«Irriducibili pentecostali». La storia delle Assemblee di Dio in Italia nei documenti d’archivio
Era il 1908, quando Giacomo Lombardi, uno fra i tanti italiani che erano emigrati negli Stati Uniti, giunse a Roma e raccontò la propria esperienza «pentecostale» in seguito a un risveglio religioso avvenuto ad Azusa Street, Los Angeles. Era un messaggio semplice, basato sulla predicazione della Bibbia, la salvezza dell’anima, la guarigione, il battesimo («immersione», pienezza) nello Spirito Santo con l’evidenza esteriore del parlare in lingue, così come raccontato nell’episodio della Pentecoste del capitolo 2 degli Atti degli Apostoli. Vent’anni dopo oltre cento congregazioni pentecostali si erano diffuse dal Nord al Sud per la testimonianza evangelica ad amici e parenti di emigrati italiani tornati ai propri luoghi d’origine. Fu allora, nel 1928, che il regime fascista cominciò a preoccuparsi della diffusione del pentecostalismo, difficilmente inquadrabile nel clima di controllo dittatoriale, e iniziò a effettuare indagini anche a carattere nazionale. Fino all’anno prima le opposizioni erano circoscritte a manifestazioni antievangeliche locali; il questore di Agrigento aveva assicurato al Ministero dell’Interno che i pentecostali – la cui presenza era stata rilevata a Raffadali e per i quali richiedeva maggiori informazioni e istruzioni – non s’interessavano di politica e si mostravano ossequienti alle leggi e al Governo Nazionale, «il clero di Raffadali si è però preoccupato della diffusione di tale nuova religione e mira allo scioglimento dell’aggregazione». L’11 giugno 1928 la Regia Prefettura di Roma, che aveva informazioni più dirette, constatando la non pericolosità del culto pentecostale, trasmise il proprio parere: «In Via Adige N° 20, in un locale semi-interrato esiste effettivamente una sala Cristiana Evangelica detta anche dei “Pentecostieri” o “Pentecostale” … Non risulta che l’attività da loro svolta sia in contrasto con le finalità dello Stato Fascista, in modo da costituire un pericolo nazionale, sebbene allontani un po’ di fedeli dal Cattolicesimo … si esercita adeguata vigilanza e se risulteranno emergenze degne di nota non mancherò di riferirne».
L’atteggiamento di ostilità o di sospettosa diffidenza verso i protestanti in generale, e i pentecostali in particolare, ebbe una benevola accoglienza presso il governo centrale, per il binomio italianità e cattolicità che gli esponenti del nuovo regime rivendicavano. Si arrivò quindi al 1929, al concordato con la Santa Sede e la legge sui Culti ammessi. Il capo della Polizia, Arturo Bocchini, e le autorità ecclesiastiche mapparono la diffusione protestante in tutto il territorio nazionale. Il pentecostalismo ricevette critiche e avversioni anche da parte delle chiese storiche protestanti («tollerate» come culti acattolici per lo Statuto Albertino), preoccupate che si facesse proselitismo al loro interno.
Iniziarono accuse sulla condotta morale e politica dei pentecostali. Il 9 aprile 1935 una circolare riservata (cioè ministeriale, non con carattere di legge), la cosiddetta «Buffarini Guidi», dal nome del sottosegretario degli Interni, bandì il culto pentecostale, «essendo risultato che esso si estrinseca e si concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza». Storicamente interessante è che questa circolare prefigura e anticipa di tre anni e mezzo le leggi razziali in Italia, promulgate il 5 settembre 1938.
Dove non c’erano situazioni locali di tensione o denunce pressanti da parte del clero, i prefetti non ebbero premura nel ricercare, sciogliere e reprimere i gruppi pentecostali, protetti dalla mancanza di strutture e di gerarchie. In alcune lettere indirizzate dal nunzio apostolico a Mario Scelba, ministro degli Interni, appare chiaro come fu determinante l’ingerenza delle autorità cattoliche ma anche di capi preoccupati della diffusione protestante in un periodo storico complesso; si era davanti alla guerra d’Etiopia e in regime autarchico, quindi di estrema diffidenza e avversione psicologica verso tutto ciò che appariva esterofilo. Anche per questo lo Stato fascista fu più disponibile a serrare il fronte interno schierandosi con decisione con la Chiesa Cattolica. La Buffarini Guidi era stata l’effetto di un inasprimento da parte del regime, di un moltiplicarsi di segnalazioni mirate a discreditare un popolo religioso di per sé «rumoroso», spontaneo, non controllabile; i pentecostali erano chiamati anche «Quaccheri», «Tremolanti», come gli Schaekers in Inghilterra, o «Pneumatici». I loro battesimi, praticati in età adulta, avvenivano spesso sulle rive dei fiumi, dei laghi o del mare, con canti e preghiere che catturavano l’attenzione della gente. Già prima di questa circolare erano state adottate perizie mediche, più o meno imparziali, di neuro psichiatri (Clerico 1928, De Sanctis 1931, Zacchi e Banissoni 1934) per dimostrare che i pentecostali, attivissimi e tenaci propagandisti, erano un pericolo in particolare per le donne e i bambini, e che erano capaci di minare dalle fondamenta la struttura sociale e l’ordine morale della popolazione.
Non solo fiduciari e informatori dell’OVRA (l’Organizzazione di Vigilanza e Repressione dell’Antifascismo) ma anche un privato cittadino poteva fare segnalazioni anonime alla Pubblica Sicurezza, che irrompeva in case private o in luoghi di culto (spesso i due luoghi coincidevano) o nelle campagne dove continuavano a radunarsi, sequestrando Bibbie, innari, lettere e portando in carcere uomini e donne. Uno spionaggio e un controllo capillare erano intenti ventiquattro ore su ventiquattro a impedire l’esercizio della fede pentecostale, considerata antifascista. Molti pentecostali furono malmenati, diffidati, incarcerati, rimpatriati, ammoniti e mandati al confino; qualcuno perse la vita, un altro fu ucciso nella rappresaglia di via Rasella e sepolto nelle Fosse Ardeatine. Quei pentecostali, definiti «irriducibili» e «insuscettibili di modificazione» nelle informative per una incontenibile necessità di testimoniare ad altri anche in carcere e nel confino, cominciarono a creare una forma di organizzazione nel 1945, quando fu loro possibile uscire dalla clandestinità e l’essere «inorganizzati» costituiva ormai un ostacolo all’ottenimento della libertà di culto. L’intervento della stampa, negli anni Cinquanta, contribuì a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione pentecostale, dando vasta divulgazione a episodi di violenza e di discriminazione e offrendo a noi oggi piccole finestre sul pensiero della gente dell’epoca. Le misure di repressione furono perpetuate fino al 16 aprile 1955, quando, dopo vent’anni, la Buffarini Guidi fu revocata. Il 29 dicembre 1986 le Assemblee di Dio in Italia stipularono l’intesa con lo Stato italiano.
Quelle contenute nel libro Irriducibili pentecostali, di Marina Pagano, sono tante piccole storie incastonate in una storia più grande, quella del nostro Paese nell’arco di tutto il Novecento. Una narrazione fluida e avvolgente, un’indagine irrequieta nel tentativo di riempire vuoti che si riflette anche nell’originale impaginazione dei documenti. Una «storia illustrata» che parla di amore e tenacia nel portare avanti la propria fede fino alla vittoria, al raggiungimento della libertà, che non fu solo dei pentecostali ma religiosa nel suo significato più ampio, per ricordare che «nella storia delle libertà quella religiosa è la prima ad affermarsi e ad aprire la via alle altre» (Arturo Carlo Jemolo).
Marina Pagano
L’autrice del volume, presentato al Salone del Libro a Torino subito dopo la pubblicazione, è nata a Roma nel 1968. Laureata con lode in Lettere e Filosofia alla Sapienza, indirizzo archeologico, con una tesi in Storia del Cristianesimo sui pentecostali, per molti anni è stata editor presso l’Ufficio Storico della Marina Militare, curandone la revisione dei libri e il Bollettino d’Archivio; collabora con STORIA militare ed è redattore della rivista Lega Navale. Pentecostale di terza generazione, con parenti e conoscenti coinvolti in carcere e confino per la professione della propria fede, ha avuto un osservatorio particolare per questa ricerca, eseguita dall’interno ma in modo scientifico e aconfessionale, con un interesse specifico per i documenti d’archivio per l’immediatezza con cui essi restituiscono storie passate, senza filtri né interpretazioni, nella loro luce reale, autentica, con i loro colori, odori, linguaggio, con la possibilità di andare a vedere come stavano le cose.
Alcune pagine del libro “Irriducibili pentecostali”
Una ricerca d’archivio minuziosa e ricca di dettagli che fotografa uno spaccato della storia d’Italia poco conosciuto. Di seguito alcune pagine del libro di Marina Pagano, un volume che attraverso fotografie, documenti e lettere ingiallite dal tempo e della memoria riporta alla luce fatti e vicende inediti.
Sotto la foto del documento “Proposta per il confino per alcuni aderenti alla nota setta dei pentecostali, antifascista, antimilitarista, antinazionale. 9 gennaio 1942”. (ACS, MI, Dir. Gen. P.S., Div. AA.GG.RR., Ufficio confino di polizia, Confinati Politici, b. 735)