Juan José Severino: l’emigrante calabrese che visse e morì per l’arte tra Argentina e Uruguay (Montevideo, 1893 – Maldonado, 1956)
La storia dell’emigrazione italiana nel mondo – lo abbiamo più volte ricordato anche su questo portale – è una materia che, per quanto studiata da moltissimi anni e a livelli di elevato dettaglio, ci riserva sempre delle sorprese, soprattutto quando, abbandonando le sue evoluzioni generali ci s’inoltra sulle singole “storie”, quelle scritte dagli stessi italiani sparsi per il pianeta. Fra le tantissime vicende personali, moltissime delle quali inedite, almeno nel nostro Paese, abbiamo scelto quella di Juan José Severino, un celebre scultore, pittore, scenografo, autore e attore di teatro uruguayano, ma di sangue completamente italiano. Prima di inoltrarci nella narrazione della sua vita anticipiamo col dire che egli fu un’artista originale, dall’intuizione luminosa e dal talento potente, il quale, peraltro, firmò importanti scenografie nell’ambito del Teatro “Solís” (ex “Urquiza”) e “Stella d’Italia”, a Montevideo, ma anche in alcuni teatri di Buenos Aires e delle province argentine. Come attore teatrale il Severino recitò sia a Buenos Aires, a Montevideo che nell’interno della stessa Repubblica Orientale. Come pittore, invece, il Severino, si sarebbe presentato come un affermato e illustre bohémien, lasciando ai posteri non poche opere, molte delle quali esposte in importanti Musei sia in Uruguay che in Argentina, opere dalle quali si può cogliere la sua vera fibra: quella di un’artista a tutto tondo dotato di una non comune capacità creativa.
A Montevideo tra Ottocento e Novecento.
Juan José Severino nacque a Montevideo, in un periodo particolarmente felice per quel Paese, l’11 ottobre del 1893, figlio di Carmelo, un modesto calzolaio e di sua moglie, Filomena Aita, giunti entrambi qualche anno prima da Morano Calabro, in provincia di Cosenza. Già nel corso degli studi elementari presso le locali Scuole Pubbliche, Juan aveva scoperto l’interesse per il disegno, tanto è vero che appena compiuti i dieci anni di vita fu “messo a studiò” presso il celebre Professor Felix Rosetti, anche lui di origini italiane. Parallelamente, il ragazzo iniziò a coltivare l’interesse per il teatro, tanto che di lì a qualche anno, con altri amici, formò un gruppo, con il quale debuttò con uno spettacolo teatrale di cui si rivelò: autore, decoratore, attore e, quindi, regista. Abile manager, il giovane artista fu anche uno scopritore di talenti, per lo più giovani attori come lui, i quali avrebbero preso parte anche alle seguitissime feste di carnevale, scrivendo per loro anche i versi. Successivamente si unì all’affermato attore teatrale Carlos Brussa, con il quale fondò un’apposita Compagnia, con la quale avrebbe affrontato un tour nello stesso Uruguay, dal 1921 al 1923 e di nuovo nel 1929, facendo conoscere molte opere, soprattutto quelle realizzate da autori Uruguayani e Argentini. I suoi biografi raccontano come il Severino, con l’intento di sopperire alla mancanza di comodità nei teatri di quartiere, dove spesso si tenevano gli spettacoli della Compagnia, amasse cambiare la classica scenografia – allora realizzata in carta o stoffa – portando così in scena sue elaborazioni grafiche, caratterizzate da una notevole corporeità e sintesi, per le quali utilizzò moltissimo lo strumento della fotografica, con giochi di luce, impostati su di un metodo nuovo, mai visto prima. Durante la sua carriera, Juan José Severino fu anche supervisore del Gruppo teatrale diretto da Humberto Nazzari, un celebre attore italo-uruguayano noto per aver diffuso la cultura drammaturgica all’interno del Paese. Egli fu, quindi, autore di celebri opere teatrali, di commedie drammatiche, dipingendo così personaggi tipici dell’epoca. Nel contempo si dedicò anche al teatro per bambini. Il Severino, da artista completo quale egli era, si cimentò anche nella produzione cinematografica, realizzando il film “Il piccolo eroe del torrente d’oro” (1929), interpretando il personaggio del nonno, mentre il figlio, Ariel Adonis Severino, nato nel 1920 dal matrimonio con Aida Franchi, quello del piccolo Dionisio. Juan José Severino era anche un abile falegname ed ebanista, tanto da potersi permettere un proprio laboratorio, dal quale uscirono nel tempo delle autentiche opere d’arte, oggi esposte presso vari Musei.
