Italia e Uruguay nella storia dei rapporti diplomatici
In un precedente saggio storico, pubblicato su questo blog e concernente i rapporti diplomatici sorti tra l’allora Regno delle Due Sicilie e l’Argentina, avevamo fatto parzialmente cenno allo scambio diplomatico sorto fra lo stesso Stato pre-unitario e la c.d. “Banda Oriental”[1], vale a dire la Repubblica Orientale dell’Uruguay, ove nella Capitale, Montevideo, s’insediò nel 1854 il nobile Don Pedro De Angelis, che in seguito fu anche Console borbonico a Buenos Aires, come pure abbiamo ricordato, sempre su “Giorni di storia”, attraverso una modesta biografia. Compito del presente contributo è, invece, quello di ricostruire le vicende storiche che, a partire dal 1834 ad oggi, hanno dato vita ad un solido rapporto diplomatico fra i due Paesi amici, purtroppo interrotto, come vedremo in seguito, solo nel corso della 2^ guerra mondiale. L’Uruguay, ove ancora oggi vivono migliaia di oriundi italiani, ha svolto un ruolo determinante per la crescita del nostro Paese, soprattutto grazie all’ospitalità di milioni di emigranti che erano stati costretti a lasciare la nostra Penisola nei decenni che fecero seguito all’unità d’Italia. Terra generosa, la Banda Orientale e la stessa Montevideo rappresentarono anche l’ancora di salvezza per molti esuli italiani, costretti a fuggire dai vari Stati italiani già a partire dai primi moti insurrezionali del 1821. E gli italiani ripagarono la generosità del popolo uruguayano combattendo al loro fianco durante le frequenti lotte fratricide che contrapposero i due principali partiti: i “colorados” e i “blancos”. Liberali ed accoglienti anche verso gli esuli argentini (gli “unitari”), i primi; conservatori schierati con l’Argentina del generale Rosas, i secondi. Gli italiani fecero la loro parte in tutte quelle circostanze nelle quali la bellissima Montevideo sarebbe stata assediata, e non solo dall’Argentina evidentemente. L’Uruguay e Montevideo furono, quindi, le Patrie di Giuseppe Garibaldi e di tanti altri Eroi e patrioti del nostro Risorgimento, così come di tanti armatori, imprenditori agricoli, commercianti, uomini d’affari e agenti marittimi, che proprio in quella Terra meravigliosa sperimentarono rispettivamente tecniche guerresche, ma anche metodologie nuove in fatto di coltivazioni agricole, allevamento di bestiame, commerci transoceanici, ecc. Ma questa è un’altra storia sulla quale torneremo in futuro.
Dal Regno di Sardegna a quello d’Italia (1834 – 1861).
I primi rapporti diplomatici intercorsi tra uno Stato italiano e la Repubblica Oriental del Uruguay risalgono al 1834, anno in cui in Montevideo sedeva ancora il Presidente José Fructuoso Rivera (1784 – 1854), appartenente al partito dei “Colorados”[2]. Fu proprio in quel contesto storico che l’allora Re di Sardegna, Carlo Alberto, anche in relazione ai promettenti rapporti commerciali che già da tempo legavano Torino a Montevideo, nel riconoscere diplomaticamente la neonata Repubblica, nominò, il 7 ottobre del 1834, il Cav. Marcello Pezzi Vice Console onorario del Piemonte a Montevideo. La Banda Orientale, dal canto suo scelse, invece, il nobile José Gavazzo quale proprio Console Generale nel Regno di Sardegna, ma con sede a Genova, così come da decreto firmato dal Presidente della Repubblica in data 5 agosto 1835. I rapporti tra i due Stati s’intensificarono anche dopo tale data, quando la Banda Orientale passò sotto il potere del Presidente “Blanco” Manuel Oribe (1835 – 1838)[3] e di nuovo sotto il Rivera, dal 1838 al 1843. Ciò, in particolare, avrebbe consentito, il 29 ottobre del 1840, la stipula in Torino di un provvidenziale “Trattato di Amicizia, Commercio e Navigazione tra S.M. il Re di Sardegna e la Repubblica Orientale dell’Uruguay”, grazie al quale sarebbe stato favorito il commercio di ogni tipo di prodotti, eccetto di quelli che avrebbero dato vita al c.d. “contrabbando di guerra”, quali armi e minerali che ne avrebbero favorito la costruzione. Attorno al 1840, Montevideo fu, quindi, sede di un Consolato Generale Savoiardo, diretto dal barone Henri Piccolet d’Hermillon, lo stesso che ricopriva analoga carica in Buenos Aires, coadiuvato da un Vice Console[4]. A Genova, invece, il Consolato Generale della Repubblica rimaneva ancora nelle mani di Don José Gavazzo[5]. Un nuovo “Trattato[…]” fu concluso il 4 ottobre 1852, accordo al quale fu aggiunta anche la possibilità di concedere l’estradizione, essendo, nel frattempo, l’Uruguay divenuto uno dei principali Paesi ove trovavano rifugio anche molti delinquenti comuni, fuggiti dal Regno di Sardegna, molto spesso spacciandosi per patrioti. In quel contesto storico troviamo Console generale a Montevideo il Cav. Gaetano Gavazzo, figlio di quel Don Josè prima citato[6]. L’esempio piemontese fu seguito, qualche tempo dopo, anche da altri Stati italiani, come lo erano il Regno delle Due Sicilie, il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, che a Montevideo destinarono propri Consoli ed ospitando in Patria quelli della stessa Repubblica. I traffici con l’Italia aumentarono a dismisura, tanto è vero che secondo le statistiche riferite al 1855, le importazioni dagli Stati italiani ammontarono a £. 878.000, ponendo la nostra Penisola al quinto posto della classifica generale. Nel 1858 risiedevano in pianta stabile in Uruguay ben 45 famiglie italiane, destinate a crescere a dismisura di lì a qualche anno, soprattutto dopo la fondazione della celebre società denominata “Colonia Agricola del Rosario Orientale”, grazie alla quale l’Uruguay conobbe una nuova fase per le proprie esportazioni verso l’estero[7]. Nel 1859, quando in Italia si stavano per celebrare i nuovi fasti del Risorgimento nazionale, in Montevideo risulta presente, oltre all’incaricato d’affari del Regno di Sardegna, Marcello Cerruti (il quale era pure Regio Console a Buenos Aires), anche l’incaricato delle Due Sicilie, Don Pedro De Angelis (di lì a poco sostituito dal Console Antonio Llambi) e il Console dello Stato Pontificio, Salvatore Ximenes[8]. Nello stesso contesto storico, la Repubblica Orientale era rappresentata, sempre nel Regno di Sardegna, da Don José Mateo Antonini, Console generale a Genova[9]. Sul finire del 1859 e gli inizi dell’anno nuovo, nel Regno di Sardegna troviamo agire il Console generale Giovanni Maria Antonini, con sede a Genova e il Console Juan Zunini, a Savona, i quali tutelavano gli interessi della Repubblica Orientale nei vari settori. A Montevideo, invece, operavano il Vice Console Felix Buyareo, che difendeva gli interessi del Regno delle Due Sicilie; il Dottor Giovan Battista Raffo e il Dottor Vignali, rispettivamente Console e Vice Console del Regno di Sardegna, così come il Nunzio apostolico Mons. Marino Marini era il titolare della diplomazia Vaticana[10]. Nel periodo della transizione politica scaturita dalla 2^ guerra per l’indipendenza italiana e la conseguente annessione al Regno di Sardegna di alcuni Stati italiani (1860), i rapporti diplomatici tra Torino e Montevideo furono implementati attraverso l’istituzione di nuovi Consolati, almeno in Italia. Mentre in Uruguay troviamo ancora il Console generale del Regno di Sardegna l’Avv. Giovan Battista Raffo, coadiuvato dal Vice Console Avv. Cristoforo Robecchi, nel Regno Sardo-Piemontese si segnalano i Consolati uruguayani di Genova (Consolato Generale), retto ancora da Giovanni Maria Antonini, coadiuvato dal figlio Ermanno, Vice Console; di Nizza (a quei tempi ancora Sarda), retto dal Vice Console Giovan Battista Barla; di Oneglia, con il Vice Console Carlo Belgrano, pronipote del celebre Generale, uno dei Padri dell’indipendenza Argentina; di Savona e Levante, con il Vice Console Giuseppe Rissetto e di Cagliari, con il Vice Console Gerolamo Onnis[11].
Dal Consolato Generale di Genova alla Legazione di Roma (1861 – 1948).
Che i rapporti tra gli Stati italiani e la Repubblica Orientale dell’Uruguay fossero più che ottimi lo avevamo già ricordato in premessa. Aggiungiamo solo che la rotta Oceanica aveva indotto non pochi italiani a stabilirsi lungo il Rio de la Plata, soprattutto per fini commerciali, avendo molto spesso assunto la titolarità di ben avviate attività di cabotaggio anche lungo le vie fluviali, ruolo quasi sempre esercitato da abili navigatori liguri. In Uruguay erano, quindi, sorte, già a partire dai primi anni ’20 dell’Ottocento, forti comunità provenienti non solo dagli Stati Sardi, ma anche dal Regno delle Due Sicilie e dalla Toscana, Nazioni con forte tradizione marinara. Era chiaro a questo punto che anche dopo il 17 marzo 1861, data della proclamazione del Regno d’Italia, sia la Corte Torinese che la Presidenza Uruguayana avrebbero non solo ratificato la validità dei precedenti “Trattati […]”, ma anche favorito maggiori traffici di natura economica, prim’ancora che quella massiccia emigrazione che avrebbe interessato il nostro Paese a partire dal 1870-1871, quando sia l’Uruguay, l’Argentina e il Brasile avrebbero accolto migliaia e migliaia di nostri connazionali[12]. Secondo le statistiche stilate nei primi anni post unificazione furono 83 i bastimenti italiani approdati a Montevideo nel 1861, mentre gli 81 che vi giunsero nel 1862 scaricarono merci per 20.513 tonnellate, mentre i 70 “legni” (lgs. bastimenti) che vi ripartirono avrebbero trasferito nel nostro Paese ben 17.836 tonnellate di prodotti uruguayani[13]. Tornando alla nostra storia evidenziamo che al compimento dell’unificazione i due Stati ebbero modo di riorganizzare la loro rete diplomatica.
Mentre in Uruguay troviamo un Consolato Generale a Montevideo, retto ancora dal Console di 1^ classe, Avv. Giovan Battista Raffo, coadiuvato dal Vice console di 1^ classe, Lorenzo Chapperon, Delegati consolari furono stabiliti nelle località di Colonia (Michele Repetto), Mercedes (D. Wonner Piras), Paysandù (Francesco Sinistri) e Salto (Bartolomeo Accinelli), vari furono i Consolati aperti nella Penisola italica[14]. Oltre al Consolato Generale confermato in Genova e affidato al Console Giacomo Bottino, coadiuvato dal Vice Console Antonio Gavazzo, si ebbero Consolati a Cagliari (console Girolamo Onnis), Chiavari (vice console Francesco Zoppi), Livorno (console Francesco Pachò), Napoli (console Gaspare Ragozzini), Oneglia (vice console Carlo Belgrano), Palermo (console Giovanni Llambi), Savona (console Giovanni Zunini e vice console Giuseppe Castellani) e Sestri Levante (vice console Giuseppe Rissetto)[15]. Appena tre anni dopo, allorquando fu pubblicato il primo “Annuario Diplomatico del Regno d’Italia”, la rappresentanza diplomatica nel nostro Paese si era accresciuta con altre sedi. Mentre a Genova troviamo ancora la sede del Consolato Generale (con Antonio Gavazzo, Console[16]), sedi di Consolato vengono allocate in Savona (Giovanni Zunini), Livorno (Francesco Pachò, console e il figlio Emo, Vice Console), Napoli (Gaspare Ragozzini) e Palermo (Giacomo Llambi). Vice Consolati uruguayani vengono, infine, attestati nelle località di Alassio (Sestilio Boggiano), Bologna (Enea Bignami), Chiavari (Francesco Zoppi), Milano (Guido Visconti Modrone), Firenze (Leopoldo Giaconi), Sampierdarena (Salvatore Dallorso), Sestri Levante (Giovanni Rissetto), Sestri Ponente (Giacomo Sciallero), Spezia (Sebastiano Questa), Oneglia (Belgrano Carlo), Cagliari (Luigi Grillo) e Carloforte (Federico Carpaneto)[17]. Tornando all’emigrazione italiana verso l’America Latina osserviamo che già nel primo decennio che fece seguito alla nostra unificazione nazionale, l’Uruguay iniziò ad essere meta di numerosi emigranti, i quali furono attratti dalle buone prospettive economiche che il Paese Sudamericano iniziava a palesare, sotto la Presidenza di Venancio Flores. Questi, tornato al potere dopo la deposizione del 1855, si era dedicato al varo di alcune importantissime riforme volte a stabilizzare la vita economica e sociale del Paese. Ricordiamo, infatti, che nel 1866 fu emanato il Codice del Commercio, mentre l’anno seguente fu approvato il Codice Civile. In tale contesto storico fu, poi, varato un attento programma volto allo sviluppo delle comunicazioni e dei nuovi sistemi di trasporto, mentre nel 1867 fu attivato il cavo telegrafico subacqueo che avrebbe collegato Montevideo a Buenos Aires e nel 1868 inaugurata anche la prima linea di omnibus. Durante la Presidenza Flores, assassinato nel corso dello stesso ’68, furono, infine, assegnate le prime concessioni per la costruzione di linee ferroviarie, ma soprattutto varati importanti accordi con alcuni Paesi Europei, come nel caso del Regno d’Italia. Il “Trattato di amicizia, commercio e di navigazione tra il Regno d’Italia e la Repubblica Orientale dell’Uruguay” fu stipulato a Montevideo il 7 maggio del 1867 e le relative ratificazioni scambiate il 10 settembre dell’anno seguente. Superfluo ricordare quanto esso si dimostrò importante per entrambi i Paesi, presso i quali entrò in vigore il 24 dicembre dello stesso ’67, per la durata di dodici anni, ovviamente rinnovabili[18]. Al momento dell’entrata in vigore del “Trattato […]” questa era la situazione della rappresentanza diplomatica uruguayana nel nostro Paese. Consolato Generale in Genova (Console Generale Antonio Gavazzo e Vice Console Bartolomeo Cataldi), Consolati in Livorno, Milano, Napoli, Palermo, Savona e Torino. Vice Consolati furono, infine, contemplati in: Alassio, Bologna, Cagliari, Carloforte, Catania, Chiavari, Firenze, Messina, Milazzo, Oneglia, Pegli, Rapallo, San Pier d’Arena, San Remo, Sestri Levante, Sestri Ponente, Spezia[19].
Tale dislocazione rimase pressoché immutata sino al fatidico 20 settembre 1870, data nella quale si compirono i destini dell’Italia, grazie alla liberazione di Roma, la “Città Eterna” che nei primi mesi del ’71 divenne così la nuova e definitiva Capitale del Regno. L’unica modifica apportata a tale organizzazione fu quella relativa al trasferimento a Firenze, che dal 1865 era divenuta la nuova Capitale del Regno al posto di Torino, del Consolato Generale uruguayano, che nei primi mesi del ’70 troviamo retto dal Console Pablo Antonini y Diez, di cui tratteremo meglio in avanti. L’Antonini Diez, che avrebbe dimorato a lungo in Italia, svolse un ruolo particolarmente importante, lavorando alacremente affinché i rapporti tra i due Stati fossero ancor più stretti e amichevoli rispetto al passato. In tale ottica s’inserisce anche la sua nomina a membro del “Comitato Italiano” che avrebbe organizzato la grande “Esposizione di Cordova”, in Argentina, la quale sarebbe stata inaugurata il 15 ottobre dello stesso 1870, rimanendo aperta sino al 15 gennaio dell’anno seguente[20]. Ebbene, dopo la “Breccia di Porta Pia” del 20 settembre 1870, mentre a Montevideo il Consolato Generale d’Italia era ancora retto dal Cav. Avv. Giovan Battista Raffo, coadiuvato dal Vice Console di 3^ classe Luigi Petich, Roma dovette attendere il 1871 affinché vi fosse istituito un nuovo ufficio Consolare uruguayano[21]. Nei primi mesi dell’anno, il Presidente uruguayano, Generale Lorenzo Battle, su proposta del Ministero degli Affari Esteri, Rodriguez, nominò Vice Console a Roma il Cav. Gustavo Giovannetti, un facoltoso commerciante romano, che avrebbe retto l’incarico per diversi anni, fissando l’indirizzo del proprio ufficio al civico 102 di via di Ripeta, prima sede della futura Legazione[22]. Dal “Calendario Generale del Regno d’Italia” per il 1872 ricaviamo la nuova organizzazione diplomatica venutasi così a creare presso i rispettivi Stati. In Uruguay, l’Italia era rappresentata dal Console Generale incaricato d’affari, Cav. Uff. Avv. Giovan Battista Raffo, coadiuvato dal Vice Console di 3^ classe Avv. Domenico Palumbo, con uffici di Agenti Consolari a Colonia (Michele Repetto), Maldonado (Carlo Porro), Mercedes (Luigi Costa) e Taquarembó (Giovan Battista Oliva). Questa, invece, era la situazione in Italia. Consolato Generale a Firenze (retto ancora dal Console Paolo Antonini y Diez); Consolati a: Genova, Livorno, Milano, Napoli, Palermo, Savona, Torino e Venezia. Vice Consolati a: Alassio, Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Chiavari, Messina, Milazzo, Oneglia, Roma, San Remo, Sestri Levante e Sestri Ponente[23]. Nella stessa Roma bisognerà attendere l’anno 1874 affinché vi fosse istituita una prima “Legazione”[24] della Repubblica Orientale dell’Uruguay, affidata al prima citato Cav. Paolo Antonini y Diez, con la qualifica di Ministro residente, ma anche di Console Generale. L’Antonini Diez, accreditato presso S.M. il Re d’Italia a far data dal 14 aprile 1874, apparteneva ad una famiglia ben nota nell’ambito della colonia italiana di Montevideo, essendo il figlio del Mazziniano Paolo Antonini, già membro della “Giovine Italia” ed amico personale del Generale Garibaldi[25]. In quel frangente la sede della rappresentanza diplomatica fu fissata presso lo storico “Palazzo Guelfi Camajani Pericoli”, di via del Corso, 337, mentre il Consolato Generale mantenne il vecchio indirizzo di via Ripetta[26]. La “Legazione” uruguayana di Roma avrebbe mantenuto tale assetto per moltissimi anni, prima di essere trasformata in Ambasciata. Si tratta, come è facile intuire, di un lungo periodo: periodo nel quale sia la “Legazione” che i Consolati sparsi per l’Italia svolsero un ruolo importantissimo, soprattutto nell’ambito del miglioramento dei rapporti di amicizia e commercio fra i due Stati. È il caso, tanto per citare alcuni esempi tangibili, della stipula, avvenuta a Roma il 20 febbraio 1875, della c.d. “Dichiarazione fra Italia e Repubblica dell’Uruguay pel cambio delle rispettive pubblicazioni ufficiali”, che l’Antonini Diez firmò unitamente al Cav. Augusto Peiroleri, Direttore generale dei Consolati e del commercio. Da quel momento in avanti i due Stati si sarebbero scambiati le rispettive pubblicazioni ufficiali in materia statistica, amministrativa e scientifica, ma anche di quelle edite dalle Accademie e Istituti statali[27]. A questa seguì la firma, avvenuta a Roma il 14 aprile del 1879, della “Convenzione per l’estradizione dei delinquenti fra il Regno d’Italia e la Repubblica Orientale dell’Uruguay”, che l’Antonini Diez firmò assieme all’allora Presidente del Consiglio dei Ministeri e Ministro degli Affari Esteri, Cav. Agostino Depretis. Attorno al 1882 la sede della “Legazione” uruguayana fu trasferita al civico n. 26 di via dei Lucchesi, che corrispondeva allo storico “Palazzo Grimaldi Lazzaroni”. In quel contesto, il Ministro Antonini Diez risulta coadiuvato da un “Addetto” di Legazione, nella persona di Federico Soneira Villa de Moros[28].
Dall’”Annuario Diplomatico del Regno d’Italia per l’anno 1887” apprendiamo che in quel frangente storico l’Uruguay era rappresentato in Italia, oltre che dalla “Legazione” romana, anche dai Consolati di Ancona, Bari, Bologna, Cagliari, Como, Firenze, Genova, Livorno, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Savona, Torino e Venezia, nonché dai Vice Consolati di Chiavari, San Pier d’Arena, San Remo e Spezia (ai quali si aggiunse Trapani, nel 1890)[29]. Il 1887 fu, purtroppo, anche l’anno in cui scomparve il Cav. Pablo Antonini Diez, primo Ministro plenipotenziario uruguayano in Italia, spentosi a Verona, mentre si trovava in viaggio di lavoro, il 25 luglio. Al suo posto fu designato Don José Vazquez Sagastume, che ottenne l’accreditamento presso il Re d’Italia il successivo 12 luglio 1888. In quel frangente presso la “Legazione” risultano operare il segretario Enrico Rovira e l’addetto Giuseppe Casalia y Ginesta[30]. Gli anni ’70 e ’80 dell’Ottocento, così come i decenni successivi furono anni molto complessi anche per quanto attenne al fenomeno dell’emigrazione di massa che avrebbe interessato varie regioni italiane e per le quali si sarebbero prestati i vari Consolati e Vice Consolati della Repubblica Orientale. Migliaia di italiani si sarebbero trasferiti in Uruguay anche nei primi anni del Novecento, favoriti dalla benevolenza dimostrata sia dal Ministro plenipotenziario, Jean Cuestas che dai vari Consoli e Vice consoli sparsi per l’Italia. A questo punto ricordiamo che in quel frangente, la “Legazione” aveva sede presso il “Palazzo Balestra”, di via Veneto, 2, mentre la Cancelleria era ospitata in piazza Capo Ferro, 13, presso il celebre “Palazzo Spada”[31]. L’esodo italiano in direzione del Rio de la Plata raggiunse cifre record attorno al 1909-1910, epoca nella quale ricopriva l’incarico di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario a Roma, Don Acevedo Diaz[32]. Tale esodo praticamente non si sarebbe interrotto se non a causa dello scoppio della “Grande Guerra”, epoca nella quale la “Legazione” uruguayana a Roma ci risulta allocata in via dei Gracchi, n. 305, retta ancora dal Ministro plenipotenziario, Don Rufino T. Dominguez, coadiuvato dal primo segretario Alexandre Herosa, dal segretario Aurelio Arocena, dal secondo segretario Mateo A. Magarinos e dall’addetto Andrés Podestà[33].
Il Ministro Dominguez, appena l’anno prima, esattamente il 4 maggio del ’14 aveva sottoscritto, assieme al Ministro degli Esteri italiano, Antonino Di San Giuliano, l’importante “Convenzione sanitaria fra il Regno d’Italia e la Repubblica Orientale dell’Uruguay”, grazie alla quale i due Stati si sarebbero assicurati il reciproco scambio di informazioni in caso di epidemie o di varie problematiche di natura sanitaria. Italia e Uruguay avrebbero mantenuto l’assetto diplomatico sin qui ricostruito anche dopo l’avvento del fascismo e la trasformazione del nostro Paese in una vera e propria dittatura. Ciò nonostante, i rapporti di amicizia fra le due Nazioni furono sempre ottimi, come ci ricordano i vari interventi pubblici del Ministro plenipotenziario, Don Diego Pons, che avrebbe operato nell’immediato dopoguerra il quale, nel corso del 1927, organizzò a Roma la visita di una Delegazione uruguayana, capeggiata dall’Ambasciatore Dott. Pedro Manini Rios, la quale, nel gennaio del ’28, sarebbe stata ricevuta sia da Re Vittorio Emanuele III che dallo stesso Benito Mussolini, che offrì loro un pranzo di lavoro presso il “Grand Hotel” di Roma[34]. Nei primi anni ’30 la “Legazione” si trasferì in via Giosuè Carducci, n. 2, mentre la Cancelleria fu fissata in via XX Settembre, n. 43. Dal 28 febbraio 1931, il Ministero plenipotenziario fu assunto da Don Ubaldo Ramon A. Guerra, il quale poteva contare sulla collaborazione di un primo segretario (Federico Grunwaldt Cuestas), di un addetto navale (capitano di fregata Carlos Carbajal) e di 5 addetti onorari[35]. Qualche tempo dopo la “Legazione” cambiò nuovamente sede, prendendo in affitto alcuni locali del palazzo sito al civico n. 4 di Largo Antonio Sarti, ove la troviamo attestata ancora nel 1941, ultimo anno della presenza della diplomazia uruguayana a Roma, in quel frangente rappresentata dal Ministro plenipotenziario Federico Grunwaldt Cuestas. Il 31 gennaio del 1942, a seguito delle decisioni assunte dalla Conferenza Panamericana che si svolse a Rio de Janeiro, anche l’Uruguay decise di rompere le relazioni diplomatiche con l’Italia, motivandola con l’entrata in guerra del nostro Paese a fianco delle c.d. “potenze dell’asse”. La diplomazia riprese nuovamente le sue funzioni a partire dall’aprile del 1946, allorquando furono riaperte le “Legazioni” dei due Paesi ritornati finalmente amici, a Montevideo e a Roma[36].
L’Ambasciata della Repubblica Orientale dell’Uruguay a Roma (1948 – 2021).
La “Legazione” della Repubblica Orientale dell’Uruguay in Italia operò ancora per qualche anno in Largo Antonio Sarti, per poi trasferirsi in altro sito, allorquando la rappresentanza diplomatica fu eretta in Ambasciata. Ciò avvenne nel corso del 1948, data nella quale fu nominato Ambasciatore il Dottor Cyro Giambruno, il quale rimase in carica sino al 14 novembre del 1953, data nella quale il Presidente della Repubblica Italiana, Luigi Einaudi, accettò le lettere credenziali presentate dall’Ambasciatore José G. Lissidini, che l’avrebbe retta per un periodo maggiore[37]. Il Ministro Enrico Martino fu, invece, il primo Ambasciatore italiano titolare a Montevideo, assumendo l’incarico il 13 ottobre 1955. Qualche tempo dopo, la sede dell’Ambasciata romana fece nuovamente ritorno in via Veneto, ove era già stata attorno al 1905, ed ove tuttora opera, sebbene al civico n. 183. Nel momento in cui licenziamo il presente saggio, la rappresentanza diplomatica della Repubblica dell’Uruguay in Italia è costituita da una Ambasciata, retta da S.E. Ricardo Javier Varela Fernandez e dai Consolati di Bologna, Venezia, Genova, Livorno, Cagliari e Napoli, sedi storiche e, nello stesso tempo, importantissime, onde assicurare sul piano sostanziale quell’amicizia e quella mutua assistenza che da secoli unisce i due Popoli, entrambi animati dagli stessi sentimenti, spesso dallo stesso sangue e dalle comuni radici Latine, come speriamo di aver saputo raccontare attraverso questa lunga dissertazione.
Ten. Col. Gerardo Severino
Direttore Museo Storico Guardia di Finanza
[1] Fu così definito allorquando quel vasto territorio entrò a far parte del Vice Regno del Rio de la Plata, che dipendeva direttamente dalla Spagna. Dichiarato indipendente dopo la rivoluzione del 1819, la “Banda Orientale” fu di fatto occupata militarmente dai portoghesi che la riunirono al vicino Brasile. Occorsero molte lotte, soprattutto con la vicina Argentina prima che l’Uruguay conquistasse definitivamente la propria indipendenza.
[2] Il Rivera fu il primo Presidente dell’Uruguay, dal 6 novembre 1830 al 24 ottobre 1834 e, in seguito, dall’11 novembre 1838 al 1º marzo 1843.
[3] Si ricorda che il 26 giugno 1837, a Torino e il 28 gennaio 1838, a Montevideo furono firmate le “Notas reversales sobra tratamiento a los nacionales de ambos países” (Note reciproche sul trattamento da riservare ai cittadini di entrambi i paesi)
[4] Cfr. Segreteria di Stato per gli Affari Interni, «Calendario Generale Pé Regi Stati – 1840», Torino, Tipografia Giuseppe Baglione, 1840, p. 31.
[5] Cfr. Segreteria di Stato per gli Affari Interni, «Calendario Generale Pé Regi Stati – 1843», Torino, Stamperia Sociale degli Artisti Tipografi, 1843, p. 38.
[6] Cfr. Calendario Generale del Regno pel 1853, Torino, Tip. Sociale degli Artisti A. Pons, 1853, p. 27
[7] Cfr. Giuseppe Sugana, Cenni Storici-Statistici intorno alle varie Nazioni e loro rapporti con il Regno d’Italia, Torino, Tipografia G. B. Paravia e Comp., 1864, p. 155.
[8] Cfr. “Uruguay (Republique Orientale D’), in «Annuarie-Almanach du Commerce et de l’Industrie – 1859», Librerie di Firmin Didot Freres, 1859, p. 2397.
[9] Cfr. Memoria del Departamento de Relaciones Exteriores presentada a la Asamblea General Legilsativa en el segundo periodo de la octava legislatura por el Ministro Secretario de Estato Don Federico Nin Reyes, Montevideo, 1859, p. 32.
[10] Cfr. Justus Perthes, «Almanach de Gotha. Annuaire Diplomatique et Statistique pour l’année 1860», 1860, pp. 740, 830
[11] Cfr. Ministero dell’Interno, «Calendario Generale del Regno pel 1860», Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico Editrice, 1860, pp. 34 – 38.
[12] Era da poco terminata la guerra che Montevideo aveva condotto, tra il 1865 e il 1870, assieme ad Argentina e Brasile contro il Paraguay.
[13] Cfr. Giuseppe Sugana, Cenni Storici-Statistici intorno alle varie Nazioni e loro rapporti con il Regno d’Italia, op. cit., p. 156.
[14] Cfr. Ministero dell’Interno, «Calendario Generale del Regno D’Italia pel 1862», Torino, Stamperia dell’Unione Tipografico Editrice, 1862, p. 131.
[15] Ivi, pp. 133-139.
[16] Il Cav. Antonio Gavazzo, della nobile famiglia originaria del quartiere Montaretto, di Genova, era un Colonnello della Regia Marina sarda in congedo.
[17] Cfr. Ministero degli Affari Esteri, «Annuario Diplomatico del Regno d’Italia per l’anno 1865», Torino, Tipografia G. B. Paravia e Comp., 1865, p. 191.
[18] Il Trattato fu poi definitivamente approvato con la Legge n. 4392 del 24 maggio 1868.
[19] Cfr. Ministero degli Affari Esteri, Agenti Diplomatici e Consolari degli Stati Esteri in Italia, 31 maggio 1867, p. 7 e ss.
[20] Cfr. Comitato italiano, Esposizione di Cordova – Repubblica Argentina, Firenze, Tip. Mariani, 1870, p. 9.
[21] Cfr. «Il Nuovo Palmaverde. Almanacco Universale per l’anno 1870», Torino, Edizione Pellino, Fontana e Chiariglione, 1870, p. 130, 131, 181.
[22] Il Giovannetti, oltre ad essere Capitano comandante della 5^ Compagnia della 3^ Legione della Guardia Nazionale di Roma, era anche segretario del celebre “Circolo dei Commercianti” e Giudice Supplente presso il Tribunale del Commercio di Roma. Cfr. «Guida Commerciale, Scientifica ed Artistica della Capitale d’Italia», Roma, Tipografia Sinimberghi, 1871, pp. 72, 116, 138.
[23] Cfr. Ministero dell’Interno, «Calendario Generale del Regno d’Italia 1872», Roma, Tipografia Barbera, 1872, p. 145 – 159.
[24] Per “Legazione” s’intende qualsiasi missione diplomatica inviata in uno Stato estero, mentre in senso stretto si definisce l’ufficio diplomatico di carattere permanente retto da un “Capo missione”, il quale nella classificazione degli agenti diplomatici ha ovviamente un rango inferiore rispetto a quello di “Ambasciatore”.
[25] Nato a Genova nel 1805, era impiegato dell’ufficio di Sanità di quella città quando fu condannato in contumacia a quattro anni di carcere per aver preso parte alla cospirazione repubblicana del 1833. Negli ambienti dell’emigrazione politica italiana si legò, quindi a Giuseppe Mazzini. Successivamente provò a rientrare in Patria partecipando alla spedizione in Savoia del 1834. Fallito il tentativo insurrezionale, emigrò in Sud America dove a Montevideo avviò una prospera attività commerciale. Fu un generoso sostenitore degli esuli italiani nel Nuovo Mondo.
[26] Cfr. Camera di Commercio di Roma, «Breve Guida di Roma», Roma, Tipografia Salviucci, 1875, pp. 285, 287.
[27] Cfr. Ministero degli Affari Esteri, Trattati e Convenzioni fra il Regno d’Italia ed i Governi Esteri, Roma, Tipografia Bencini, 1876, pp. 266, 267.
[28] Cfr. Ministero degli Affari Esteri, Ministero, Ambasciate, Legazioni e Consolati, Agenti Diplomatici e Consolari degli Stati Esteri in Italia, Roma, Tipografia del Ministero degli Affari esteri, 1882, p. 94.
[29] Cfr. Ministero degli Affari Esteri, «Annuario Diplomatico del Regno d’Italia per l’anno 1887», Roma, Tip. Ippolito Sciolla, 1887, pp. 312, 313.
[30] Cfr. Ministero degli Affari Esteri, «Annuario Diplomatico del Regno d’Italia per l’anno 1890», Roma, Tipografia delle Mantellate, 1890, p. 555.
[31] Cfr. «Guida Monaci – 1905», p. 523.
[32] Cfr. «Annuario Generale Italiano – 1909», Roma, L’Italia Industriale Artistica Editrice, 1909, p. 147.
[33] Cfr. «Guida Monaci», anno 1915, p. 484.
[34] Cfr. «Bollettino del R. Ministero degli Affari Esteri», n. 1, gennaio 1928, pp. 42, 43.
[35] Cfr Ministero degli Affari Esteri, «Annuario Diplomatico del Regno d’Italia 1931», Roma, Tipografia del Ministero degli Affari esteri, 1931, p. 566.
[36] A Montevideo si sarebbe insediato, il 5 aprile ’46, il Ministro Niccolò Moscato, Incaricato d’Affari.
[37] Cfr. Laura Curti, Diario cronologico ufficiale del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi (1948 – 1955), Archivio Storico della Presidenza della Repubblica, anno 1953, Roma, 2008.