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L’ammaraggio del Dornier D. 1929 a Bahia San Salvador (Brasile) immortalato da un emigrante italiano

Nell’agosto del 1931, Arturo De Cusatis non aveva ancora compiuto ventiquattro anni d’età e già da qualche tempo viveva a Bahia San Salvador, nel lontanissimo Brasile, ove era presente da tempo una ben nutrita colonia di emigranti italiani. Nato a Celle di Bulgheria, in provincia di Salerno, il 25 settembre del 1907, da Pasquale e da Rosa Minervini, Arturo aveva seguito le orme di alcuni suoi parenti, i quali, già a partire dalla fine dell’Ottocento si erano avventurati oltre Oceano, stabilendosi in Argentina, come aveva fatto lo zio Saverio, che vi era emigrato nel 1895, ovvero altri in Brasile. Meccanico di professione, Arturo De Cusatis scoprì proprio in Brasile la passione per la fotografia, una passione grazie alla quale ebbe modo di regalare inconsapevolmente alla storia dell’Aviazione una rarissima immagine che documentò un evento, ancora oggi non molto conosciuto ai più. Mi riferisco all’ammaraggio a Bahia San Salvador del mastodontico idrovolante tedesco “Dornier D. 1929”, il velivolo che affrontò la trasvolata nel Continente Americano onde pubblicizzare quello che doveva apparire come il gioiello dell’industria aeronautica germanica, ma che di fatto si rivelò l’esatto contrario. Quella che segue ne è la ricostruzione.

La fabbrica Dornier in Svizzera

Gli aspetti tecnici

L’idrovolante “Dornier Do X”, questo era il nome originario, fu progettato come velivolo di linea, quindi non per usi militari (considerati i limiti imposti alla Germania dopo la fine della “Grande Guerra”), dalla Società tedesca “Dornier-Werke GmbH” sul finire degli anni Venti, affidato in costruzione alla filiale Svizzera “AG für Dornier-Flugzeuge (Doflug)”, con sede ad Altenrhein am Bodensee. L’idea dell’enorme velivolo, cui affidare il traffico passeggeri, peraltro in un contesto storico nel quale si erano già notati i rischi e i limiti rappresentati dai grandi dirigibili, risaliva al 1925. Fu, infatti, proprio in quel frangente che il Prof. Claude Dornier, allora proprietario della “Dornier-Metallbauten GmbH”, varò un progetto che mirava ad incrementare il traffico passeggeri, soprattutto nelle tratte transoceaniche. Il progetto poté contare sull’esperienza acquisita nel campo proprio dalla filiale Svizzera, ma anche dall’Italia, esattamente dalla famosa “Costruzioni Meccaniche Aeronautiche Società Anonima (CMASA)” di Marina di Pisa. Un primo prototipo, il “Do X”, dopo una lunga serie di studi e prove aerodinamiche ed idrodinamiche, fu realizzato nei vecchi edifici della “Zeppelin”, la nota fabbrica di dirigibili, siti a Friederichshafen, sul Lago di Costanza.

La cabina passeggeri

Dal punto di vista tecnico ricordiamo che esso era inizialmente spinto da 12 motori Siemens Jupiter, radiali raffreddati ad aria, da 500HP l’uno. Esso prese il volo il 12 ottobre 1929, al comando del pilota collaudatore Richard Wagner, il quale notò subito l’insufficienza della forza motrice installata. Il 31 ottobre 1929 fu, invece, la data del primo volo con a bordo dei passeggeri, 169, quanti erano i posti a sedere. In seguito, con la sostituzione dei più capaci motori (ben 12 Curtiss Conqueror V-12, raffreddati a liquido, da 640HP l’uno) ebbero inizio anche i voli commerciali, a far data dal 4 agosto 1930. L’equipaggio era composto da due piloti, un navigatore, un operatore radio ed un meccanico di bordo, tutti allocati nell’ampia cabina posta sopra il primo ponte. L’idrovolante si presentava in maniera davvero imponente, tanto che lo spessore delle ali consentiva al meccanico di bordo di raggiungere i motori proprio attraverso dei passaggi ricavati nelle stesse. Interamente metallico e con un’ampia fusoliera, il “Do X” era dotato persino di un salottino, di una cabina per fumatori, bagni, cucina, sala da pranzo e cabine-letto individuali, il tutto su tre ponti.

L’idrovolante a Torre del Lago

La trasvolata pubblicitaria del 1930-1931 in America

Un’impresa faraonica, come lo era stata la realizzazione del super idrovolante di linea “Do X” doveva necessariamente essere pubblicizzata, anche negli ambienti militari, oltre che in Europa, soprattutto nella lontana America, già da tempo affascinata dai famosi dirigibili tedeschi della “Zeppelin” (in verità non si era ancora consumata la tragedia del dirigibile “Hindenburg”, la quale si verificherà nel 1937). Fu così che nel novembre dello stesso 1930, il “Do X”, nel frattempo ribattezzato “D 1929”, lasciò il Lago di Costanza ove era stato costruito per un volo transoceanico, seguendo inizialmente la tratta Amsterdam- Calshot e Lisbona. L’affascinante storia di questo incredibile velivolo ci ricorda che fu proprio in Portogallo che si verificò un principio d’incendio ad una delle ali, mentre a Las Palmas, nelle Isole Canarie, un altro incidente danneggiò lo scafo e lo costrinse ad una sosta di tre mesi, per le necessarie riparazioni. Intanto fremeva, in America, l’attesa di vederlo ammarare su quelle coste, anche se l’attraversamento dell’Oceano Atlantico sembrò essere impresa titanica.

La foto scattata a Bahia nel 1931 (Collezione G. Severino)

A quel punto gli ingegneri della Casa produttrice, durante i mesi di sosta obbligata, cercarono di alleggerirne il peso, eliminando l’equipaggiamento non essenziale e addirittura riducendo i membri dell’equipaggio. Ciò nonostante, l’idrovolante si dimostrò incapace di raggiungere una quota operativa adeguata, tanto che la traversata fu compiuta a tappe. Ciò nonostante, al di là delle più infauste previsioni da parte degli addetti ai lavori, il “Dornier D. 1929” raggiunse finalmente il Brasile, quindi anche Bahia San Salvador, ove fu ritratto dal nostro Arturo De Cusatis. Successivamente, l’idrovolante tedesco ripartì verso il Nord America, ammarando a New York il 27 agosto 1931. Non abbiamo assolutamente idea di cosa sia successo dopo tale data, anche se è facile immaginare che non rimase certo fermo in rada. Possiamo solo dire che fu solo il 19 maggio del 1932, a un anno dalla presa del potere da parte di Adolf Hitler, che l’idrovolante ripartì alla volta della Germania, raggiungendo, dopo cinque giorni, il lago Müggelsee, a Berlino. Gli idrovolanti “Dornier Do X” non ebbero, tuttavia, una grande vita operativa, compresi i due esemplari italiani, il “Do X 2” e il “Do X 3”, dedicati rispettivamente a Umberto Maddalena (I-REDI) e ad Alessandro Guidoni (I-ABBN), i quali montavano motori FIAT A.22R, sempre raffreddati a liquido, da 570HP (425KW. Questi, inizialmente acquisiti dalla “Società Anonima Navigazione Aerea (SANA)”, passarono in seguito alla Regia Aeronautica, la quale, dopo un tentativo fallimentare che tendeva a trasformarli in un idro-bombardiere, li avrebbe impiegati, dal 1931 al 1935, solo per voli a scopo dimostrativo e propagandistico. La loro vita operativa avrebbe avuto termine di lì a poco, in quanto dismessi e inviati alla demolizione nei cantieri della Spezia.

Conclusioni

Arturo De Cusatis in una foto del 1937

Fu solo il 13 dicembre ’31, quasi quattro mesi dopo averla scattata che Arturo De Cusatis spedì una delle foto in Italia, indirizzandola al fratello maggiore, Saverio, il quale era rimasto a vivere a Celle di Bulgheria. Nel corso del 1937, Arturo si stabilì definitivamente a San Paolo del Brasile, prendendo alloggio in Via 25 Marzo, n. 145. Qui avrebbe vissuto e operato come commerciante ancora per molti anni, assieme alla sua famigliola, composta dalla moglie Italia e da un figlio. Arturo De Cusatis si spense a Celle di Bulgheria, ove era ritornato a vivere, nel corso del 1995, dimenticando, molto probabilmente, che in qualche cassetto della casa avita era rimasta quella e altre belle fotografie che periodicamente egli inviava in Italia. La foto del “Dornier D. 1929”, rimasta per lungo tempo tra i ricordi della famiglia De Cusatis, è giunta, come spesso succede, in “altre mani” e conseguentemente offerta al mercato del collezionismo, dal quale è stata in seguito acquistata dal sottoscritto, certo di doverla condividere non solo con gli appassionati di storia aeronautica, ma anche con gli studiosi dell’emigrazione italiana nel mondo. Un emigrazione composta da persone che seppero distinguersi nei vari campi, compreso il settore della fotografia, regalandoci, come nel caso di oggi, un’autentica rarità.

Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico militare