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Pietro Cantini, l’architetto italiano che abbellì Bogotà

Chi lo avrebbe mai immaginato che a Bogotà, ad oltre 9.000 chilometri di distanza dal nostro Paese, vi siano ancora oggi, tra palazzi storici, opere pubbliche e tra i principali monumenti cittadini, tracce concrete dell’Architettura italiana? Eppure, a quasi un secolo dalla sua morte, avvenuta a Suesca[1], il 22 gennaio del 1929, molte opere ci indirizzano proprio a lui, l’Ingegnere Pietro Cantini. Passato alla storia della Colombia per essere stato uno dei suoi più grandi progettisti ed architetti, a cavallo fra Ottocento e Novecento, tanto che alcune delle sue opere sono state dichiarate Monumento Nazionale, Pietro Cantini è ancora poco conosciuto in Italia. Di lui, in verità, ne abbiamo più volte fatto cenno nei reportage dedicati alla Colombia, ma ora è giunto il momento di ricordarlo a dovere, approfittando di uno straordinario anniversario che i nostri Paesi festeggiano proprio quest’anno: i 160 anni dei rapporti diplomatici ufficiali “Italia-Colombia”.

Firenze – Allievi del Collegio Militare (1864 – 1871)

I primi anni nella “Culla dell’Arte”, Firenze (1847 – 1879)

Pietro Domenico Antonio Francesco Cantini, ultimo di tredici figli, nacque a Firenze, allora sfavillante Capitale del Granducato di Toscana, il 20 febbraio del 1847, da Michele Cantini ed Elisabetta Loi. Nella città che per antonomasia viene considerata “culla dell’arte italiana”, Pietro visse gran parte della sua fanciullezza e gioventù. Dopo l’unità d’Italia, il giovane, allora  quattordicenne, fu ammesso presso il glorioso Collegio Militare di Firenze, ove compì i primi studi di Ingegneria. In seguito, avendo deciso di non raggiungere la Scuola Ufficiali di Modena, ove avrebbe abbracciato la carriera militare, il giovane fu ammesso all’Accademia di Belle Arti della sua stessa città, ove si specializzò in Architettura, per poi ricoprirvi, per alcuni anni, l’incarico di Professore. Qui, nel suo studio sito in Via San Gallo, 55, avrebbe firmato non pochi progetti, che, tuttavia – raccontano alcuni biografi – non avrebbe portato a compimento, essendo allora un giovane professionista particolarmente modesto, timido e poco insinuante.

L’avventura Colombiana (1879 – 1929)

Nel corso del 1879, appena trentaduenne ma già affermato Professore presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze, l’Architetto Pietro Cantini fu convinto dal Cav. Ing. Cesare Fortini, anche lui di origini fiorentine di recarsi in Colombia, esattamente a Bogotà, su invito di quel Governo[2]. Con la garanzia di un  lauto stipendio, l’Architetto  avrebbe dovuto completare (in verità costruire) il Palazzo del Governo, già progettato da altri. E fu così che il Professore raggiunse dapprima Parigi, ove il 2 novembre del 1880 firmò il relativo contratto d’ingaggio con il Viceconsole colombiano, Don Rafael García, per la validità di 5 anni. Quattro giorni dopo, si trasferì nel porto di Saint-Nazaire, ove prese imbarcò sulla nave “El Labrador“, che l’avrebbe condotto a Sabanilla (oggi Puerto Colombia). Al suo arrivo a Bogotà, il contratto fu immediatamente ratificato dallo stesso Presidente degli allora Stati Uniti di Colombia,  Rafael Núñez, al quale l’opera pubblica stava particolarmente a cuore, ma soprattutto grande estimatore della tradizione Architettonica Europea. In città, Pietro Cantini verificò, tuttavia, che il progetto iniziale del palazzo necessitava di modifiche e miglioramenti, che puntualmente propose al Governo, che le accettò, autorizzando così l’inizio dei lavori. Occorre precisare che la costruzione del c.d. “Capitolio Nacional”, sede del Governo Colombiano, aveva avuto formalmente inizio il 20 luglio 1848, sotto il Governo di Tomás Cipriano de Mosquera, sulla base di un disegno primordiale firmato dall’Architetto danese Thomas Reed. In realtà, tali lavori sarebbero stati più volte sospesi, a causa delle continue guerre civili che insanguinarono il Paese. Si pensi che fu solo il 7 agosto del 1926, che la struttura venne ufficialmente inaugurata, praticamente 78 anni dopo l’inizio della sua costruzione[3].

