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Nome in codice “Bocetta”. Ernesto Grienti: da partigiano a maresciallo dei carabinieri

Scorrendo la lunga lista dei Siciliani, i quali, dopo la fine della Seconda guerra mondiale ottennero il riconoscimento della qualifica di “Partigiano Combattente” o di “Patriota”, da parte delle apposite Commissioni Regionali, vi sono due giovanissimi combattenti, i fratelli Umberto ed Ernesto Grienti, originari di Noto (Siracusa), i quali, allora giovani studenti a Torino, preferirono rischiare la propria vita, pur di sconfiggere per sempre l’ideologia nazi-fascista che aveva sin lì dissanguato l’Europa. Lo fecero seguendo le orme di due loro cugini Torinesi, più grandi di loro e certamente più esperti in fatto di politica. A loro vogliamo dedicare queste brevi note, in ricordo del massiccio ruolo avuto dai Siciliani nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione: un ruolo determinante, volendo rammentare i tantissimi caduti, così come i decorati al Valor Militare.

Da Noto al Piemonte per riconquistare la libertà (1943 – 1945)

Il maresciallo Ernesto Grienti

Umberto ed Ernesto Grienti, nacquero rispettivamente il 23 gennaio 1927 e il 26 luglio 1930 a Noto, la bellissima Capitale del Barocco Siciliano, figli di Salvatore Grienti, esponente di una storica famiglia del posto e di sua moglie, Francesca Arfò. Non disponiamo, purtroppo, di ulteriori elementi biografici sui due fratelli, così come sul resto della famiglia. Possiamo solo dire che alla data dell’8 settembre 1943, quando l’Italia si arrese agli Anglo-Americani, i due giovanissimi figli di Salvatore Grienti si trovavano in Piemonte, molto probabilmente nella stessa Torino, ove da anni erano emigrati alcuni loro zii. Ci riferiamo allo zio paterno, Concetto, padre del cugino, Mario Grienti, nato per l’appunto a Torino il 23 dicembre del 1924, il quale, come approfondiremo a breve, ricoprirà un ruolo determinante nella vicenda Resistenziale che vide protagonisti i due germani. Lo zio Concetto, unitamente alla moglie, Franca Contavalle, risiedeva in Corso Pietro Maroncelli, n. 34 e di mestiere faceva il macellaio. Ma, oltre alla famiglia di zio Concetto, a Torino abitava anche lo zio materno di Umberto ed Ernesto, Corrado Arfò, maritato con Rosa Assenza e padre di Jole, nata a Noto il 10 ottobre 1922, anche lei di sentimenti liberali come Mario, in atto studentessa universitaria. È probabile che i nipoti, giunti da Noto per studiare, siano stati ospitati presso uno di tali indirizzi familiari, come allora si usava fare tra persone care. A seguito dell’armistizio e della conseguente occupazione Germanica dell’Italia Centro-Settentrionale, iniziò a mutare anche nei giovani Grienti venuti dalla Sicilia l’idea di abbandonare per sempre l’ideologia fascista, della quale erano stati sin lì “intrisi” e “contagiati”. Non solo, ma Mario Grienti, il cugino piemontese, appartenendo alla classe 1924, avrebbe presto ricevuto la cartolina precetto che ne disponeva l’arruolamento obbligatorio nell’Esercito della nascente Repubblica Sociale Italiana. Fu a quel punto, esattamente il 2 ottobre dello stesso ’43, a meno da un mese dall’arrivo degli odiati Nazisti, che Mario si diede alla macchia, entrando così a far parte del “Gruppo Piero – Piero”, della Brigata Matteotti, della Divisione Partigiana “Giorgio Davito”.