Il Severino non trascurò, poi, la vocazione per l’insegnamento, tanto da accettare, nel corso del 1945, la cattedra di Professore di disegno presso il “Liceo Departamental” di Maldonado, una bella cittadina situata a poca distanza dalla costa Atlantica, lungo le rive del fiume omonimo, ma purtroppo a circa un centinaio di chilometri dalla sua amata Montevideo. A tale missione egli dedicò gli ultimi undici anni della sua breve vita. Per la stessa scuola l’artista di origini calabresi realizzò opere molto importanti, come la decorazione della Sala delle Assemblee, per il Centenario di Cervantes, unica manifestazione organizzata nel Paese, tanto da fargli meritare un incarico speciale anche in Spagna. Molto famoso fu, poi, il grande murales che nello stesso Liceo fu dedicato al condottiero José Gervasio Artigas, uno dei Padri dell’indipendenza uruguayana e argentina, raffigurato mentre libera un gruppo di prigionieri dalle catene, così come sono famose le sculture e i bassorilievi collocati all’esterno del medesimo edificio. Amico personale di Don Francisco Mazzoni, celebre storico e Professore di Maldonado, Juan José Severino destinò a questi alcune delle sue realizzazioni artistiche, le stesse che oggi possono essere ammirate nel circuito dello stesso “Museo Regionale Francisco Mazzoni”, sempre a Maldonado. In quello stesso contesto l’artista di origini italiane seppe offrire il proprio sostegno ad altri giovani e talentuosi artisti plastici locali, come la scultrice e intagliatrice del legno Ada Letarmendia, nata ad Aiguá, e il pittore Mario E. de Cola, autore di diversi dipinti ad olio su Maldonado, molti dei quali esposti nello stesso “Museo Mazzoni”. Conosciuto e apprezzato dalla critica artistica Sudamericana, il maestro Juan José Severino partecipò a varie esposizioni d’arte, quale il celebre “Salon of Free Artists of Uruguay” (1927). Vinse, quindi, il premio per la migliore scenografia (1954) per il set realizzato nell’ambito di un’opera teatrale scritta da Horacio Sánchez Rogé. Firmò, poi, importanti scenografie presso il teatro Solís (1930), presso l’ex Teatro Urquiza (1931) e anche a Buenos Aires, la città che amò particolarmente, dopo Montevideo. Dipinse, persino, dodici panneaux per il famoso emporio tedesco “Scherrer” (meglio noto come “Casa Argentina Scherrer”) di Buenos Aires.
Non mancarono opere dedicate alla religione, come la grande scultura in legno, “L’ultima cena del Messia”, realizzata in occasione della celebrazione del Congresso Eucaristico (1937). Il Severino, appassionato di letteratura spagnola, fu sempre legato al Cervantes, del quale volle mitizzare ancor di più la figura di Don Chisciotte, che lui avvicinava molto a quella di Gesù Cristo e alla quale dedicò un suo noto lavoro plastico. Tra le varie trasferte artistiche in altri Paesi, ricordiamo la sua presenza in Brasile, essendosi aggiudicato (nel 1940) il decoro del Casinò Cosmopolis, nella città di Santa Ana. Seppe, poi, cimentarsi anche nell’arte memorialistica, tanto che nella stessa Montevideo si può ammirare una sua scultura, alta circa tre metri e mezzo, realizzata in granito (nel 1944) e con l’effigie bronzea di Manuel Azaña Diaz, il famoso Presidente della sfortunata Repubblica Spagnola (unica statua al mondo dedicata allo statista iberico), situata nell’omonima piazza, nei pressi di boulevard Artigas, Punta Carri. Il grande artista italo-uruguayano Juan José Severino – lo abbiamo già anticipato prima – visse e morì per l’arte. Allorquando, il 3 giugno del 1956 la sua vita si sarebbe spenta, egli si trovava ancora a Maldonado, tra i banchi di quel glorioso Liceo.
