella Ddr e in merito alla condizione della Chiesa tedesca.
Vincenzo Grienti