La First Special Service Force a Castellabate
Una delle vicende poco conosciute della Seconda guerra mondiale ci porta a Castellabate, perla del Cilento, oggi nota solo per aver ospitato il set di Benvenuti al Sud, il fortunato film dedicato all’Ufficio Postale più famoso d’Italia. Ebbene, nei mesi che seguirono lo sbarco nel Golfo di Salerno, Castellabate e Punta Licosa furono le località prescelte per l’addestramento della gloriosa “First Special Service Force”, un’unità congiunta americano-canadese, composta sul genere “commando”, alla quale fu anche aggregato il 2° Battaglione Paracadutisti dell’Esercito Canadese. La “F.S.S.F.” si era particolarmente distinta a Roma, ove aveva tenuto i ponti sul Tevere per due giorni, prima di passarli in consegna alle truppe della 3^ Divisione di Fanteria nella notte tra il 6 e il 7 giugno. Da Roma, la Forza si era trasferita in un’area di bivacco nei pressi del Lago Albano per tre settimane di riposo. Il 29 giugno alla Forza fu ordinato di prepararsi per una nuova missione. La 7^ Armata stava, infatti, progettando l’Operazione “Anvil” (più tardi conosciuta come Operazione “Dragoon”), per l’invasione della Francia Meridionale. La “F.S.S.F.” era stata scelta per essere la testa di ponte dell’invasione, conducendo un attacco anfibio notturno contro due isole che fiancheggiavano le spiagge dell’invasione.

Dagli Stati Uniti all’Europa
La “F.S.S.F.” era stata costituita il 20 luglio 1942, con una forza di combattimento di 1800 uomini. Il primo comandante fu il Ten. Col. Robert S. Frederick, più tardi promosso Generale Comandante della stessa “First Special Service Force”. Questa “forza d’urto” era composta solo da volontari e originariamente era organizzata per una missione suicida. Dovevano essere paracadutati nella Norvegia occupata dalla Germania, mettere fuori uso importanti centrali idroelettriche, eseguire altri atti di sabotaggio, uccidere il maggior numero di nemici possibile e, quindi, spianarsi la strada fino al confine di un Paese neutrale. Si addestrarono nove mesi per la missione in Norvegia, seguendo corsi specialistici in tattiche di incursione e commando e ricevendo un addestramento intensivo come paracadutisti, sciatori, combattenti in montagna, forze anfibie, esperti guastatori, combattimento corpo a corpo e, in particolare, nell’uccidere silenziosamente dietro le linee nemiche. I piani per le operazioni in Norvegia furono cancellati, gli uomini vennero spediti in Italia dove entrarono per la prima volta in azione. Fu così che la Forza raggiunse Santa Maria di Castellabate, onde prepararsi tatticamente per l’operazione. A Castellabate i soldati alleati arrivarono il 30 giugno 1944, stabilendosi in alcuni locali messi a disposizione dal Comune e dai privati, ivi compreso il Palazzo Belmonte, a Santa Maria.

Da Castellabate alla Francia Meridionale (estate 1944)
Il Reparto fu affidato al Colonnello Edwin Walker, in sostituzione del Generale Frederick designato al comando della 1^ Airborne Task Force, mentre appartenevano al quadro ufficiali il Maggiore Edward H. Thomas, i Capitani Frank W. Erickson e Adna H. Underhill, i Tenenti Clifford B. Cook, Richard Fuller, John D. Reed e James R. Stevenson ed il Sotto Tenente Herb Langdon. Ovviamente, la natura dell’imminente operazione influenzò notevolmente il programma di addestramento della Forza. I convogli navali per l’invasione avevano pianificato di sbarcare tre divisioni del VI Corpo sulle spiagge tra Tolone e Cannes, nell’area del Capo di Saint-Tropez. Così facendo, i convogli sarebbero passati ad est delle due isole, Port Cros e Levant, situate a circa sette miglia dalla costa. Queste isole erano state occupate dai tedeschi nel 1943. La fotografia aerea evidenziò l’esistenza di una batteria costiera, con armi antiaeree all’estremità occidentale di Port Cros e Levant e, a quanto sembrava, ci si trovava in presenza di significative fortificazioni sulla sua Punta nord-orientale: tre o quattro cannoni da 164 mm, mitragliatrici, bunker, un proiettore, e quattro cannoni costieri medi all’estremità occidentale. Queste armi costituivano una minaccia alle forze da sbarco e alle navi; dovevano, quindi, essere eliminate. La Forza fu perciò incaricata di questa pericolosa missione. Quasi tutte le isole erano prive di spiaggia. Scogliere scoscese discendevano in acqua nella maggior parte delle zone, eccetto per poche piccole aree sulla riva settentrionale. Caratterizzavano l’interno colline coperte di boscaglia e alcuni terreni coltivati. Dopo una ricognizione visiva, tramite sottomarini e gommoni, il Colonnello Walker decise di assaltare le isole dal loro lato roccioso meridionale (verso il mare). Alcuni ufficiali francesi che conoscevano le isole confermarono che un tale avvicinamento era impossibile, ma non erano stati a La Defensa. La grande difficoltà dell’avvicinamento dal mare era una scelta logica per la Forza. Fu per tale motivo che nelle sei settimane di addestramento a Santa Maria di Castellabate, prima dell’operazione, tutti i militari che componevano lo speciale Reparto ricevettero un corso di aggiornamento sull’addestramento essenziale. I rimpiazzi recenti furono istruiti sull’uso delle armi e sulle tecniche della Forza. L’addestramento fisico fu molto importante per porre gli uomini in forma per il combattimento speciale. In agosto, la “F.S.S.F.” cominciò anche un addestramento intensivo anfibio e d’assalto sotto la guida del Centro d’Addestramento per l’Invasione. A tal proposito, il 31 luglio ’44, era stata fatta affluire a Santa Maria di Castellabate la nave da trasporto della Royal Navy “H.M.C.S. Prince Henry”, la quale rimase ancorata al largo della Marina fino al giorno della partenza.
Il programma includeva l’organizzazione di equipaggi per le barche e squadre di guastatori; l’apertura di brecce nel filo spinato da parte degli equipaggi delle barche; la scalata delle scogliere di giorno e di notte; l’uso di razzi e lanciafiamme; l’impiego di equipaggiamento impermeabile; il maneggio di mine e trappole esplosive; il nuoto; l’addestramento per l’infiltrazione; la marcia secondo un itinerario; la navigazione; e tattiche di sbarco su rive senza spiaggia. Gruppi navali aggregati per l’individuazione delle spiagge e gruppi per il controllo del fuoco accompagnarono la Forza durante questo addestramento. Presero luogo, inoltre, diverse esercitazioni di sbarco, inclusi assalti notturni contro le due isole di Ponza e Zannone, effettuati il 7 agosto ’44 con il nome in codice di Operazione “Bruno”. I motoscafi trainavano gommoni da 10 uomini fino a 1.000 yarde (900 metri) dalla riva. Poi, gli equipaggi delle barche remavano, scalavano le scogliere col peso dell’equipaggiamento completo, si preparavano per il contrattacco e sbarcavano gli approvvigionamenti. A tal fine, sul clinale della spiaggia del “Pozzillo” , poco più a nord di Santa Maria di Castellabate, furono sistemati decine di metri di reti a maglia larga sulle quali i soldati s’addestrarono alla scalata. Dopo tale esercitazione, gli uomini dei commandos s’imbarcarono sulle navi da trasporto. Qualcuna andò a Napoli per il rifornimento e le provviste, mentre la “H.M.C.S. Prince Henry”, con tutto il ° Reggimento ritornò direttamente a Santa Maria, ove il giorno dopo condusse un’altra esercitazione raggiungendo la spiaggia con i gommoni. Come evidenzia il diario storico della “F.S.S.F.”, tale operazione fu coronata da maggior successo di quella della notte precedente. Intanto, mentre sulla spiaggia del “Pozzillo”, gli americani si esercitarono negli sbarchi col gommone sotto l’abile guida del Tenente John D. Reed, sui costoni delle cosiddette “Ripe Rosse” furono acquisite le tecniche per le scalate su parete, addestramento tipico delle truppe alpine. A Punta Licosa, invece, vista la similitudine della costa cilentana con quelle della Francia meridionale, la “F.S.S.F.” portò avanti un incessante addestramento anfibio, nel corso del quale furono spesso utilizzati i ruderi delle vecchie torri costiere, il palazzo marchesale del Principe di Belmonte e la stessa stazione semaforica, fino a qualche mese prima vigilata dalla nostra Regia Marina. È verosimile ritenere che nel corso di tali esercitazioni a fuoco siano stati prodotti ulteriori danni alle strutture già dirute, ma non completamente distrutte, così come era emerso dai dati concernenti la situazione delle torri costiere dopo l’unità d’Italia.
L’operazione “Overlord”
Raggiunta Napoli a bordo della nave “H.M.C.S. Prince Henry”, la “F.S.S.F.” fece parte del convoglio (300 navi da guerra tra cui alcune veterane dell’operazione “Overlord”, 2000 navi da trasporti e mezzi da sbarco) che nella notte tra il 14 e il 15 agosto ‘44 giunse in vista delle coste meridionali francesi. Alle prime ore del 15 agosto, dalle unità del convoglio sbarcheranno, sulla costa compresa tra Tolone e Cannes, le truppe della 7^ Armata americana del Generale Patch dando così inizio all’operazione “Anvil-Dragoon”, necessaria per il ricongiungimento con le forze Alleate sbarcate in Normandia il precedente 6 di giugno. La notte dell’inizio delle operazioni, l’organico della “F.S.S.F.” ammontava a 2.057 uomini. La sua forza navale di supporto consisteva in cinque trasporti, tre navi da sbarco medie e due piccole, una corazzata francese, un incrociatore pesante, cinque incrociatori leggeri, tre cacciatorpediniere, tre torpediniere e 15 piccole motovedette (questa forza navale sosteneva anche un piccolo commando francese che sarebbe sbarcato sulla terraferma). Il tempo era ottimale, il mare calmo e la notte scura quando i trasporti truppe si fermarono a 8.000 yarde (7.200 metri) al largo nella notte tra il 14 e il 15 agosto 1944. All’orario prefissato, gli uomini della Forza scesero nei loro gommoni e si agganciarono ai motoscafi tre gommoni per ogni linea di traino. Gli esploratori nei kayak e su tavole da surf elettriche segnavano i luoghi di sbarco di fronte al gruppo principale. Poco dopo mezzanotte, il 1° Reggimento sbarcò 650 uomini a Port Cros, mentre il 2° e il 3° Reggimento (1.350 uomini) raggiunsero la terra a Levant.
Seguendo il piano stabilito dalla Forza, i gruppi da sbarco ottennero una completa sorpresa. Senza incontrare resistenza, gli uomini della Forza raggiunsero i loro luoghi di raccolta senza difficoltà. Su Ile du Levant, i tedeschi si rintanarono nel porto di Levant, dove combatterono duramente contro il 2° Reggimento. All’alba, la Forza aveva liberato una buona parte di spiaggia, si era rifornita, e aveva evacuato i feriti. Alle 23.34 del 15 agosto, tutta la resistenza era cessata. La batteria costiera ad est si dimostrò falsa. A Port Cros, i difensori tedeschi tennero per 48 ore. L’ultima sacca di resistenza nemica, riparata in un vecchio forte dalle spesse mura, si arrese quando dodici granate da 15 pollici provenienti da una corazzata di supporto attraversarono il forte da una parte all’altra. Come in altre operazioni della Forza, la sorpresa, l’urto, la tenacia e la capacità di comando furono gli ingredienti chiave per il successo. La resistenza delle unità della 19^ Armata tedesca del Generale Wiese è praticamente nulla, tanto che nel corso dell’operazione gli alleati perdono solo 183 uomini sbarcando nell’arco della sola giornata del 15 agosto ben 94.000 uomini che rapidamente si attestano su solide teste di sbarco. Da qui, a partire dal 16, le unità francesi e americane si lanceranno alla conquista di Tolone e Marsiglia (a occidente) e, verso oriente, su Cannes e Nizza. Benché gli uomini fossero tutti brevettati paracadutisti, la Forza Speciale, per invadere la Francia meridionale, non si lanciò con i paracaduti, così come era stato ipotizzato inizialmente, bensì essa costituì la prima ondata da sbarco del D-Day, come avanguardia dell’intera invasione alleata anfibia. Non si unì alla “First Airborne Task Force” fino ad alcuni giorni dopo l’invasione. Fu proprio durante lo sbarco nella Francia Meridionale che la Forza Speciale mostrò, quindi, il suo impatto in combattimento, prendendo per questo il nome di “Brigata dei Diavoli Neri”. In pochi giorni, le truppe penetrarono verso l’interno della Francia, costringendo il grosso delle forze germaniche a ritirarsi lungo la valle del Rodano, salvo due Divisioni più vicine al confine italiano, che ricevettero l’ordine di ritirarsi verso l’Italia. Ma questa è un’altra storia…
Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare