L’inno colombiano e il suo compositore. La storia di Oreste Sindici (Ceccano, 1828 – Bogotà, 1904)
Come abbiamo più volte ricordato su questo seguitissimo portale storico, ricorre quest’anno il 160° anniversario dei rapporti diplomatici ufficiali tra Italia e Colombia. Non potevamo terminare questo importantissimo anno senza parlare di uno degli emigrati italiani che, forse, più di altri viene ancora oggi celebrato in tutto il Paese Sudamericano, essendo stato, egli, il compositore dell’inno nazionale. Parliamo ovviamente del grande Tenore e Compositore Oreste Sindici, il quale, manco a farlo apposta, giunse a Bogotà nello stesso 1864, anno in cui nella storica Capitale della Cundinamarca avrebbe aperto i battenti la Regia Legazione Italiana[1]. Il Maestro Sindici non fu, ovviamente, solo questo, avendo alle spalle una solida fama, maturata sui palcoscenici italiani e colombiani, ma anche nelle Scuole Pubbliche, nei Seminari e in altri luoghi ove esercitò brillantemente la docenza di canto e musica. Quella che segue è la sua affascinante storia[2].
Da Ceccano a Roma (1828 – 1864)
Gioacchino Attilio Augusto Oreste Teofisto Melchiorre Sindici – questo è il nome completo del nostro protagonista – nacque a Ceccano (Frosinone) il 31 maggio del 1828, figlio di Vincenzo Sindici e Teresa Topai, di nobile e ricca famiglia locale. Gran parte dei riferimenti biografici che lo riguardano ci ricordano che il padre morì quando Oreste aveva appena tre anni di vita. Ciò indusse la madre a trasferirsi a Roma, dove in seguito si sarebbe risposata. Sino all’età di 16 anni, Oreste rimase, quindi, sotto la tutela di uno zio paterno, il Sacerdote, Giacomo Sindici. Nel 1844, ormai sedicenne, assieme al fratello, Attilio, per effetto dell’Ordinanza emanata dalla Congregazione Civile della Reverenda Camera Apostolica, in data 21 marzo, fu affidato, invece, allo zio materno, Antonio Topai, noto Computista della stessa R.C.A., nominato <<Tutore e Curatore>>[3]. A differenza di quanto avevano sostenuto i suoi primi biografi, gli storici Miguel Aguilera e Antonio Cacua Prada, Oreste Sindici non si sarebbe formazione musicalmente presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, bensì, come sostiene il musicologo Alexander Klein, presso il celebre “Ospizio Apostolico di San Michele”, riservato principalmente ai bambini orfani, ove ebbe modo di studiare canto con il Professore Angelo Scardavelli. E fu proprio qui, che nel 1848 debuttò ufficialmente nell’opera diretta dal Maestro Salvatore Cerbara <<Saul. Melodramma sacro da rappresentarsi dagli alunni della scuola di canto dell’Ospizio Apostolico>> (ne fu pubblicato il libretto a Roma, per i tipi della Tipografia dello stesso Ospizio, nel 1848). Con la maggiore età, Oreste Sindici lasciò l’Ospizio, iniziando così la sua attività professionale, scritturato da varie Compagnie Musicali e d’Opera, con le quali girerà in varie località della Penisola italiana, allora ancora suddivisa in tanti piccoli Staterelli. Attorno al 1854, Oreste Sindici era ormai un uomo adulto (ventiseienne) e già da tempo calcava le scene dei maggiori Teatri Romani (soprattutto il noto “Capranica”), meritandosi anche i complimenti da parte della critica, anche a mezzo stampa. È il caso di una corrispondenza apparsa nel 1854 sul seguitissimo periodico <<Il Vero Amico del Popolo>>, ove, nell’ambito di un reportage riferito al celebre concertista marchigiano Attilio Romiti[4] e alla sua Compagnia, viene citato anche il nostro protagonista, il Tenore Sindici, il quale, la sera del 17 luglio, nella Sala di Via dé Pontefici, n. 51, si esibì brillantemente con la romanza “Ella e morta”, riscuotendo numerosi applausi, peraltro distinguendosi <<…per voce robusta, intonata>>[5]. Ma Oreste Sindici non si limitava di certo alla sola professione di Tenore. Egli era, soprattutto, un compositore, come ci conferma anche la Corrispondenza apparsa su <<L’Italia Musicale>>, allora una delle più importanti riviste periodiche dedicate alla musica, al teatro e alle arti in generale. Da essa apprendiamo, quindi, che la sera del 4 maggio 1855, presso l’Accademia dei Quiriti si celebrò il “Natale di Roma” (è l’anniversario della nascita della città), evento nel corso del quale <<…furono uditi alcuni pezzi di musica composti sulle parole del signor Emilio Malvolti, dai bravi maestri Rolland…Oreste Sindici e Leonardo Palomba>>[6]. Un anno dopo, Oreste, lasciata temporaneamente la “Compagnia Romiti”, si tuffò in una nuova avventura professionale, come documenta la seguente Corrispondenza tratta da una rivista dell’epoca. <<Lanciano. Dall’appaltatore Archibugi fu riunita per la stagione di autunno la seguente Compagnia di canto: prima donna assoluta Angelina Zudoli-Cignogani; primo tenore assoluto Oreste Sindici; primo baritono assoluto Achille Carboni; prima donna Margherita Muzzi, primo basso profondo Raffaele Marconi>>[7]. Non solo, ma nel corso del 1857 gli verrà persino dedicato il sonetto dal titolo <<Ad Oreste Sindici primo tenore assoluto nel teatro Capranica per il carnevale dell’anno 1856 in 57 nella sera di suo beneficio>> (Roma, Tipografia di Giovanni Olivieri, 1857). La sua notorietà e bravura vengono, quindi, segnalate anche presso i teatri dell’Aquila, Cosenza e Avellino.
L’avventura Sudamericana
Sul finire del 1860, mentre la nostra Penisola era in paziente attesa della proclamazione del Regno d’Italia, frutto soprattutto della nota “Spedizione dei Mille”, capeggiata da Giuseppe Garibaldi, al quale lo stesso Sindici, già difensore, nel 1849, della Repubblica Romana (era stato membro, assieme al fratello Attilio della Legione Romana), non aveva celato le proprie simpatie politiche (egli era anche un fervente Mazziniano), il Tenore di Ceccano decise “cambiar aria”, considerata la situazione venutasi a creare nella città di Roma, rimasta saldamente in mano Papalina. Oreste raggiunse così l’America Latina, dove entrò a far parte della celebre Compagnia lirica messa in piedi da Eugenio Luisia ed Enrique Rossi-Guerra. Con tale Sodalizio Artistico, il Tenore Sindaci girò in varie località Sudamericane, portando in scena, assieme ad altri bravi artisti Italiani, opere famose e meno famose, come “La Sonnambula”, “Il Rigoletto”, “Un ballo in maschera”, “Don Pascual” e “El Juramento”.
La Colombia, la sua seconda Patria (1862 – 1904)
Sempre secondo i biografi più accreditati, Oreste Sindici mise piede per la prima volta in Colombia il 12 ottobre del 1862, data in cui la Compagnia artistica della quale faceva parte giunse a Cartagena de Indias, la celebre città portuale sulla costa caraibica. Qui vi rimase per gran parte del 1863, allorquando ebbe inizio il lungo viaggio che, attraverso il fiume Magdalena lo avrebbe portato a Bogotà, ove giunse agli inizi del 1864. E fu proprio nella Capitale Colombiana che il Maestro Sindici fu scritturato, in qualità di Primo Tenore, nella celebre Compagnia lirica del baritono Egisto Petrilli, con il quale aveva già lavorato in Italia diversi anni prima. Oreste divenne ben presto famoso e ricercato dal pubblico e ciò gli consentì di frequentare anche la buona società locale, oltre agli ambienti artistici. E fu proprio in questi ultimi che conobbe l’amore della sua vita, Justina Jannaut Chamberrie (nata a L’Avana, Cuba nel 1848), figlia di un noto commerciante francese, ma soprattutto apprezzatissima soprano. I due si sposarono a Bogotà l’11 febbraio 1866, mettendo, in seguito, al mondo una bella nidiata di figli (Eugenia Teresa, Oreste Justino Vicente, Maria Teresa, Enriqueta Lucia ed Emilia Justina). Dieci anni dopo il suo arrivo in Colombia, man mano che le forze fisiche non gli consentivano più di affrontare i palcoscenici, il Sindaci (sulla soglia dei cinquant’anni) si diede completamente alla composizione, ma soprattutto all’insegnamento. Ecco, dunque, che già nel 1875 lo traviano titolare della cattedra musicale presso la “Escuela Normal de Institutores del Estado”, ma anche docente presso la celebre “Escuela Normal de Institutoras” della Cundinamarca, fondata il 20 gennaio del 1872 dai Maestri Ernesto Hotschick e Martin Lleras, e in quel frangente storico diretta da Lorenzo Lleras[8]. Nel 1880, lo troviamo, invece, insegnante di musica presso l’Università di Bogotà. Nel 1881 lo scorgiamo ancora affermato <<Maestro de Musica i Canto>> presso la già citata “Escuela Normal de Institutoras”[9], mentre l’8 marzo del 1882 è tra i fondatori, nonché membro del Consiglio Direttivo della “Academia Nacional de Musica”, sempre a Bogotà, assieme al Direttore, l’amico Jorge W. Price.
Nel 1883 è, poi, Professore di musica anche presso la “Escuela Guarin de Musica”, dell’Istituto delle Belle Arti, fondato appena l’anno prima a Bogotà[10]. Oreste Sindici coinvolse nelle sue attività anche la moglie, celebre cantante lirica, assieme alla quale fondò, sempre a Bogotà, una propria “Accademia Musicale”. Ma la sua poliedricità, tipica degli effervescenti emigrati Italiani in Sud America, lo portò ad occuparsi di musica a 360 gradi, come si suol dire in questi casi, tanto da fondare non pochi Cori Musicali presso alcuni importanti Seminari religiosi, confidando peraltro della benevolenza della Chiesa locale, che vedeva nel Maestro frusinate il celebre autore di musiche per le tradizionali “Messe di Requiem”, così come di canti Natalizi (i c.d. “Villancicos”), attesi e seguiti da un vastissimo pubblico di fedeli e amanti della musica in generale[11]. Giunse così il fatidico anno 1887, data nella quale il compositore Italiano, nel frattempo nominato Presidente della “Sociedad Musical” di Bogotà, compose l’inno nazionale Colombiano (“Himno”), pezzo che certamente avrebbe segnato l’apice della sua luminosa carriera. È doveroso ricordare che le parole dell’inno, quindi il testo, erano state composte non certo da un personaggio qualsiasi, ma nientedimeno che da Rafael Wenceslao Núñez Moledo, allora ancora Presidente della Repubblica di Colombia. L’inno fu così presentato alla collettività l’11 novembre 1887, per poi essere pubblicato dalla Tipografia La Luz, col titolo di “Marcha Triunfal”. Che i due personaggi legati all’Inno fossero cari amici lo si evince anche da una lettera che il Presidente Colombiano indirizzò ad Oreste nel 1890, missiva nella quale egli sottolineò come la bellezza del pezzo si doveva <<senza dubbio al suo lavoro>>, mentre il testo seguiva in secondo piano. Ricordiamo, a completamento della storia, che l’Inno fu adottato ufficialmente solo nel 1920 (con la legge n. 33 del 18 di ottobre), sedici anni dopo, quindi, la scomparsa del musicista di Ceccano. Gli anni che seguirono la composizione dell’inno non furono, tuttavia, benevoli con il nostro personaggio. Il 17 luglio 1894 si spegneva a Nilo (uno dei Comuni de Dipartimento di Cundinamarca, ove il Sindici aveva acquistato l’Azienda agricola “El Prado” ) l’adorata moglie Justina. Ma quella non fu certo l’unica triste notizia che sconvolse l’ormai maturo Professore di musica. il successivo 18 settembre si spegneva nella sua Cartagena anche il Presidente Rafael Wenceslao Núñez Moledo, con il quale Oreste era rimasto legato da sentimenti di vero affetto e stima. Oreste non si riprese mai completamente dalla perdita di Justina e, per quanto attorniato dai suoi adorati figli e dai nipoti, pur continuando di tanto in tanto ad occuparsi di musica e teatro, si lasciò andare. Si sarebbe, quindi, spento nella sua amata Bogotà appena non ancora settantaseienne, il 12 gennaio del 1904, vale a dire esattamente quarant’anni dopo il suo arrivo in Colombia. Sepolto nel Cimitero Monumentale della stessa Capitale, Oreste Sindaci è stato sempre onorato dal Paese Sudamericano, tanto che il suo nome compare nei principali libri di storia di quella Nazione. In Italia, il musicista è ovviamente ricordato nella sua nativa Ceccano, con una lapide eretta in Piazza Municipio e con un ritratto nella Sala del Mosaico, a Palazzo Antonelli, mentre a Frosinone una strada ne porta orgogliosamente il nome.
Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare
[1] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, “Italia-Colombia, un’amicizia che dura da 180 anni”, speciale www.reportdifesa.it, 11 ottobre 2023.
[2] Per maggiori approfondimenti si consiglia Arnaldo Bonanni, Oreste Sindici: il ceccanese che incantò Bogotà, Ceccano, Edizione a cura del Comune di Ceccano, 1992.
[3] Cfr. “Avvisi Giudiziari”, in <<Notizie del Giorno>>, n. 38 del 19 settembre 1844, p. 4.
[4] Nato ad Urbino il 29 aprile del 1818, Romiti era allora uno dei più apprezzati strumentisti di trombone, oltre che docente e compositore.
[5] Cfr. Corrispondenza dal titolo “Attilio Romiti in Roma”, in <<Il Vero Amico del Popolo>>, 25 luglio 1854, p. 332.
[6] Cfr. <<L’Italia Musicale. Giornale di Letteratura, Belle Arti, Teatro e Varietà>>, n. 41, 23 maggio 1855, p. 164.
[7] Cfr. Corrispondenza dal titolo “Lanciano”, in <<La Fama del 1856. Rassegna di scienze, lettere, arti, industria e teatri>>, n. 72, 8 settembre 1856, p. 288.
[8] Cfr. “Personal de Instruccion Publica”, in <<Quinto Informe Anual del Director de la Instruccion Publica del Estado Soberano de Cundimarca – ano de 1875>>, Bogotà, Impresta de Echeverria Herman, 1875, p. 72.
[9] Cfr. Memoria del Secretario de Instruccion Publica dirijida al Presidente de los Estados Unidos de Colombia para el Congreso de su Sesiones de 1881, Bogotà, Impresta de Medarino Rivas, 1881, p. 73.
[10] Cfr. <<Anales de la Instruccion Publica de los Estados Unidos de Colombia>>, Bogotà, Imprenta de Echeverria Herman, 1883, p. 170 e 243.
[11] Cfr. <<Il Veltro. Rivista della Civiltà Italiana>>, anno 1961, p. 141.