31 ottobre 1918. Quando affondammo la corazzata “Viribus Unitis”
- Una delle imprese più affascinanti e insidiose della Prima guerra mondiale avvenne tra il 31 ottobre e il 1° novembre del 1918, nei giorni della battaglia di Vittorio Veneto. Era una notte senza luna, destinata a rimanere storica, per via dell’attacco compiuto dalla Marina italiana al largo del porto di Pola, base austro-ungarica. Siamo quasi all’epilogo della Grande Guerra e le unità navali austriache preferiscono restare in porto, ben presidiate evitando scontri frontali. Questo non porterà la Marina degli Imperi Centrali a dormire sonni tranquilli. Quella notte, senza luce e senza stelle, gli italiani “mettono in mare” un’azione insidiosa da rimanere negli annali della storia. Già da tempo oltre ai M.A.S. usati da Luigi Rizzo e Giuseppe Aonzo nell’impresa di Premuda, si studiavano altre tipologie di piccole unità d’assalto come il barchino saltatore del tipo “Grillo” e la torpedine semovente chiamata “Mignatta”. Quest’ultima, “anticonvenzionale”, innovativa, era un galleggiante dotata di sistema propulsivo e spinta molto ridotta, per poter manovrare a pelo d’acqua avvolta nelle tenebre. Aveva due cariche esplosive con timer di scoppio che venivano applicate alle carene delle navi nemiche dai due uomini assaltatori che si trovavano a bordo del mezzo.
Una missione che quella notte di novembre venne compiuta dal maggiore Raffaele Rossetti ingegnere del Genio Navale, inventore dei mezzi speciali insidiosi, e dal tenente Raffaele Paolucci, medico e ricercatore sul fronte delle tecniche legate alla fisiologia del nuoto d’assalto. Due uomini, non proprio incursori per studi, categorie e specialità che, però, possono essere considerati precursori delle “forze speciali”.
Così, in quella notte senza luna, venne compiuta una operazione da film. Dalla torpediniera 65 PN, dove si trovava a bordo la “Mignatta”, scortati dai M.A.S. 94 e 95, Rossetti e Paolucci misero a segno un colpo da maestri. Una volta arrivata a poche miglia nautiche dal porto di Pola la torpediniera mise in mare la Mignatta che venne accompagnata fin sotto le dighe foranee dai M.A.S. destinati a rimanere in attesa degli eventi. Una volta superate le ostruzioni portuali, i due “incursori” un po’ a nuoto e in parte utilizzando il motore della Mignatta si introdussero nello specchio d’acqua interno al porto dirigendosi verso lo scafo della corazzata Viribus Unitis, ormeggiata in tutta tranquillità. Una volta minata con delle cariche esplosive Rossetti e Paolucci furono scoperti da un proiettore. Da lì a poco sarebbe avvenuta la cattura. Ed è per questo che affondano il mezzo, il quale, trasportato dalla corrente, con la seconda carica innescata finisce sotto lo scafo del piroscafo Wien. All’ora prevista la prima carica scoppia causando l’affondamento della corazzata austro-ungarica mentre i due ufficiali della Marina italiana vengono presi e imprigionati. Due giorni dopo l’impresa di Pola, l’Impero asburgico cedeva le armi e nel 1929, l’ancora della corazzata Viribus Unitis venne posta all’ingresso di Palazzo Marina a Roma, qualche mese dopo l’inaugurazione dell’edificio, per fare memoria di quella storica impresa.
Oggi un esemplare della “Mignatta” si trova al Museo Tecnico Navale di La Spezia e i visitatori possono toccare con mano, nella sezione dedicata ai mezzi d’assalto, il funzionamento di questa piccola e insidiosa unità di sabotaggio. Era infatti costituito da una parte centrale, contenente il motore, e da due parti estreme, scollegabili dalla parte centrale, che costituivano le cariche da applicare alle carene delle navi nemiche. Gli operatori avrebbero dovuto portarsi a cavalcioni del mezzo fino all’obiettivo e poi, regolata l’orologeria all’ora d’esplosione, cercare di riprendere il largo per ritornare sul mezzo che li aveva trasportati davanti alla base navale nemica. Così avvenne in quella notte senza luna. La “Mignatta” (costruita proprio a La Spezia in segreto e poi trasferita a Venezia) scivolò a 1.000 metri dalle ostruzioni di Pola intorno all’una del mattino del 1° novembre. Paolucci e Rossetti riuscirono a superare i 3 sbarramenti e si ritrovarono all’interno della base. Il resto è storia.
Vincenzo Grienti