Vincenzo Scaglia, alias “Paris”. Il partigiano francese che combatté per l’Italia
Maria Maddalena Scaglia, una ragazza originaria di Santhià, in provincia di Vercelli, ove era nata il 21 luglio del 1909, era stata una delle tante ragazze italiane che, nel bel mezzo del “ventennio fascista”, rimasta incinta del suo fidanzatino, Vincenzo Benzoni (classe 1905), quindi ancora minorenne, era stata costretta ad emigrare dal Piemonte, allora ancora soggiogato da un esagerato bigottismo di massa, raggiungendo così la più ospitale Francia. E fu proprio a Lione, una delle più importanti città della Francia Sud-Orientale, nella Regione Alvernia-Rodano-Alpi, ove da decenni operava una consistente colonia di emigrati italiani, che il 29 gennaio del 1926 diede alla luce il piccolo “frutto della colpa”, al quale volle dare lo stesso nome del padre, Vincent. Il piccolo visse con la madre, dal quale prese il cognome per molti anni, anche se in seguito i genitori convolarono a “giuste nozze”, consentendo a Vincent di aggiungere al cognome della madre anche quello del padre. Vincent e Maria Maddalena non dimenticarono affatto Santhià, ove si sarebbero spesso recati, vivendo nella casa avita di Corso Vittorio Emanuele II. Ciò almeno sino a quel tragico giugno del 1940, allorquando l’Italia di Mussolini invase vigliaccamente la Francia. Vincent Scaglia aveva da pochi mesi compiuto i quattordici anni d’età e già lavoricchiava come contadino in una azienda agricola alle porte della città. Mai lontanamente avrebbe immaginato che da quella pacifica frontiera che più volte aveva attraversato, i soldati italiani avrebbero portato dolore e morte in un Paese come la Francia che aveva sin lì dato ospitalità a migliaia di emigranti.
Nonostante l’evidente astio che gran parte dei francesi dimostravano nei confronti degli italiani invasori, la famiglia Scaglia rimase a vivere in Francia, condividendo così con la popolazione locale il dramma di quell’assurda guerra. Lione, per sua fortuna era rientrata inizialmente nel territorio della Repubblica di Vichy, la quale non venne inizialmente occupata dai nazisti, consentendo così a molti rifugiati, non pochi dei quali anche ebrei, di potersi salvare. Ciò, tuttavia, sarebbe durato appena un paio di anni, ricordando, infatti, che nel novembre del 1942 anche Lione piombò sotto il giogo teutonico. Fu a quel punto che Lione divenne un centro della Resistenza francese, i gloriosi Maquisard. Ormai sedicenne, Vincent Scaglia, che si era formato evidentemente agli ideali dell’antifascismo decise di arruolarsi tra i Maquis, con i quale avrebbe combattuto l’invasore sino alla liberazione della città, sul finire di maggio del 1944. Mentre lui operava con i partigiani, i genitori scamparono per miracolo al tremendo bombardamento aereo Anglo-Americano che il 26 maggio sconvolse la stessa città natia.
Vincent e il resto della famigliola rimasero a vivere a Lione sino alla fine di agosto – primi di settembre dello stesso ’44, allorquando anche i Maquis dovettero “cedere il passo” all’Esercito del Governo legittimo provvisorio della Repubblica Francese, così come era stato disposto, il 28 agosto del 1944, dal Generale De Gaulle, che firmò l’ordine di scioglimento di tutte le forze militari della Francia Libera e delle organizzazioni della Resistenza. Chi avesse voluto continuare a combattere i tedeschi, avrebbe potuto, quindi, far parte del nuovo Esercito, oppure operare altre scelte. Fu a quel punto che il giovane Vincent Scaglia decise di raggiungere il Piemonte, in particolare Santhià, il paese d’origine di mamma Maria, ove andò a rifugiarsi in località “Cascina Saporiti”, ove vivevano ancora i nonni, il ferroviere in pensione Ludovico Scaglia e sua moglie, Paola Rava. Fu proprio lì, assistendo alle nefandezze commesse dalle lovali Brigate Nere che il giovane si diede nuovamente alla macchia, dopo aver preso i contatti con la locale Resistenza. Il 15 settembre 1944, il giovane ragazzo di Lione entrò a far parte della 75^ Brigata “Piero Maffei” della V Divisione Garibaldina “Piemonte”, che in quel frangente operava nel Biellese e nel Vercellese. Vincent, che volle assumere il nome di battaglia di “Paris”, prese, quindi, parte alla guerra di liberazione sino al suo epilogo, il 25 aprile 1945, per poi essere smobilitato il 7 di giugno.