Bogotà, il teatro Colon

E fu proprio mentre ne curò l’esecuzione – peraltro durata molti anni, come dicevamo poc’anzi – grazie soprattutto al suo buon carattere, alla non comune abilità, sia nel dirigere le costruzioni,  quanto nell’impartire l’insegnamento ai suoi collaboratori, che Pietro Cantini seppe catturare la simpatia e la stima di tutti, tanto che di lì a qualche tempo, lo stesso Governo lo nominò Direttore dei Lavori Pubblici. In seguito, si aggiudicherà anche  il progetto per la costruzione del “Teatro Nazionale”, che avrebbe portato orgogliosamente il nome di “Cristóbal Cólon – Cristoforo Colombo”. Il relativo decreto, che il Presidente della Repubblica firmò il 14 settembre 1885, stabilì che la costruzione del Teatro Nazionale avvenisse nel sito dove in precedenza era ubicato il celebre “Teatro Maldonado”, un’impresa non certo facile, ma che il professionista fiorentino seppe affrontare con grande coraggio. La prima pietra del Teatro fu posata il 5 ottobre 1885, e come Ispettore Generale, l’Architetto fiorentino nominò l’Ingegnere colombiano Eufenio Moreno, il quale, in seguito, si fece carico di sostituire il Maestro Cantini durante il suo viaggio, in Italia. Nel marzo 1889, tornato a Bogotà, Cantini non si vide, tuttavia, riconfermare il contratto, tenendo presente quanto stava accadendo fra i due Paesi a causa della nota “Questione Cerruti”, della quale abbiamo più volte trattato su questo portale storico. La situazione non mutò affatto il rapporto con Bogotà e la Colombia, tanto che il Cantini avrebbe continuato a lavorare gratuitamente fino al 1891, epoca nella quale firmò un nuovo contratto. Come è noto, il “Teatro Colon” fu inaugurato il 12 ottobre 1892, nell’ambito dei festeggiamenti per il IV centenario della scoperta dell’America[4]. Fu proprio in tale circostanza che il Re d’Italia, Umberto I gli concesse l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. A parte una breve assenza, nel corso del 1888 (quando fece ritorno in Patria), Pietro Cantini non avrebbe mai abbandonato la Colombia, Paese che divenne la sua seconda e forse unica, vera Patria.

Pietro Cantini in una rara foto di fine Ottocento

Fu proprio a Bogotà che il professionista conobbe la signorina Pia Sighinolfi, sorella dello scultore e decoratore modenese Cesare Sighinolfi, che egli stesso aveva fatto venire in Colombia per la costruzione del “Teatro Colon”. Con lei si sposò il 4 giugno 1883 nella Chiesa delle Nevi, sempre a Bogotà, ricevendone due figli, Pio e Michelle. La famiglia dello scultore Sighinolfi si era trasferita, nel frattempo a Suesca, la città ove il 19 gennaio 1902 si sarebbe spento lo stesso Cesare, e ove gli stessi coniugi Cantini si recheranno in vacanza, ovvero nei periodi di “stallo professionale”, se così possiamo dire, per gli anni a venire. Ebbene, l’Architetto fiorentino non si occupò solo della realizzazione di edifici pubblici, ma lavorò molto e alacremente anche nell’ambito della stessa urbanizzazione di Bogotà, tanto da firmare il progetto di realizzazione di un acquedotto per portare l’acqua potabile in città, così come quelli per la sistemazione del piano stradale delle principali vie di Bogotà, di un nuovo tracciato per la rete fognaria, realizzato secondo i sistemi più perfezionati dell’epoca, soprattutto in Italia e nel resto d’Europa. Ed ancora, firmò i progetti per l’abbellimento dei giardini e dei pubblici passeggi. Realizzò, quindi, un tempietto, in stile greco, quale monumento in memoria del grande Generale Simon Bolivar.

Ciò avvenne il 24 luglio 1883, quando Bogotà festeggiò il centenario della nascita del “Libertador”, con la costruzione del Parco Centenario, ubicato nel quartiere di San Diego, ove la statua di Simón Bolívar fu collocata proprio all’interno del citato tempietto[5]. Cantini firmò, infine, progetti per luoghi di culto, caserme ed ospedali, tra i quali l’ospedale di San José[6], in seguito dichiarato monumento nazionale, e ancora il palazzo municipale di Suesca, l’ospedale di Nemocón, e così via. Naturalmente la fama e la bravura andarono ben oltre il suo ruolo di pubblico funzionario, tant’è vero che molti dei suoi progetti furono ordinati dalla stessa borghesia Colombiana, la quale gli commissionò lavori per la realizzazione di ville, villini e palazzi gentilizi, ancora oggi ben configurabili, sia a Bogotà che in altre località del Paese. Ebbene, nell’esercitare la sua professione, l’Architetto Cantini seppe curare un “ponte” con la Madrepatria, tanto da convincere non pochi Ingegneri, Architetti e Artisti (scultori, pittori e decoratori) italiani a trasferirsi in Colombia, come aveva fatto per l’appunto con il cognato[7]. Pietro Cantini fu, quindi, Professore di Architettura presso l’Università Nazionale di Colombia, ma soprattutto il fondatore, nell’ottobre del 1886, della Scuola di Architettura, che più tardi verrà integrata alla Scuola delle Belle Arti della stessa Capitale. Ma Pietro Cantini non fu solo un uomo prestato alle arti e alla cultura in generale. Italiano fra gli italiani non recise mai il cordone ombelicale con la Madrepatria, facendo della filantropia una sua filosofia di vita.

Bogotà il palazzo del Governo Nazionale realizzato dall’Architetto Cantini

Nella stessa Bogotà avrebbe, quindi, operato in perfetta sinergia, sia con le nostre Autorità Diplomatiche – da sempre scelte fra il miglior personale appartenente al Dicastero degli Esteri, come nel caso del Console Generale Davide Segre, del quale fu amico personale[8] – sia con la stessa Comunità di emigranti vivente in città. Il Prof. Cantini non avrebbe, quindi, fatto mancare il suo nome fra gli iscritti alla benemerita Associazione “Fratellanza Italiana[9], così come per anni avrebbe Presieduto il locale Comitato della Croce Rossa Italiana, carica che avrebbe ceduto, nel corso del 1917, per motivi di salute al Cav. Marzio Castellani. Pietro Cantini morì, non ancora ottantaduenne, ma all’apice di una incredibile notorietà, il 22 gennaio del 1929, nella sua amata  casa di Suesca, ove si era ormai rifugiato da tempo. I suoi resti furono tumulati nella cripta che lui stesso aveva disegnato nel cimitero cittadino, ancora oggi meta di quanti riconoscono all’Italia e agli italiani il merito di aver contribuito, anche grazie a uomini come lui, al progresso del grande Paese Caraibico[10].

Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare

 

[1] Suesca è un comune della Regione di Cundinamarca, situato nella provincia di Almeidas, a circa 60 km a nord-est di Bogotá. L’altitudine media del comune è di 2584 metri e il clima è freddo, con una temperatura media di 14,3° C.

 

[2] Il Fortini, dal 1859 era Professore d’Architettura e Disegno presso l’Istituto Tecnico di Firenze, ove viveva in Via San Gallo, n. 55, nello stesso palazzo di Pietro Cantini.

[3] Sull’argomento vgs. AA.VV., Gaston Lelarge. Itinerario de su obra en Colombia, Bogotà, Buenos y Creativos S.A.S, 2018, p. 132.

[4] Secondo alcune fonti, allorquando, il 26 ottobre 1895, ebbe luogo l’inaugurazione artistica del Teatro, con la prima dell’opera “Ernani” di Giuseppe Verdi, Pietro Cantini non venne invitato, segno evidente di quanto fosse ancora accesa la controversia fra Italia e Colombia.

 

[5] La statua fu scolpita dalla Casa Desprey di Parigi, basandosi sul bozzetto di Alberto Urdaneta e sul tempietto venne collocata una statua di un Condor delle Ande, pure realizzata da Desprey.

[6] Il Cantini ne diresse la costruzione, basandosi sull’ospedale Policlinico Universitario di Roma. Fu il secondo ospedale della città dopo il San Juan de Dios e venne inaugurato l’8 febbraio del 1925.

[7] Il contratto sottoscritto dal Cantini con il Governo Colombiano prevedeva che lui e i suoi collaboratori si dedicassero anche all’insegnamento delle rispettive materie al fine di formare maestranze qualificate da impiegare nel progetto stesso. A tal fine furono coinvolti artisti come Luigi Ramelli, Filippo Mastellari, Pietro Maranini, Annibale Gatti  e lo stesso Cesare Sighinolfi, fra i più importanti.

[8] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, David Segre. Il diplomatico piemontese che onorò l’Italia nel mondo e che amò così tanto il Perù, Catania, Edizioni Akkuaria, 2023.

[9] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, La Fratellanza italiana. Un lembo d’Italia a Bogotà”, in www.giornidistoria.net, 2 agosto 2024.

[10] Per eventuali approfondimenti si consiglia Jorge Ernesto Cantini Ardila, Pietro Cantini: Semblanza de un arquitecto, Corporación La Candelaria (Hoy Instituto Distrital de Patrimonio Cultural), 1990.