IMI, una storia da riscoprire nel libro “Resta con me”
Parlare della seconda guerra mondiale non è mai facile, vuoi per la vicinanza dell’evento, vuoi perché ci sono ancora persone in vita che hanno subito questa tragedia sulla propria pelle, vuoi per la presenza di totalitarismi che non sono mai svaniti del tutto. Senza contare il numero incalcolabile di civili che hanno perso la vita in una manciata di anni.
Quando si sente parlare del secondo conflitto mondiale vengono in mente varie immagini iconiche, viste sui giornali o in televisione: Hitler che cammina tra due ali immense di militari perfettamente schierati, Mussolini al balcone a Roma, la scultura dei bambini illesa in mezzo alle rovine di Stalingrado, il fungo atomico sopra Hiroshima, i partigiani, piazzale Loreto, le divise nere delle SS, la scritta “Arbeit macht frei” sopra la cancellata di Auschwitz.
Ma a pochi verrà in mente qualcosa sentendo pronunciare la parola “IMI”.
Il 1943 fu un anno cruciale per la seconda guerra mondiale, in particolar modo per l’Italia: il 25 Luglio, in seguito alla votazione del Gran Consiglio del Fascismo di cui faceva parte anche Ciano, genero del Duce, Mussolini venne destituito ed in seguito imprigionato. Verrà liberato, stanco e demotivato, il 12 Settembre da militari nazisti.
Tra queste due date, così vicine tra loro, ve n’è un’altra : l’8 Settembre 1943 venne annunciato alla radio l’armistizio conclusosi tra l’Italia e le forze degli Alleati. L’Italia cambiò fronte, i nazisti divennero nel giro di qualche ora dei nemici, dei nemici temibili.
Ogni nazione d’Europa e del mondo sapeva che l’esercito tedesco era un avversario temibile e pronto a tutto, anche se non in molti erano a conoscenza di ciò che donava un’incredibile reattività e resistenza a questi soldati, delle pastiglie racchiuse in un piccolo tubetto colorato. Il Pervitin,la droga dei super uomini.
Una nazione che si fa nemici i tedeschi, che da mesi tratta con gli Alleati per un armistizio dovrebbe aver in mente un piano per arginare la furia vendicativa nazista, pronta a calare dalla strada già in parte occupata del nord verso le parti più a sud dell’Italia.
L’8 Settembre i “piani alti” avrebbero dovuto aver già fornito disposizioni ai capi dell’esercito, della marina, dell’aereonautica.
Nulla di tutto ciò avvenne e l’annuncio dell’armistizio venne accolto, paradossalmente, con più sorpresa dai militari italiani che da quelli tedeschi, questi ultimi avevano infatti da tempo annusato l’aria e, memori del voltafaccia italiano nelle Grande Guerra, avevano già dato il via all’operazione “Achse” per occupare militarmente la penisola.
Con soldati italiani, rimasti senza direttive ufficiali e con il comunicato che diceva di “ reagire ad eventuali attacchi di qualsiasi provenienza” e che, quindi, non ordinava esplicitamente una resistenza armata contro i nazisti, i tedeschi ebbero gioco facile.
Ad eccezione di alcune sacche che si rifiutarono categoricamente di consegnar le armi e che furono per questo decimate o sterminate, come avvenne a Cefalonia, la stragrande maggioranza venne con l’inganno fatta salire su treni e navi , con la promessa di un prossimo rientro in Patria.
Solo quando fu troppo tardi i militari italiani capirono quale era la loro vera destinazione: gli Stalag per la truppa ed i sottoufficiali, gli Oflag per gli ufficiali ed i gradi superiori.
Campi di prigionia, di concentramento (ma non di sterminio) dove essi sarebbero stati costretti a lavorare per sostituire gli uomini tedeschi mandati occupati al fronte.
A nessuno di loro vennero riconosciuti i diritti garantiti ai prigionieri dalla Convenzione di Ginevra del 1929, in quanto Hitler in persona aveva coniato per i “traditori badogliani” una nuova qualifica : IMI, Internati Militari Italiani.
Essendo una nuova categoria, non poteva essere protetta da nessun trattato antecedente.
Gli Italiani vennero a trovarsi, nella gerarchia dei campi, appena al di sopra dei russi, considerati inferiori proprio a livello di razza, ed al di sotto di qualsiasi altro prigioniero di nazionalità francese, inglese o americana.
A questi uomini, vessati dalla fame, dalla sporcizia,dal lavoro e dalla lontananza da casa venne proposto di militare sotto l’esercito tedesco ed, in seguito, sotto la repubblica di Salò ( comunque in mano ai nazisti).Sarebbe bastata una sola firma e sarebbero stati rimandati a casa.
Ebbene, questi IMI, questi traditori, nella stragrande maggioranza, dissero : “No!”.
Oggigiorno io credo che molti di noi direbbero : “ Beh, firma e poi non ti presenti, diserti. Intanto sei a casa”.
Esatto, oggigiorno.
Queste persone ( e parliamo dei nostri padri,nonni e bisnonni ) vivevano in un mondo dove la parola data aveva ancora valore, dove per siglare un contratto bastava una stretta di mano, un mondo in cui l’onore, quello in senso buono, aveva ancora un posto nella società.
Molti li potranno considerare degli stupidi, molti degli eroi.
Io credo che a loro basti non essere dimenticati.
*Patrizia Figini nasce a Saronno. Linguista, ha vissuto in Giappone ed ora si sta dedicando, tra le altre cose, allo studio del cuneiforme. Studiosa di Storia, passione che ha scoperto fin dalla più tenera età, è specializzata nel periodo che ha visto il mondo sconvolto dalla Rivoluzione Francese. Tali studi, portati avanti a 360°, Le hanno permesso di conoscere opere ed artisti di grande talento, tra i quali il Joseph Boulogne Chevalier de Saint George. Il suo amore per la Storia coinvolge anche altre epoche, dall’età classica ai conflitti mondiali. Scopo dell’autrice è restituire la voce alla gente comune, resa muta dal fluire del tempo.