La notizia commosse l’intero Paese[1], mentre a Maldonado avrebbe procurato il dolore collettivo, soprattutto fra i docenti e gli alunni dell’Istituto educativo, così come nel Prof. Mazzoni, che nel corso dello stesso giugno pubblicò un articolo in suo onore, dalla cui lettura si possono apprendere un’infinità di notizie che purtroppo non abbiamo potuto evidenziare in questa sede, per motivi di spazio[2]. Il ricordo dell’artista dal sangue italiano, morto appena sessantatreenne non si spense affatto con la sua morte, tanto è vero che sempre in giugno fu presentata alla Camera dei Rappresentati (il Parlamento Uruguayano) un disegno di legge finalizzato a proclamare le opere d’arte realizzate dal Severino “Beni di Interesse Nazionale”, con l’obbligo di farne uno stabile Museo. Il Paese, in compenso, avrebbe corrisposto alla vedova un vitalizio annuo[3]. L’anno seguente la sua stessa città di nascita, la bellissima Montevideo, gli avrebbe dedicato una via cittadina, così come ha fatto anche il Municipio di Punta del Este (Maldonado)[4]. Mostre, convegni e citazioni in importanti testi ne hanno, poi, immortalato la memoria nel corso dei decenni successivi. Ciò, ovviamente nei soli Paesi ove egli visse ed operò. Non solo, ma qualche anno dopo, esattamente nel 1964 fu realizzata in suo onore un’incisione su disco: incisione che riporta alcuni brani dei testi più celebri da lui composti, interpretati da alcuni dei suoi più cari e affettuosi amici del mondo del teatro e del cinema, quali Norma Suárez, Humberto Nazzari, Ramón Otero, Alberto Candeau, Tomás Henriquez ed Enrique Guarnero. Concludiamo con l’auspicio secondo il quale anche l’Italia, Paese che diede i natali a entrambi i genitori, lo possa un giorno ricordare, come egli giustamente merita e come merita la storia del nostro Paese, lo stesso dal quale partirono, nel corso dell’Ottocento, uomini, donne, vecchi e bambini che tanto lustro avrebbero poi offerto a quei Paesi che li avrebbero affettuosamente accolti. Anche il figlio di Juan José, Ariel Adonis Severino avrebbe onorato l’antica Patria d’oltre oceano, seguendo il padre in tutte le sue forme di espressione artistica (fu anche sceneggiatore del nostro Zeffirelli, nel 1961 al teatro della Scala, a Milano). Ma la sorte lo fermò troppo giovane, in quanto sarebbe stata una delle tantissime vittime del terremoto che il 29 luglio del 1967 sconvolse Caracas, in Venezuela, ove si trovava per lavoro. Ma questa è un’altra storia…
Col. (a) Gerardo Severino
Storico Militare
[1] Cfr. corrispondenza dal titolo “Hermano dell’hombre”, in <<El Plata>>, 4 giugno 1956.
[2] Cfr. R. Francisco Mazzoni, “Un hombre que dio su tesoro: Juan José Severino”, Maldonato, junio 1956, supplemento domenicale, especiale para <<El Dia>>, 1° luglio 1956.
[3] Cfr. “Obras del artista Juan José Severino – Declaranse bien nacional”, in <<Diario de Sesiones de la Camara de Rappresentantes>>, 35^ Sesion, 27 de junio de 1956, p. 497, 498.
[4] Cfr. <<Boletin de Actas de la Junta Departamental de Montevideo>>, 1957, p. 887.