Entrato in organico nel glorioso Battaglione “Bixio”, Vincent partecipò, con elevato ardore a tutto il ciclo operativo dell’unità partigiana, iniziando dai primi combattimenti nella Conca di Oropa, tra il settembre-ottobre 1944, che avrebbero visto i patrioti del ‘Bixio’ respingere i ripetuti attacchi nazifascisti. La storia della “Maffei” ci ricorda, poi, che il 25 dicembre gli stessi Garibaldini “Bixio” e del Battaglione “Vercelli” effettuarono un’ardita incursione a Cigliano contro il presidio del 3^ battaglione Arditi Alpini del R.A.P. (“Raggruppamento Anti Partigiani”), operazione che portò alla cattura di una quindicina di Alpini e al recupero di un discreto bottino, tra armi ed equipaggiamenti vari. Vincent Scaglia prese, quindi, parte anche alla nota “Battaglia di Sala”, come passarono alla storia gli scontri avvenuti sulla Serra il 1° febbraio 1945, nel corso dei quali tre Brigate partigiane della V Divisione Garibaldi tennero testa ai nazifascisti, dimostrando di aver acquisito una elevata preparazione in campo militare[1]. Nel frattempo, sempre a Santhià, Vincent era riuscito a convincere un suo cugino più grande, Sergio Scaglia (nato a Piova d’Asti il 26 luglio 1922) a aderire alla Resistenza. Il giovanotto, che alla data dell’8 settembre ’43 era un Aviere scelto della Regia Aeronautica, sarebbe poi entrato a far parte, col nome di battaglia di “Ernesto”, della 19^ Brigata, sempre delle Divisioni “Garibaldi”, combattendo l’invasore sino al fatidico 25 aprile. Molti furono i rischi corsi da Vincent e da suo cugino, ma entrambi sopravvissero a combattimenti, rastrellamenti e ai rigori di quel terribile inverno del ’45.
Vincenzo fu persino presente a Santhià il 29 e 30 aprile 1945, riuscendo fortunosamente a mettersi in salvo, con altri compagni, durante l’attacco portato dai tedeschi della 5° Divisione di Montagna che costò la vita a 23 partigiani della 2^ e 75^ Brigate e a 24 civili. Dopo la smobilitazione, Vincent, salutati i familiari piemontesi fece ritorno a Lione, mentre il cugino Sergio rimase a vivere nella stessa Santhià, ove avrebbe esercitato il mestiere di meccanico e poi di autista.
Senza alcuna medaglia, senza ottenere altra ricompensa diversa dal mero riconoscimento della qualifica di “Partigiano Combattente”[2], Vincent Scaglia-Benzoni rimase a vivere in Francia per il resto della vita, sposandosi, sempre nella sua amata Lione, il 30 dicembre 1957 con la signorina Raquel Pâquerette Malan (Pau, 16 aprile 1935), dalla quale divorzierà il 22 maggio 1963. La storia di questo dimenticato partigiano francese, sebbene di origini italiane, ebbe fine in una fredda giornata d’inverno del 1980, esattamente il 18 di gennaio, allorquando si spense prematuramente, a Tarare, ad una quarantina di chilometri da Lione, alla vigilia del suo cinquantaquattresimo anno di vita, pianto dal figlio, forse da qualche nipotino, ma soprattutto dai tanti oriundi italiani e dai vecchi compagni Maquisard che assieme a lui avevano vissuto la prima stagione di lotta contro il nazismo[3].
Col. (a) GdF Gerardo Severino
Storico Militare
[1] Cfr. Germano Piero, La battaglia di Sala Biellese 1° febbraio 1945, in l’impegno, anno II n. 4, dicembre 1982.
[2] Solo il borgo di Santhià fu insignito di una modesta Medaglia di bronzo al Valor Militare per i sacrifici sofferti dalla sua popolazione e per l’attività nella lotta partigiana.
[3] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, Partigiani italiani tra i Maquisard francesi. Prove generali della grande battaglia per la liberazione dell’Italia, in www.giornidistoria.net, 4 novembre 2024.