Con il nome di battaglia di “Trancia”, Mario Grienti sarebbe poi diventato Capo Squadra, partecipando così alla lotta di liberazione sino al 7 giugno 1945, data della smobilitazione. Ben presto, per fortuna, la scelta Resistenziale di Mario convinse anche i cugini Siciliani, primo fra tutti Ernesto, il più piccolo, il quale il 2 marzo del ’44, non ancora quattordicenne, entrò a far parte della 9^ Brigata Garibaldina “S.A.P.” (“Squadra Azione Patriottica”) “Valter Venturelli”, operante principalmente a Torino città e nella zona di Montanaro. Alla stessa formazione avrebbe aderito anche Jole Arfò, allora ventiduenne studentessa universitaria, la quale fu arruolata a far data dal 15 di ottobre, sempre del ‘44. Ad Ernesto fu assegnato il nome di battaglia di “Bocetta”, volendosi riferire al termine alpino di “Bocia” (la giovanissima recluta). Umberto, invece, si decise a passare alla Resistenza un mese dopo il fratello, il 12 aprile ‘44, seguendo però il cugino Mario nella stessa formazione. Come nome di battaglia scelse quello di “Berto”. I mesi che seguirono non furono certo facili, anzi. L’estate 1944, così come i mesi successivi costrinsero le Forze Partigiane a mille sacrifici, subendo rastrellamenti, condanne a morte, deportazioni. I fratelli Grienti, che al contrario di tanti altri meridionali che cercarono di tornare alle proprie origini (tenendo anche presente che in quel frangente, la Sicilia era stata liberata dagli Alleati), scelsero la guerra partigiana, condividendo con i due cugini Torinesi purtroppo anche i rischi e la fatica di quei giorni. “Berto”, tanto per citare un esempio tangibile, scampò per miracolo al rastrellamento che dal 10 al 12 marzo 1945 la Repubblichina “Divisione Monterosa” operò nelle zone collinari di Castellamonte (TO). La storia di quei giorni ci ricorda che ne scaturì uno scontro a fuoco con le forze partigiane, nel quale venne ferito e catturato Domenico Giaudrone (“Meco”), appartenente al Gruppo “Piero-Piero”. Condotto a Orio Canavese, il partigiano fu ucciso il 12 marzo dai fascisti, a colpi di pistola.

Cos’è rimasto dei quattro cugini partigiani

La scheda identificativa del “partigiano Grienti”

Finita la guerra con la definitiva Liberazione del Paese dal gioco Nazi-Fascista, i partigiani Grienti fecero ritorno alle proprie famiglie. Mentre Mario riprese, sempre a Torino, il suo mestiere di macellaio, Umberto completò gli studi e, in seguito, fece ritorno nella sua amata Sicilia, stabilendosi a Noto. La stessa cosa avrebbe fatto Jole Arfò, che se ne andò a vivere a Catania. Ernesto Grienti, il partigiano “Bocetta” volle rimanere, invece, in Piemonte, stabilendosi inizialmente a Caluso (Torino), in Via San Giorgio, n. 11. Fu proprio a tale indirizzo che gli verrà spedito il Diploma di “Partigiano Benemerito”, rilasciatogli dalla Commissione Regionale Piemonte. Attorno al 1950 – 1951, dovendo assolvere agli obblighi della Leva Militare, Ernesto decise di arruolarsi nella gloriosa Arma dei Carabinieri, che proprio a Torino manteneva in vita un Battaglione di Allievi Carabinieri, ove il giovane fu ammesso a frequentare il relativo corso di formazione. Del partigiano “Bocetta” sappiamo solo che operò nell’Arma sino al raggiungimento del limite massimo, allora stabilito nei canonici 56 anni di vita.

Estratto dell’atto di nascita di Ernesto Grienti

Avendo operato negli ultimi tempi presso il 7° Battaglione Mobile Carabinieri di Laives, il Maresciallo Maggiore Ernesto Grienti rimase a vivere in zona, esattamente a San Giacomo di Laives, anche dopo il congedo, unitamente alla moglie, Marta Maffei (sposata a Bolzano il 10 agosto 1960) e alle due figlie, Francesca e Gabriella. Il vecchio partigiano di Noto, nel frattempo insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica, si spense a Bolzano il 1° febbraio del 2016, ottantacinquenne, pianto non solo dai familiari ma anche da tanti cari amici che in lui avevano visto solo l’uomo delle Istituzioni, il padre di famiglia, il nonno amorevole. Ma Ernesto Grienti, così come il fratello Umberto e i cugini Mario e Jole, dei quali purtroppo non disponevamo di altri elementi, furono molto più di questo…

Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare