Una guerra di sei giorni
La guerra dei sei giorni (5-10 giugno 1967), combattuta fra Israele da una parte ed Egitto, Siria e Giordania dall’altra, si concretizzò con una totale e rapida vittoria israeliana. Lo stato israeliano riuscì a conquistare territori appartenenti agli stati nemici quali la penisola del Sinai, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania ,Gerusalemme Est e le alture del Golan. Sebbene sia trascorso oltre mezzo secolo, l’esito di quella guerra influenza pesantemente ancora oggi la situazione geopolitica del Medio Oriente. Dopo la crisi di Suez del 1956, nonostante fossero passati più di una decina di anni, le rivalità tra Israele e i paesi limitrofi non si erano mai placate.
Una serie di avvenimenti a partire dal 1964 – la nascita dell’organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), le prime operazioni militari dell’organizzazione guerrigliera palestinese al-Fath, la salita al potere in Siria dell’ala sinistra del partito Ba’th favorevole alla guerra rivoluzionaria – fecero ritenere a Israele che la situazione geopolitica fosse a rischio, contribuendo ad adottare una strategia offensiva che potesse prevenire eventuali attacchi a sorpresa da parte dei paesi arabi. La situazione si fece allarmante quando il presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser dichiarò la chiusura alle navi israeliane degli Stretti di Tiran, il 22-23 maggio 1967, dopo essere venuto a conoscenza della volontà da parte di Israele di posizionare le proprie truppe sul confine con la Siria, notizia che in seguito si rivelò falsa. Il mattino del 5 giugno 1967, Israele lanciò l’Operazione Focus, un massiccio attacco aereo a sorpresa su larga scala che sancì di fatto l’inizio della Guerra dei sei giorni. Al termine dell’offensiva aerea dei primi due giorni – che colse impreparate e paralizzò tutte le forze aeree alleate egiziane, siriane, giordane e irachene – Israele compì rapide e vittoriose campagne terrestri. In particolare, dal 5 al 7 giugno, occupò Gerusalemme Est e l’intera Cisgiordania; dal 5 all’8 giugno si combatté la campagna terrestre del Sinai che vide lo sfondamento delle difese egiziane imponendo gravi perdite e causando l’accettazione incondizionata del “cessate il fuoco” il 9 giugno. Dal 9 al 10 giugno, infine, vi fu la battaglia contro la Siria per le Alture del Golan.
In circa 130 ore di guerra, Israele cambiò il volto del Medio Oriente ed estese il proprio territorio da 21000 a 102000 km². Nonostante la volontà di porre fine alle ostilità, a poco servì la “Risoluzione 242” delle Nazioni Unite che stabiliva due condizioni necessarie per il raggiungimento della pace nella regione del Medio Oriente, ovvero il ritiro militare israeliano e il reciproco riconoscimento tra gli stati. Questa dottrina si lega al principio di “pace in cambio di territori” o “territori in cambio di pace”.
La stesura della “Risoluzione 242” in inglese e francese con conseguenti ambiguità di interpretazione, determinò di fatto la prosecuzione del conflitto e l’instabilità attuale dell’intera aera.
Stella Merlini
Studentessa di Storia