Luis Paolillo, l’emigrante tuttofare con la passione per la musica
Che la provincia di Salerno, in generale ed il Cilento, in particolare fossero state terre di emigrazione è risaputo ai più, anche grazie ai tanti contributi pubblicati in questi ultimi anni da riviste e giornali, sui quali sono stati ospitati importanti studi riguardo alla vita e alla presenza dei nostri conterranei in America del Nord, in Brasile e, soprattutto, in Argentina. Poco note sono, invece, le notizie giunte sino a noi riguardo all’emigrazione Cilentana in Uruguay, il bellissimo e ospitale paese del Sud America che, ancora oggi, registra la presenza di migliaia di oriundi italiani. Ricorderemo, quindi, la presenza dei Cilentani in quello splendido Paese narrando le vicende di uno sconosciuto cittadino di Castellabate, uno dei primi che coraggiosamente affrontò gli Oceani puntando direttamente su Montevideo.
Questa è dunque la storia di Luigi Giuseppe Paolillo, nato a Castellabate il 27 febbraio 1859, ennesimo figlio del possidente Francesco e della casalinga Rachele Niglio, che proprio in Uruguay “diverrà qualcuno”, dando vita ad una copiosa famiglia, ma soprattutto ricomprendo incarichi di tutto prestigio, tanto da meritare di essere inserito, nel 1920, nella celebre pubblicazione di Horacio Araújo Villagrán dal titolo “Los Italianos en il Uruguay”. Ed è proprio da questa splendida pubblicazione che siamo riusciti a cogliere alcune importanti notizie biografiche sul nostro personaggio. Membro di una famiglia numerosa (i coniugi Paolillo avevano avuto vari figli, tra maschi e femmine), Luigi non poteva certo aspirare all’eredità paterna, promessa evidentemente ai fratelli maggiori, Antonino (classe 1853) e Donato (classe 1856), ragion per cui decise, nel corso del 1873, ad appena quattordici anni, di seguire l’esempio di non pochi suoi conterranei, i quali, subito dopo l’unità d’Italia, avevano tentato la strada dell’emigrazione, pur di sfuggire alla piaga della miseria, che aveva interessato il Meridione dopo la “calata dei piemontesi”.
Dopo il 1861, sulla scia di non pochi ex Garibaldini rimasti in quel Paese, dopo aver partecipato alle varie guerre d’indipendenza, si era verificata una notevole emigrazione dall’Italia verso l’Uruguay: emigrazione che avrebbe, tuttavia, raggiunto il suo apice negli ultimi decenni dello stesso Ottocento, allorquando nel Paese Sudamericano giunsero oltre 110.000 italiani. Questi erano, per lo più, di origini genovesi, piemontesi, venete, ma soprattutto campane e siciliane. A facilitare la partenza di migliaia di braccia verso Montevideo erano stati anche gli effetti derivati dal c.d. “Trattato di commercio e di navigazione stipulato colla Repubblica Orientale dell’Uruguay”, stilato il 7 maggio del 1866 e ratificato con legge del 3 novembre 1867, con il quale si aprirono fra i due Paesi amici incredibili rapporti commerciali, che peraltro avrebbero interessato lo stesso Cilento, allora “polmone agricolo” della Provincia di Salerno, dal quale sarebbero partiti non pochi bastimenti verso Napoli, base di partenza dei vapori mercantili diretti a Montevideo, città ove ne frattempo erano stati aperti non pochi empori gestiti dagli stessi Cilentani.
Luigi Paolillo, giunto a Montevideo a pochi anni dalla fine della guerra che il Paese aveva sostenuto, assieme ad Argentina e Brasile, contro il Paraguay, ma comunque scossa da continue rivolte e stravolgimenti politico-istituzionali, si diede subito da fare, cercando di sfruttare al meglio sia il suo mestiere, quello di falegname, sia la formazione musicale, maturata sin da bambino nella stessa Castellabate, ove da qualche tempo era sorta una importante Banda Musicale cittadina. Secondo la biografia redatta da Horacio Araújo Villagrán, Luis Paolillo entrò a far parte della Banda Musicale del Corpo d’Artiglieria dell’Esercito uruguayano, operando così a Montevideo sino al 1880. Fu proprio in quell’anno che il giovane di Castellabate decise di seguire Don José Martinotti, celebre maestro di musica italiano, naturalizzato cittadino uruguayano nel settembre del 1872, alla volta di Minas, capitale del Dipartimento di Lavalleja, una località di montagna (283 metri s.l.m.) posta a circa 120 chilometri a Nord Est di Montevideo, ove già da qualche tempo era presente una forte comunità di Salernitani, originari principalmente di Camerota[1].
A Minas, Luis Paolillo entrò così a far parte, con il grado assimilato di Tenente, della Banda Musicale del locale Corpo di Polizia, della quale divenne ben presto Vice Direttore. Sin dai primi momenti di vita professionale, il nostro protagonista si fece apprezzare anche come ottimo maestro compositore, regalando alla sua Banda non pochi pezzi, frutto anche delle tradizioni popolari del suo amato e mai dimenticato Cilento. Sul fronte privato ricordiamo, poi, che il 24 maggio del 1884 si celebrarono in San Poalo del Brasile, altra località ove enorme era allora la presenza dei Cilentani, le nozze di Luis con la signorina Giulia Catalano Conte, figlia degli emigrati italiani Luigi e Luisa. Da tale matrimonio sarebbero nati ben nove figli, una ricca progenie peraltro ancora presente a Minas e in altre località dell’Uruguay.
Qualche tempo dopo, agli inizi del Novecento, Luis Paolillo fu assunto dal Municipio di Minas che gli affidò il delicatissimo incarico di Esattore delle tasse, professione che l’emigrante di Castellabate avrebbe esercitato per ben undici anni, prima di assumere, nel novembre del 1914, la Direzione della locale Banda Musicale Municipale, la quale era stata riordinata nel 1911 sotto la Direzione del Maestro José Drago[2]. Nel guidare la Banda civica, Luis Paolillo non trascurò affatto la composizione, stendendo, infatti, vari pezzi come le polke “Minuana” e “Ana Amelia”, così come la marcia “Lagrima di un padre” ed il valzer “I due amici”, con i quali avrebbe allietato la cittadinanza di Minas, in occasione delle frequenti esibizioni cittadine. In realtà, quella di Direttore della Banda Musicale di Minas non fu l’unica professione che il maestro di Castellabate avrebbe esercitato in Uruguay in quegli anni. Horacio Araújo Villagrán ci ricorda, infatti, che a Minas, Luis aveva aperto una “Agenzia di Giornali”, assumendo la rappresentanza del giornale metropolitano “El Dia” sin dal 1887 e del “Diario Ufficiale”, da più di un lustro (rapportando il dato al 1920). Non solo, ma durante la Presidenza di Julio Herrera y Obes Martinez (1° marzo 1890 – 1° marzo 1894, il Paolillo era stato nominato anche Commissario per l’Immigrazione, carica che l’uomo assolse con grande impegno, tanto da far registrare l’arrivo dal Cilento e dalla Provincia di Salerno di Centinaia di emigranti. Dalla stessa Castellabate, grazie anche all’Agente Consolare italiano di Minas, favori, tanto per citare degli esempi concreti, anche l’emigrazione di altri suoi <<paesani>>, come nel caso dei coniugi Francesco Gatto e Lucia Sansiviero e quella di Giuseppe Pascale e dei suoi familiari[3].
Il maestro Luis Paolillo, rimasto vedovo della moglie Giulia si risposò, in tarda età, con un’altra italiana, la signorina Edwige Casullo, quasi certamente di origini napoletane. A confermarcelo potrebbe essere una bella foto, scattata a Napoli nel 1914, presso il celebre Studio Fotografico dei fratelli De Mattia, in Piazza Museo Filangieri, ove il nostro protagonista si fece ritrarre con la moglie e alcuni dei figli che lo avevano accompagnato dall’Uruguay. Uomo di cultura e di grandi energie, Luis Paolillo fu un punto di riferimento per la comunità italiana residente a Minas, tanto da emergere fra gli esponenti più attivi della Commissione Direttiva della celebre “Società di Mutuo Soccorso Unione e Benevolenza”, ma anche tra i fondatori della “Società Stella d’Italia”, di cui fu membro della Commissione Direttiva.
Luis Paolillo fu, prima di tutto, un uomo generoso, tanto da distrarre i propri risparmi pur di far sopravvivere la Banda Musicale di Minas, peraltro con grave pregiudizio per la sua stessa famiglia. Si pensi che nel 1920, la Camera dei Senatori della Repubblica Uruguayana gli accordò un vitalizio, evidenziando proprio questi aspetti, sia privati che professionali, che certamente gli diedero – e gli danno, a nostro avviso – un gran lustro[4]. Il maestro Paolillo, il Cilentano tuttofare che col suo dinamismo e col suo coraggio leonino rese onore alla sua Patria lontana, si spense a Montevideo, ove si era stabilito negli ultimi anni dopo aver lasciato la Direzione della sua amata Banda Musicale, il 29 dicembre del 1932, ormai settantatreenne. Qualche mese dopo, nel corso del 1933, la sua amata “seconda Patria”, l’Uruguay, sarebbe nuovamente piombata nella dittatura, di chiara espressione fascista, fortemente voluta dal Presidente Gabriel Terra, anche lui di origini italiane, il quale avrebbe fortemente ostacolato l’immigrazione, “tagliando corto” con molti Paesi d’Europa, tranne che con l’Italia, con la quale, invece, mantenne un legame fortissimo, seguendo da vicino la politica Mussoliniana. Alcuni mesi prima della scomparsa di Luis, esattamente l’8 ottobre 1932, la numerosa famiglia dei Paolillo si era ritrovata nuovamente a Minas, per festeggiare il primo anno di vita dell’ultimo nipotino venuto alla luce, Felipe Héctor Paolillo (1931 – 2008), che molti anni dopo, da affermato Avvocato, diverrà celebre Diplomatico uruguayano ed esperto di Diritto Internazionale. Ma questa è un’altra storia…
Ten. Col. Gerardo Severino
Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza
*Si ringrazia il Sig. Emilio Guida, responsabile dell’archivio storico del Comune di Castellabate.
**Si ringrazia l’Ambasciata dell’Uruguay in Italia per la preziosa collaborazione prestata
[1] Cfr. Circondario di Vallo della Lucania, in Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio – Direzione Generale di Statistica, “Statistica della Emigrazione Italiana avvenuta nell’anno 1888”, Roma, Tipografia Aldina, 1889, pag. 128.
[2] Cfr. Anibal Barrios Pintos, Minas dos siglos de su historia, vol. 1° e 2°, Lavalleya, Edizione Ministerio de Educacion y Cultura, 1983, pag. 535.
[3] Cfr. Alfredo D’Auria, Per una storia dell’emigrazione di Castellabate, Castellabate, Ed. Comune di Castellabate, 2006, pagg. 99 e 104.
[4] Cfr. Asamblea General de la Cámara de Senadores, Diario de sesiones de la Cámara de Senadores de la Repubblica Oriental de Uruguay, Montevideo, 1920, pag. 492.